Il fenomeno della violenza sessuale è purtroppo molto frequente in tutto il mondo e le vittime possono essere bambini, adolescenti ma anche persone meno giovani. Le ricerche più recenti si concentrano soprattutto sulle ripercussioni psicologiche che una violenza sessuale può avere su un individuo non ancora adolescente, tuttavia non mancano anche quelle che riguardano i ragazzi e gli adulti; generalmente un bambino abusato ha probabilità più alte di sviluppare un attaccamento insicuro e disorganizzato che in età adulta, può sfociare in sintomi depressivi con problemi di socializzazione.

Da grandi, inoltre, le vittime possono sperimentare bassa autostima, livelli significativi di depressione e ansia, abuso di sostanze e disturbi somatici. In entrambi i casi viene compromessa la salute sessuale della vittima, come riporta una recente ricerca che dimostra il calo del desiderio sessuale nelle donne abusate, ma anche il rischio di incorrere in gravidanze indesiderate o di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

Un altro importante problema fa da sfondo a tutti gli abusi sessuali e investe la sfera sociale ed educativa ed interessa la stragrande maggioranza della popolazione. In modo del tutto stereotipato, le violenze sessuali sono considerate tali solo quando vi è penetrazione o comunque la messa in atto di un rapporto sessuale fisico; tuttavia la parola “violenza” racchiude una serie enorme di significati che sono da prendere in considerazione ma che molto spesso vengono sminuiti sia dai carnefici che dalle vittime.

Una violenza sessuale può palesarsi sotto molte forme: fare apprezzamenti volgari, toccare le parti intime senza consenso, fischiare ad una persona in modo provocatorio, inviare foto o messaggi sessualmente espliciti (sexting) o minacciare di rendere pubblici tali documenti (revenge porn). L’uso della tecnologia, in questo caso, non agevola la prevenzione di certe azioni e molto spesso ci si ritrova di fronte a vittime e, cosa più sconcertante, a carnefici totalmente ignari di quello che stanno facendo.

Pensare alla violenza sessuale, ma in generale a qualsiasi forma di violenza, come ad un esclusivo danneggiamento diretto della fisicità di una persona, significa non prendere in considerazione che l’essere umano è un’entità molto complessa e che nella sua integrità influiscono diversi fattori di carattere fisico, psicologico e sociale.

Pratiche come il sexting sono sempre più diffuse tra i giovani e meno giovani; l’invio di materiale sessualmente esplicito è un’azione che viene spesso sottovalutata ma che ha delle forti ripercussioni sulle persone nel momento in cui i file escono dalla chat privata e diventano di dominio pubblico come nel caso del revenge porn.

In entrambi i casi, dato che si tratta di azioni eseguite dietro uno schermo, non viene commessa nessuna lesione nei confronti della fisicità della persona, ma questo non vuol dire che le ripercussioni non siano davvero dannose. Molte vittime hanno affrontato il loro trauma tramite l’autolesionismo, arrivando in alcuni casi anche al suicidio.

In una ricerca di Cole e collaboratori, pubblicata all’inizio del 2020, si è dimostrato che il 93% delle vittime ha vissuto un forte disagio emotivo, l’80% ha sofferto di stress emotivo a causa di molestie, perdita del lavoro e lotte legali contro l’autore della violenza. Inoltre, come spesso accade, soprattutto per le donne, il trauma psicologico che il revenge porn può causare è dannoso per la reputazione, la carriera, l’immagine di sé e il senso del valore di un individuo.

Anche in questo caso, quindi, le ripercussioni di un’azione ricadono sull’individuo preso nella sua complessità ed è proprio per questo motivo che gli interventi per la prevenzione del revenge porn o altri crimini del genere passano attraverso varie aree di azione: in primo luogo abbattendo lo stigma sociale nei confronti della vittima che, a seconda della tipologia di materiale inviato, può essere vista come una persona tendente alla promiscuità e che, in un certo senso, è normale incappi in questo tipo di problematiche.

Gli attuali programmi di educazione sessuale si concentrano sulla promozione di un uso consapevole della tecnologia, ben sapendo che l’assoluto divieto non riuscirà a impedire la diffusione del fenomeno, ma una buona guida su come affrontarlo può aiutare molti ragazzi a non commettere errori che possono costare cari.

Nell’ottica di un mondo sempre più digitalizzato, dove spesso il male e il bene si confondono, le istituzioni dovrebbero promuovere corsi all’affettività e alla sessualità e chiedere assistenza a delle figure specializzate che sappiano guidare le potenziali vittime ma anche i potenziali persecutori verso un percorso migliore ed un uso più consapevole della tecnologia.

Si ringrazia per la collaborazione il dr. Matteo Agostini

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