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Medico ebreo si trova a curare un paziente neonazista in fin di vita: “Non ho provato nessuna compassione per lui”

La vicenda di cronaca che sembra richiamare il recente film Non odiare con Alessandro Gassman, proviene dalla California e a raccontarla su Twitter è il suo protagonista, Taylor Nichols, medico del pronto soccorso di un ospedale di Sacramento

di Davide Turrini

Un giovane medico di origine ebrea, un malato in fin di vita con una svastica tatuata sul petto, e la possibilità che il paziente stia soffocando perché contagiato da Coronavirus. La vicenda di cronaca che sembra richiamare il recente film Non odiare con Alessandro Gassman, proviene dalla California e a raccontarla su Twitter è il suo protagonista, Taylor Nichols, medico del pronto soccorso di un ospedale di Sacramento. “È arrivato con l’ambulanza, col respiro corto e già con la testa nel CPAP. Nonostante quello, continuava a respirare a fatica, appariva malato e terrorizzato. Non ho provato compassione per lui in quel momento”, ha poi spiegato Nichols intervistato dalla CNN. Ovviamente, il primo timore per il piccolo gruppo di medici in prima linea impegnati nella lotta al Covid da nove mesi è stata la possibile positività del paziente al Coronavirus.

Ma prima di avere gli esiti del tampone (che Nichols non ha reso noti ndr) ecco il dettaglio che non t’aspetti. Il medico e i suoi due infermieri di reparto, una afroamericana e un ragazzo di origine asiatica, tolgono la camicia all’uomo “piuttosto avanti con l’età” e scorgono sul suo petto un “numero impressionante di tatuaggi nazisti. Un uomo robusto, ma avanti con l’età e con i denti rovinati dall’uso prolungato di metanfetamina”. Una svastica, simboli delle SS, aquile nere e croci uncinate. “L’unica cosa che mi ha detto è stata, con quel poco fiato che aveva: “Non lasciatemi morire” – ha affermato Nichols – L’ho subito rassicurato, dicendogli che avremmo fatto tutto il possibile per salvarlo”. Il medico ha infine ricordato la paura e lo stress di fronte alla pandemia, le difficoltà nel suo reparto, il tarlo di poter infettare di continuo i propri familiari, ma ha comunque rassicurato di aver fatto di tutto per far sopravvivere il paziente “nonostante i simboli di odio ostentati con orgoglio”. Per la cronaca, né sulla CNN, né su altri organi di informazione statunitense si sa che fine abbia fatto il nazista in fin di vita.

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