Dai ricordi rurali della giovinezza dei miei nonni riaffiorava a guisa di leggenda la descrizione del rituale che molte famiglie praticavano al tempo della Spagnola. Un piattino di olio e sale sul capo del malato versato dalle stesse mani di chi era solito “segnare” i colpiti dal “fuoco di sant’Antonio”. La medicina era poca roba, impreparata a tanta morte. Quel momento, condito da preghiere e veglie con rosari, sopperiva alla mancanza di strumenti efficaci contro quel virus che pretese tante vite, fornendo al contempo un illusorio senso di attività a chi si sentiva vittima di un destino ineluttabile. L’angoscia aveva sopraffatto la città, e quei riti cercavano di lenirla.

Non pochi furono coloro che negarono l’origine infettiva dell’ H1N1, masanielli da piazza certi di aver individuato in un malocchio o nella maledizione di qualche passante invidioso l’origine del male. Il negazionismo e la costruzione di un nemico esterno e untore hanno dunque radici antiche. E’ stato Freud ad illustrare il fenomeno del diniego, una modalità antitetica al principio di realtà, indice di un atteggiamento psicotico che nega cospicue porzioni di ciò che accade oltre le mura domestiche.

Come è composta e da quale collante è sostenuta la variegata brigata dei negazionisti che vediamo sfilare compatta, chiassosa e feroce nei servizi televisivi? Costoro sono anzitutto accomunati da un’ideologia complottarda e persecutoria, retta da una logica banale e facilmente divulgabile. Esisterebbero schiere di malvagi i quali, con studiata perizia, tramerebbero ai danni di liberi cittadini, ignari di essere vittima di grandi vecchi o di opachi burattinai.

I “no virus” scorgono dietro ad ogni azione governativa trame oscure, alchimie di laboratorio studiate per farci schiattare, oppure per renderci schiavi di questa o quella multinazionale del farmaco. Il fattore coagulante che li intruppa è dato dall’azione degli agitatori di popolo, furbi e lucidi calcolatori, immuni da turbe persecutorie ma pronti a creare quel nemico che ai loro adepti serve per sostenersi. Capibastone certi dell’assurdità del pensiero che vanno a cavalcare, ma capaci di imporre un loro assoggettamento su proseliti che sanno essere più fragili e manipolabili.

Si tratta del principio della setta, laddove il guru solitamente non crede a quasi nessuna delle fandonie che utilizza per imporre il suo potere su chi invece prende le sue parole per verità e lo sostiene nella ricerca di fama e denaro. A questa platea si assommano in cauda i malmostosi in perenne ricerca di un contenitore ove far defluire le scorie di qualche elemento personale irrisolto che ne ha inquinato la vita. Costoro sono soliti cavalcare ogni tipo di protesta si prospetti all’orizzonte piegandola alle loro recriminazioni.

Ecco dunque accorrere quelli che non si sono mai fatti una ragione dell’omosessualità altrui, i devoti di culti mariani che vedono il peccato ovunque , chi invece ce l’ha con i meridionali sempre e comunque, chi con la massoneria o l’entità totipotente “Bilderberg”. Essi concimano quell’humus prepotente e manipolabile fatto di uomini e donne che pensano male e vivono male, che hanno rifuggito per una vita lo sforzo di una riflessione personale sul perché dei loro malcontenti.

Oggi per queste categorie di individui si aprono immense praterie sulle quali fare scorribande. La fase uno della pandemia è stata caratterizzata dall’angoscia, quell’affetto patito da un individuo, o un corpo sociale, nel momento in cui si sente oggetto in balia di qualcosa o qualcuno che sta per sopraffarlo. All’avvicinarsi della minaccia l’angoscia cresce, dimostrandosi tuttavia anche un forte motore in grado di mobilitare le migliori energie utili a fronteggiare il pericolo, come è avvenuto in Italia dopo marzo.

Quando tutte le strategie paiono vane, quando il nemico abbatte le difese, quando ogni sforzo sembra esser stato vanificato da un pericolo che torna in forze, ponendo un’ipoteca temporalmente indefinita sul corpo sociale preso in ostaggio, arriva il momento dello scoramento, della rassegnazione. “E’ la nostra ultima cena, abbiamo la peste” dice uno dei commensali seduti ad una tavola riccamente imbandita mentre invita una stupita Isabelle Adjani a banchettare con loro prima che il morbo li spazzi via.

Il tempo della disperazione e della distopia spiana da sempre strade ove le teorie dei negazionisti sono all’ordine del giorno. Pronti a gridare a tutti il loro odio contro la scienza, finalmente certi che i complotti che avevano preconizzato si vanno realizzando. Per questo l’arrivo del vaccino non segnerà, sperabilmente, soltanto la fine della pandemia, ma ristabilirà anche il primato della scienza sul delirio nel discorso sociale.

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