Partirà in ritardo. E partirà molto lentamente, la campagna vaccinale contro l’influenza di Regione Lombardia. All’inizio, dal 19 ottobre, ogni medico di famiglia avrà a disposizione solo 30 dosi di vaccino. Una settimana dopo potrà aggiungerne 20, per un totale di appena 50 dosi disponibili a testa nel mese di ottobre. Numeri che dovrebbero imbarazzare il governatore Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera, soprattutto se confrontati con quelli di diverse altre Regioni, dove i medici di famiglia hanno ricevuto buona parte delle dosi richieste già da giorni. Anche 400, come in Veneto. “Le dosi che arriveranno ai medici lombardi – accusa invece il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti – non basteranno a coprire nemmeno le categorie alle quali la Regione ha dato la massima priorità: i pazienti fragili e gli over 65. Basti pensare che un medico di famiglia conta in media quasi 1.400 pazienti”.

Altrove già 400 dosi a medico – È l’ultima puntata della tragicomica saga lombarda su una vaccinazione che quest’anno il ministero della Salute, vista la pandemia di Covid-19, aveva raccomandato di offrire ai cittadini a partire da inizio ottobre, ma che la giunta Fontana non è ancora riuscita ad avviare tra bandi sbagliati, prezzi saliti alle stelle e vaccini cinesi senza autorizzazioni. E così la Regione più colpita dalla prima ondata di Coronavirus è ora la maglia nera nella corsa alle vaccinazioni antinfluenzali, utili a facilitare le diagnosi di Covid in considerazione dei sintomi simili e a non sovraccaricare le strutture sanitarie. “Solo trenta dosi per medico nella prima settimana?”, reagisce stupito Renzo Le Pera, che ha uno studio vicino a Bologna ed è vice segretario nazionale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg). “Io ho fatto 45 vaccinazioni solo questa mattina”. In Emilia Romagna – spiega – la campagna vaccinale è ufficialmente partita ieri e i medici di famiglia hanno ricevuto, già settimana scorsa, il 70% delle dosi utilizzate un anno fa. “Io ne ho prese circa 280. Quando le finirò, chiamerò il numero dedicato per avere quelle restanti”.

La campagna è partita ieri pure in Veneto e Toscana. “Ho ricevuto 400 dosi già settimana scorsa”, dice Domenico Crisarà, medico di famiglia di Padova, anche lui vice segretario nazionale della Fimmg. In Toscana, spiega il segretario regionale Alessio Nastruzzi, da venerdì scorso i medici possono ritirare 60 vaccini a testa al giorno: “Io finora ne ho presi 120”. E ci sono Regioni dove i vaccini sono arrivati pure prima: “In Campania le vaccinazioni sono iniziate l’1 ottobre. A parte qualcuno che non ha ancora ricevuto dosi, buona parte dei medici ne ha avute almeno 200. Altre dosi saranno disponibili dal 15 ottobre”, dice il segretario di Napoli della Fimmg Luigi Sparano.

Lo zero lombardo -Niente di tutto ciò si può invece raccontare per la Lombardia, dove al momento il numero di dosi disponibili segna lo zero tondo. Qui la giunta Fontana si è sinora garantita l’acquisto di 2,78 milioni di dosi, a fronte di una popolazione target (che quest’anno è composta da over 60, persone con patologie gravi, operatori sanitari e bambini dai 6 mesi ai 6 anni) di 3,87 milioni. I 2,78 milioni di dosi – dicono i vertici della Regione – sono sufficienti a coprire gli obiettivi raccomandati dal ministero, cioè il 75% della platea a rischio. Ma il 75% è un obiettivo minimo, mentre quello ottimale è del 95%. E il piano vaccinale di Regione Lombardia prevede di coprire i 630mila cittadini nella fascia di età 60-64 anni al 50%, non al 75. Obiezioni a cui dalla Regione rispondono che l’anno scorso solo il 49% delle categorie a rischio (che non comprendeva bambini e adulti dai 60 ai 64 anni) ha deciso di richiedere la vaccinazione gratuita: “Il vero obiettivo è quello che abbiamo indicato e sarà difficile raggiungerlo – ha detto in conferenza stampa giovedì scorso il direttore generale Welfare Marco Trivelli mentre presentava la campagna vaccinale -. Poi se quest’anno per una serie di motivi ci fosse adesione maggiore, vedremo come affrontare il problema”.

