Si consolida lo scenario deflazionistico nel nostro paese. Anche in settembre, secondo le stime preliminari dell’Istat, i prezzi sono risultati in calo, sia rispetto ad agosto (- 0,6%) che nel confronto con settembre 2019 (- 0,5%). Si tratta del quinto mese consecutivo con il segno meno. A differenza di quanto si possa pensare i prezzi in discesa sono estremamente pericolosi per l’economia. Gli acquisti vengono più facilmente rimandati, i profitti delle aziende calano, i debiti si fanno più pesanti, la crescita economica ne risente.

L’inflazione negativa, spiega l’Istat, continua ad essere dovuta prevalentemente alle flessioni, seppur meno marcate rispetto al mese precedente, dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da -13,7% a -13,6%), di quelli non regolamentati (da -8,6% a -8,2%) e dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da -2,3% a -1,6%). Da questo punto di vista nei prossimi mesi potrebbe aiutare il prossimo rincaro delle bollette comunicato ieri. Tuttavia negli ultimi giorni le quotazioni del petrolio hanno ripreso a scendere con decisione. Dinamica che a cascata si traduce in un calo del costo di carburanti (e quindi trasporti) e riscaldamento. I prezzi del cosiddetto carrello della spesa, che include i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona,segnano al contrario un’accelerazione passando dal +0,9 a + 1,2%. Quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto registrano invece una variazione tendenziale nulla da -0,2%. L’inflazione acquisita per il 2020 (ossia il dato che si avrebbe a fine anno con variazioni nulle nei prossimi 3 mesi) è pari a -0,2% .

Prezzi in frenata anche in Francia dove l’inflazione a settembre si ferma allo 0,1% , dopo lo 0,8% di luglio e lo 0,2% di agosto. “Questo leggero calo dell’inflazione sarebbe l’effetto di un rallentamento dei prezzi dei servizi”, in progressione dello 0,6% su base annuale, e di un’accentuata diminuzione di quelli dell’energia”, che calano dell’8%, si legge in una nota diffusa dall’istituto Insee equivalente dell’Istat in Italia. Sul tema dell’inflazione, che la Banca centrale europea sta in ogni modo cercando si spingere verso quel 2% considerato un livello ottimale, per ora senza grandi risultati,è tornata oggi la presidente Christine Lagarde alla conferenza ‘The ECB and its watchers”.

La formulazione dell’obiettivo di inflazione della Bce, indicato nel 2003 come ‘al di sotto ma vicina al 2%’ “era adeguata a un periodo in cui la Bce stava cercando di affermare la propria credibilità e un’inflazione troppo alta era la principale preoccupazione”. Ora, invece, “nella situazione attuale di bassa inflazione, le preoccupazioni sono diverse e questo deve riflettersi nel nostro obiettivo d’inflazione”, ha detto Lagarde. Nel suo intervento la presidente , Lagarde ha evocato in sostanza la possibilità di ripensare quali indicatori inflazionistici considerare per impostare le proprie politiche monetarie e, come già fatto dalla Federal Reserve statunitense, accettare un’inflazione sopra al 2%. Al momento un miraggio.

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