“Fino al 2017, nessuno, né il cardinal Parolin, né il cardinal Ouellet, o l’arcivescovo Becciu o l’arcivescovo Viganò, ha fornito a Papa Francesco alcuna documentazione relativa agli addebiti contro McCarrick, comprese le lettere anonime risalenti ai primi anni ‘90”. È il passaggio più importante del dossier sull’ex cardinale di Washington, Theodore Edgar McCarrick, realizzato in due anni dalla Segreteria di Stato per volontà di Bergoglio. Dal rapporto, la cui pubblicazione, decisa dal Papa, segna un grande passo nella trasparenza sui casi di pedofilia e che non a caso viene divulgato dopo le elezioni americane, emerge che fino al 2017 non era stata fornita alcuna prova della colpevolezza dell’ex arcivescovo della capitale Usa. Appena Francesco ebbe la certezza che il cardinale americano aveva commesso abusi sessuali su minori, gli tolse subito la porpora, nel 2018, unico caso finora nel suo pontificato, e poi, l’anno successivo, lo ridusse allo stato laicale. “Papa Francesco – si legge sempre nel rapporto – aveva sentito dire soltanto che c’erano stati addebiti e voci relativi a una condotta immorale con adulti, avvenuta prima della nomina di McCarrick a Washington. Ritenendo che le accuse fossero già state esaminate e respinte da Giovanni Paolo II, benché consapevole che McCarrick fosse in attività durante il pontificato di Benedetto XVI, Francesco non vide la necessità di modificare la linea adottata negli anni precedenti”.

Il dossier, dunque, smentisce quanto sostenuto dall’ex nunzio negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, grande sostenitore di Donald Trump, che ha affermato di aver informato Bergoglio, pochi mesi dopo l’elezione, delle gravi accuse rivolte nei confronti di McCarrick senza però che il Papa agisse immediatamente. Per questo motivo, Viganò chiese a Francesco di dimettersi. “Nel giugno 2017, – si legge nel rapporto – l’arcidiocesi di New York apprese la prima accusa conosciuta di abuso sessuale di una vittima di età inferiore ai 18 anni compiuto da McCarrick agli inizi deli anni ’70. Poco dopo che l’accusa fu ritenuta credibile, Papa Francesco chiese le dimissioni di McCarrick dal Collegio dei cardinali. A seguito di un procedimento penale amministrativo condotto dalla Congregazione per la dottrina della fede, McCarrick fu giudicato colpevole di atti contrari al sesto comandamento del decalogo che hanno coinvolto minori e adulti, e su tale base venne dimesso dallo stato clericale”.

Come è stato possibile che per lunghi decenni, e nell’arco di tre pontificati, i gravi reati commessi da McCarrick non furono mai provati dal Vaticano? E che nel 2000 Wojtyla decise di promuoverlo arcivescovo della capitale Usa e l’anno successivo nominarlo cardinale? Il rapporto risponde in modo molto chiaro a queste domande ripercorrendo la genesi delle due importanti scelte compiute dal Pontefice polacco. “La documentazione – si legge nel dossier – evidenzia che Papa Giovanni Paolo II prese personalmente la decisione di nominare McCarrick e lo fece dopo aver ricevuto il parere di diversi consiglieri di fiducia su entrambe le sponde dell’Atlantico”. McCarrick era stato nominato vescovo ausiliare di New York da San Paolo VI nel 1977 e nel 1981 San Giovanni Paolo II lo aveva trasferito alla guida della diocesi di Metuchen per poi promuoverlo, nel 1986, arcivescovo di Newark.

