In occasione dell’anniversario dell’ingresso ellenico in Europa, che cadeva ieri, primo gennaio, è utile ricordare fatti, scandali e crisi per aprire finalmente un dibattito e porre domande a cui nessuno fino ad oggi ha dato risposta.

Durante la crisi greca poca o nulla è stata l’eurosolidarietà verso Atene, oggi con il Covid che colpisce tutti c’è giustamente la corsa a sostenersi a vicenda. Potrebbe essere questa la considerazione che l’uomo della strada si fa in Grecia in questi giorni, quando cade il 40esimo anniversario dell’ingresso dell’Ellade nella famiglia europea.

Una storia, quella tra Atene e Bruxelles, costellata di alti e bassi, fughe in avanti e amare diagnosi, culminate nei fatti del 2012, con i piedi della troika sulle scrivanie dei ministeri, con le privatizzazioni condotte “con il coltello alla gola” (parafrasando un ex ministro), con il referendum del 2015 disatteso da Alexis Tsipras, con le pressioni di chi sbarcando da un aereo in business class andava a controllare che tutti i conti fossero controllati, ma ignorando i richiami di quel Fondo Monetario Internazionale che, proprio in quei mesi, sollevava dubbi sui troppi errori commessi in Grecia.

Ma anche i silenzi su scandali di un certo peso, per restare ai rapporti torbidi tra Ue ed Egeo, come la lista Lagarde (alias Falciani), le tangenti per le forniture militari e per lo scandalo Ote, i processi ritardati perché non si trovavano interpreti che trascrivessero in tedesco e francese gli atti, i passi indietro di alcuni magistrati, le Olimpiadi del 2004 costate il triplo di quelle inglesi, i suicidi da crisi dimenticati ormai da tutti, i piccoli studenti che si accasciavano in classe perché affamati, le tremende immagini dello stupro di Moria, dove l’Europa ha scelto di far costruire un lazzaretto e dimenticarsi così del dramma dei siriani, da far gravare solo sulla pelle della debole Grecia.

Fatti di cronaca che dal 2012 ho riportato, non solo su queste colonne in numerosi reportage, ma anche nel pamphlet Greco-eroe d’Europa (Albeggi ed. 2014) che la Farnesina ha tradotto in lingua greca per fini sociali. Un modo per ricucire le mille e più stoffe che hanno composto il vestito europeo che è stato indossato dalla Grecia e che raramente è stato oggetto di un approfondito e ampio dibattito. Alcuni di quei quesiti se fossero riproposti oggi, all’ombra del Covid, che responso darebbero? Proviamo.

La Grecia era pronta a fare ingresso in Ue, non solo politicamente ma soprattutto finanziariamente? Le speculazioni circa alcune iniziative di investimenti stranieri sono state ricostruire a sufficienza, oppure si è preferito far pagare il conto a cittadini e pantalone? Come mai negli stessi mesi in cui le tranches di prestiti dell’Esm (meccanismo europeo di stabilità) erano erogate verso Atene, si procedeva a cinque tagli di pensioni di cui oggi il massimo tribunale del paese ha riconosciuto l’incostituzionalità?

Si tratta, per inciso, della riforma Katrugalos, approvata dal secondo governo Tsipras: quei pensionati che hanno visto tagliarsi il proprio assegno, per riequilibrare i conti pubblici, si diceva, saranno oggi risarciti dallo Stato.

Insomma, se da un lato c’è stato un guadagno dall’altro vi sono stati evidentemente alcuni fronti in perdita, come accade in tutte le unioni. Ma il punto che interessa l’uomo della strada greco è anche un altro, in considerazione del carattere più intimo ellenico: alla luce del quadro che emerge oggi, con una Grecia che ha uno status diverso per via del suo peso geopolitico in crescita nella macro area (vedi gli investimenti di Microsoft e Tesla in loco), i sacrifici fatti negli ultimi otto anni sono serviti ad erigere un futuro più roseo per il paese, oppure a proseguire in una condotta senza meta?

Per cui proprio in occasione dell’anniversario dell’ingresso ellenico in Europa, è utile ricordare fatti, scandali e crisi per aprire finalmente un dibattito e porre domande a cui nessuno fino ad oggi ha dato risposta.

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