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Fregate all’Egitto, i genitori di Giulio Regeni: “Denunciamo l’Italia per vendita di armi a Paesi che violano i diritti umani”

La consegna della prima delle due fregate Fremm vendute da Fincantieri al Cairo e il comunicato della procura egiziana, che accusa quella italiana di voler processare gli agendi segreti di Al-Sisi praticamente senza prove, hanno spinto la famiglia rel ricercatore italiano a denunciare il governo per "violazione della legge sulla vendita di armi a Paesi "autori di gravi violazioni dei diritti umani"
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Una denuncia contro il governo italiano per violazione della legge sulla vendita di armi a Paesi “autori di gravi violazioni dei diritti umani”. E’ quanto hanno predisposto Claudio e Paola Regeni, i genitori di Giulio, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016. Dopo anni di complicatissime indagini, a causa anche della mancata collaborazione del Cairo, per quell’omicidio la procura di Roma ha chiuso le indagini su quattro agenti National security egiziana, ricostruendo i nove giorni di tortura del ricercatore italiano.

Tredici giorni dopo la chiusura di quelle indagini, però, e cioè il 23 dicembre, è stata consegnata all’Egitto prima delle due fregate Fremm vendute da Fincantieri al Cairo nei mesi scorsi. “Senza alcun comunicato ufficiale”, ha sottolineato Rete Italiana Pace e Disarmo. E i Regeni hanno deciso di denunciare il governo, come annunciato nel corso della trasmissione Propaganda Live. Il provvedimento è stato redatto dall’avvocato Alessandra Bellerini, legale dei familiari del ricercatore ucciso nel 2016.

“Assieme alla nostra legale abbiamo predisposto un esposto-denuncia contro il governo italiano per violazione della legge 185/90, che vieta l’esportazioni di armi verso Paesi, i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertati dai competenti organi dell’Ue, dell’Onu e del Consiglio d’Europa e il governo egiziano rientra certamente tra quelli che si sono macchiati di queste violazioni”. hanno detto Paola e Claudio Regeni. I genitori di Giulio hanno ribadito nel corso della trasmissione, all’indomani delle dichiarazioni della procura egiziana, la richiesta di richiamare l’ambasciatore in Egitto. “Chiediamo questo come atto forte. E’ importante che l’Italia dia l’esempio – hanno detto – Chiediamo anche che la Procura non venga insultata, chiediamo fermezza. Bisogna reagire, sennò i nostri figli che vanno in giro per il mondo non saranno più sicuri”.

Pochi giorni fa, infatti, la procura generale del Cairo è tornata a difendere pubblicamente i quattro membri della National Security accusati dai pm di Roma di essere i responsabili del rapimento, della tortura e dell’uccisione di Regeni. “Per il momento non c’è alcuna ragione per intraprendere procedimenti penali circa l’uccisione, il sequestro e la tortura della vittima Giulio Regeni, in quanto il responsabile resta sconosciuto“, sostiene il procuratore generale, Hamada Al Sawi. Il documento diffuso dal Cairo attacca i pm italiani, li accusa di non aver fatto bene il proprio lavoro e ipotizza l’esistenza di una sorta di complotto sul caso Regeni per “nuocere alle relazioni” tra Italia ed Egitto. I magistrati si spingono fino a giudicare il comportamento tenuto da Giulio nel corso della sua permanenza in Egitto, mentre stava svolgendo ricerche per la sua tesi, definendolo ”non consono al suo ruolo di ricercatore” e per questo posto “sotto osservazione” da parte della sicurezza egiziana “senza però violare la sua libertà o la sua vita privata”.

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