L’epidemia da coronavirus in Italia resta “a livelli critici”, con 17 Regioni “a rischio alto” e un “significativo impatto sui servizi assistenziali“. Ma i provvedimenti adottati da governo e Regioni per combatterla iniziano a funzionare: l’indice Rt ora è a quota 1,18 in tutto il Paese, in calo rispetto all’1,4 di inizio novembre. Lo rivela la bozza dell’ultimo monitoraggio Iss-ministero della Salute relativo al 9-15 novembre, in cui si osserva “un iniziale effetto delle misure di mitigazione introdotte a livello nazionale e regionale”. Tuttavia, poiché la trasmissibilità in gran parte del territorio è ancora con un Rt sopra 1 e comporta un aumento dei nuovi casi, “questo andamento non deve portare ad un rilassamento delle misure“. Anzi, “deve essere un invito a essere ancora più stringenti e rigorosi”, ha avvertito il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli presentando il rapporto. “I dati sono indicativi di uno spiraglio significativo che si apre, ma evitiamo di ripetere gli errori della scorsa estate. Tre Regioni diventano le osservate speciali dei tecnici: si tratta di Molise, Veneto (attualmente in zona gialla), e Friuli (slittato in zona arancione il 13 novembre scorso). Data la “probabilità elevata” di un passaggio alla casella di rischio alto nel prossimo mese, si legge nel dossier, “si raccomanda alle autorità sanitarie” di valutare “la possibile adozione di ulteriori misure di mitigazione“.

Abruzzo in zona rossa – Nonostante l’avvertimento, le tre Regioni per ora restano nelle rispettive zone di rischio. Così come Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta, che resteranno rosse fino al 3 dicembre. E di Puglia e Sicilia, ancora in zona arancione. Lo ha deciso il ministro Roberto Speranza con un’ordinanza firmata in mattinata. Un provvedimento necessario, dal momento che la precedente ordinanza che le ha inserite nelle rispettive zone risale al 4 novembre e il dpcm impone che ogni 14 giorni la decisione sia rivista. Il ministero, infatti, fa sapere che da qui all’inizio di dicembre resta aperta la possibilità di una nuova classificazione sulla base dell’andamento del contagio. La speranza di Attilio Fontana e Alberto Cirio, che nei giorni scorsi hanno sostenuto che con questi numeri le rispettive Regioni potrebbero essere “già in zona arancione, è che la “promozione” per Lombardia e Piemonte possa avvenire prima, cioè il 27 novembre. L’Abruzzo, invece, secondo quanto riferisce il ministero diventerà ufficialmente rossa a partire dal 22 novembre, anche perché di fatto lo è già dopo la stretta varata dal governatore Marsilio. L’ordinanza ad hoc di Speranza è attesa in serata.

L’indice Rt – Numeri alla mano, risulta che in Lombarida l’Rt è sceso a 1,15, mentre in Piemonte è a 1,09. Ma come è noto l’indice non è l’unico parametro che viene preso in considerazione per valutare l’impatto del Covid sul territorio. Le Regioni dove resta alto sono Basilicata 1,46, Abruzzo (1,32), Toscana (1,31), Friuli Venezia Giulia (1,27) e Puglia (1,24). Seguono Valle d’Aosta, Sicilia ed Emilia Romagna (tutte e tre a 1,14). In Campania la replicabilità del virus è a quota 1,11, a Bolzano 1,16. Umbria e Calabria sono a 1,06, mentre la provincia di Trento si ferma a 1,03. Quattro le Regioni dove è inferiore a 1: Lazio (0,82), Liguria (0,89), Molise (0,94) e Sardegna (0,79). Nel rapporto l’Iss torna poi a strigliare i dati in arrivo dalle Regioni, segnalando che resta “una criticità nel mantenere elevata la qualità dei dati riportati al sistema di sorveglianza integrato sia per tempestività, sia per completezza“.

La situazione negli ospedali – Sul fronte degli ospedali, invece, i tecnici confermano che la soglia critica di occupazione dei posti in area medica o Terapia intensiva è stata superata “in 18 Regioni“. Se si mantenesse l’attuale trasmissibilità del virus, quindi, “quasi tutte le Regioni/Pa hanno una probabilità maggiore del 50% di superare almeno una di queste soglie entro un mese. L’aumento continuo delle persone con Covid-19 ricoverate negli ospedali implica un’inevitabile erosione delle risorse per l’assistenza ai pazienti con altre malattie“. La buona notizia, segnala il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, è che “la probabilità di saturazione dei posti letto, anche quelli attivabili, a 30 giorni, si è un po’ allontanata“. Il direttore generale Prevenzione del ministero, Gianni Rezza, aggiunge che “se da una parte possiamo vedere uno spiraglio grazie alle misure in atto, che devono continuare ad essere implementate, dall’altro lato dobbiamo tener duro perché gli indici di occupazione delle terapie intensive non sono positivi e questa situazione può durare anche a lungo nonostante l’abbassamento dell’Rt”.

I timori dei governatori – Non a caso ieri il governatore del Veneto Luca Zaia si è detto preoccupato per “il numero dei ricoveri in area non critica, è la vera pressione sui nostri ospedali”. Più confidente Giovanni Toti, che ha rivendicato la tenuta del sistema sanitario in Liguria e ha bollato “totalmente ingiustificabile” l’eventuale inserimento della sua Regione in zona rossa. Caso a parte è la Puglia, dove il presidente Michele Emiliano aveva chiesto al governo di inserire “esclusivamente i territori delle province di Foggia e di Bat nella cosiddetta zona rossa, in quanto caratterizzati da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto”. Palazzo Chigi ha replicato che le Regioni sono già dotate di questo potere e possono provvedere alla stretta in autonomia. Il ministro Francesco Boccia ha pure rassicurato sul fatto che i ristori per le categorie economiche colpite sono garantiti in ogni caso, sia che intervenga il ministero, sia che a farlo sia un governatore. Ma ad oggi Emiliano non ha preso alcun provvedimento e sembra esclusa l’ipotesi che l’intera Regione possa finire in zona rossa nelle prossime ore.

Trattative sui 21 parametri – Nel frattempo la partita che stanno giocando i governatori riguarda proprio il meccanismo su cui si basa la classificazione dei territori. Dopo giorni di polemiche, Regioni ed esecutivo sembrano aver raggiunto una tregua sui famosi 21 parametri. Palazzo Chigi è rimasto fermo su un punto: i criteri, ratificati dall’Iss con l’ok degli stessi enti locali oltre un mese fa, per ora non si cambiano. Il ministro Boccia, durante il vertice che si è svolto ieri in videoconferenza, ha ribadito la loro efficacia. Ma ha concesso ai governatori, che chiedevano di ridurli a 5, l’istituzione di un tavolo tecnico di confronto che partirà oggi. L’obiettivo è costruire un percorso condiviso per arrivare al nuovo dpcm che sostituirà quello entrato in vigore il 3 novembre. Al di là dei 21 parametri, su cui si confronteranno gli esperti, le ipotesi sul tavolo per ora sono diverse: dall’apertura dei negozi fino alle 22 al via libera alle cene al ristorante. Ma resta il nodo delle zone rosse, dove non dovrebbe scattare alcun allentamento delle misure.

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