Ma al di là della quantità di dosi disponibili, che non tengono conto delle persone non a rischio che vorranno vaccinarsi a pagamento e che dovranno anche scontare la penuria di dosi nelle farmacie, un problema già c’è. Ed è quello dei tempi, come dimostra la scarsa disponibilità iniziale di vaccini per i medici di famiglia. A metterla nero su bianco è stato lo stesso Trivelli in una circolare dello scorso 8 ottobre. Alle prime 50 dosi a disposizione di ogni medico di famiglia in ottobre se ne aggiungeranno 20 a partire dal 2 novembre e altre 30 dopo il 4. I centri vaccinali della Regione dovranno invece aspettare novembre per vedere qualche dose. La circolare detta anche i tempi di chi potrà vaccinarsi subito e di chi dovrà attendere. Il 19 ottobre si partirà infatti con chi ha patologie gravi e con gli over 65. Gli ospiti delle RSA dovranno aspettare il 28 ottobre, gli over 60 e i bambini da 6 mesi a 2 anni l’inizio di novembre, mentre quelli da 2 a 6 anni e gli operatori sanitari dovranno attendere metà novembre.

I bandi sballati – Il tutto è conseguenza dei tempi di consegna che la Regione è riuscita a garantirsi con i nove bandi a cui è dovuta ricorrere. A ottobre, secondo i dati contenuti nella circolare, saranno consegnate 692mila dosi, di cui ne saranno disponibili per l’utilizzo entro fine mese solo 274mila. Un milione di dosi arriveranno nella prima metà di novembre, mentre per il resto bisognerà aspettare la seconda metà o la fine di novembre. Numeri che smentiscono quanto lo stesso Trivelli aveva detto in conferenza stampa giovedì scorso, lo stesso giorno in cui firmava la circolare, quando aveva parlato di ben 800mila dosi in consegna già ad ottobre e tutto il resto entro metà novembre.

Per Astuti, i numeri contenuti nella circolare, sono “l’ennesima dimostrazione che in Lombardia la campagna vaccinale non partirà davvero fino a metà novembre e che comunque non basterà per tutti. Un ritardo imperdonabile che rischia di mettere a rischio la salute di migliaia di cittadini. Il sistema di vaccinazione, inoltre, macchinoso e complicato, rischia di disincentivare i cittadini a chiedere di essere vaccinati. Più che una campagna vaccinale sembra una lotteria”. Una lotteria a cui si è arrivati dopo un filotto iniziale di bandi sbagliati quando c’era ancora tutto il tempo di acquistare le dosi necessarie e in tempo. Come già raccontato da ilfattoquotidiano.it, la ricerca inizia infatti il 26 febbraio, pochi giorni dopo la scoperta dei primi contagi da Coronavirus nel lodigiano. La centrale acquisti regionale Aria pubblica un primo bando per l’acquisto di 1,37 milioni di dosi, non sufficienti a coprire la platea a rischio e a un prezzo di 4,50 euro a dose, inferiore ai 5,50 pagati l’anno prima, quando non c’era alcuna pandemia in corso. Arriva un’unica offerta, ma a un prezzo di 5,90 euro a dose che supera la base d’asta.

La gara così non viene aggiudicata. Segue a fine marzo un bando simile al primo, ma con un prezzo di 5,90 euro a dose, che viene ritirato perché la direzione generale Welfare si accorge finalmente che 1,37 milioni di dosi sono troppo poche. La terza gara va invece deserta perché non dà modo ai produttori di fornire solo una parte del lotto da 2 milioni di dosi indicato nel bando. A questo punto arriva una serie di gare con cui la Regione riesce a reperire un po’ di dosi, ma non tutte quelle cercate perché ormai sul mercato c’è troppa domanda di vaccini. Fino al nono bando lampo, con cui settimana scorsa si aggiudica 100mila dosi dall’azienda cinese Life’On al prezzo di 11,99 euro a dose e 400mila dalla svizzera Flakem Swiss a un prezzo di 26 euro, quasi il quintuplo rispetto alle prime aggiudicazioni. Arriva così l’apertura da parte della procura di Milano di un’indagine conoscitiva sui prezzi d’acquisto dei vaccini. Seguita dalla notizia che le 100mila dosi cinesi non sono utilizzabili, perché prive dell’autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco. Così la disponibilità decantata settimana scorsa da Trivelli di 2,88 milioni di dosi è già scesa a 2,78 milioni.

@gigi_gno

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