Quando, nel 2000, si valutò l’opportunità affidargli l’arcidiocesi di Washington, l’allora cardinale arcivescovo di New York, John Joseph O’Connor, scrisse una lettera al Papa con le già gravi accuse che venivano fatte nei confronti del futuro porporato. Era stata notata, si legge nel rapporto, “l’attività sessuale di McCarrick con un altro sacerdote”. Inoltre, “una serie di lettere anonime, inviate alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, al nunzio apostolico e a vari cardinali negli Stati Uniti negli anni 1992 e 1993, accusavano McCarrick di pedofilia con suoi ‘nipoti’”. E ancora: “Si sapeva che McCarrick avesse condiviso il letto con giovani uomini adulti nella residenza del vescovo a Metuchen e Newark” e “si sapeva che McCarrick avesse condiviso il letto con seminaristi adulti in una casa al mare sulla costa del New Jersey”. La gravità di queste informazioni fece momentaneamente desistere il Papa dal procedere alla nomina, decisione sostenuta anche dall’allora nunzio apostolico negli Usa, l’arcivescovo Gabriel Montalvo, e dall’allora prefetto della Congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re.

Ma il Papa cambiò idea dopo che il 6 agosto 2000 McCarrick scrisse una lettera al segretario di Wojtyla, l’attuale cardinale Stanislaw Dziwisz, evidentemente informato del suo processo di nomina a Washington e delle accuse che lo avevano bloccato. In essa, McCarrick afferma: “Nei settanta anni della mia vita, non ho mai avuto rapporti sessuali con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico, né ho mai abusato di un’altra persona o l’ho trattata con mancanza di rispetto”. In precedenza, Wojtyla aveva chiesto un supplemento di indagine sulle accuse e i quattro vescovi del New Jersey interpellati “confermarono che McCarrick aveva condiviso il letto con giovani uomini, ma non indicavano con certezza che McCarrick avesse tenuto una qualche cattiva condotta sessuale”. Nel dossier si legge che “ciò che si sa ora, grazie alle indagini compiute per la preparazione del rapporto, è che tre dei quattro vescovi americani fornirono alla Santa Sede informazioni non accurate e, inoltre, incomplete circa la condotta sessuale di McCarrick con giovani adulti. Queste informazioni inesatte sembrano aver probabilmente influenzato le conclusioni dei consiglieri di Giovanni Paolo II e, di conseguenza, dello stesso Giovanni Paolo II”. Inoltre, “Papa Giovanni Paolo II conosceva McCarrick da tempo, dopo averlo incontrato per la prima volta alla metà degli anni ’70. McCarrick interagì con lui frequentemente, sia a Roma che durante i viaggi all’estero, inclusa la visita del Papa a Newark nel 1995 e in occasione dei soggiorni annuali a Roma per la Papal Foundation. La relazione diretta di McCarrick con Giovanni Paolo II ebbe probabilmente un impatto sul processo decisionale del Papa”.

Un capitolo importante, da non sottovalutare, è invece quello che avvenne sotto il pontificato di Ratzinger. “All’inizio del pontificato di Benedetto XVI, – si legge nel rapporto – le informazioni ricevute dalla Santa Sede relative alla condotta di McCarrick furono generalmente simili a quelle che erano state a disposizione di Giovanni Paolo II al momento della nomina a Washington. Poco dopo la sua elezione nell’aprile 2005, su raccomandazione del nunzio apostolico e della Congregazione per i vescovi, Papa Benedetto XVI prolungò di due anni il mandato di McCarrick a Washington, mandato che fu considerato un successo”. Ma poi, sulla base di nuove accuse, “la Santa Sede cambiò drasticamente il suo orientamento e cercò con urgenza un nuovo arcivescovo per la sede di Washington, richiedendo a McCarrick di dimettersi ‘spontaneamente’ dall’ufficio dopo la Pasqua del 2006”. Dal rapporto emerge, inoltre, che in questo periodo monsignor Viganò, da delegato per le rappresentanze pontificie, aveva segnalato ai superiori della Segreteria di Stato le informazioni giunte dalla nunziatura, sottolineandone la gravità. Ma, mentre lanciava l’allarme, anche lui comprendeva di non trovarsi di fronte ad accuse provate. L’allora cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, affrontò la questione direttamente con Benedetto XVI. In quel contesto, in assenza di vittime minorenni, e trattandosi di un porporato ormai dimesso dall’incarico, venne deciso di non aprire un formale processo canonico per investigare su McCarrick. Una scelta che oggi suona come un grave errore.

Twitter: @FrancescoGrana

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