“Il denaro non dovrebbe semplicemente ricostruire l’Europa: dovrebbe ricostruire un’Europa migliore”. Parola di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, che domenica in collegamento con il festival Pordenonelegge ha detto di aver apprezzato la strada “solidaristica” imboccata dall’Unione europea per la ripresa post Covid. Ma non è ancora abbastanza, secondo l’economista. E soprattutto non è sufficiente il pur notevole sforzo delle banche centrali, compresa la Bce che sta comprando titoli di Stato a ritmi senza precedenti.

“L’austerità che ha caratterizzato la precedente crisi dell’euro sembra essere stata finalmente accantonata in favore di un approccio comunitario, volto al sostegno reciproco“, ha riconosciuto, “ed anche gli eurobond sono un notevole passo avanti. Ciononostante, la strada del cambiamento non è stata percorsa fino in fondo, e credo che l’Europa avrebbe potuto osare di più. Sotto diversi aspetti: per quanto le cifre sembrino alte, in realtà probabilmente avrebbero dovuto essere ancora maggiori, ed è stata persa un’occasione per introdurre un sistema fiscale più forte e coeso, insieme a nuove forme di tassazione”. “Non dimentichiamoci poi che nella stessa Unione la competizione interna fa sì che non tutti remino nella stessa direzione: i paesi frugali, ad esempio, avrebbero voluto che i miliardi versati a fondo perduto fossero invece dei prestiti“.

Stiglitz ha poi ammonito sul fatto che in occasioni come questa le banche centrali dovrebbero fare di più, e con più creatività. “Comunemente, si tende a temere che la loro intromissione per sanare i debiti pubblici porti con sé il rischio di inflazione. Ma in questo momento, ciò di cui abbiamo bisogno è una ripresa forte e rapida dell’economia, prima che sia compromessa. Del resto, stiamo osservando come l’inflazione in questo periodo tenda a non aumentare anche quando ci si aspetterebbe lo facesse; inoltre possediamo ormai gli strumenti necessari per gestirla, qualora tra qualche anno dovesse presentarsi a chiedere il conto delle manovre attuali”, ha concluso.

Stiglitz ha parlato anche della situazione negli Usa: “Spesso si dice che non è l’elettore a recarsi alle urne, ma il dollaro. L’influenza del denaro nel sistema elettorale americano è enorme, sia attraverso il finanziamento delle campagne elettorali sia tramite le lobby. In più, questo enorme giro di affari non è affatto trasparente. Altri fattori chiave che stanno causando il crollo della nostra democrazia sono il sistema scolastico, che non è affatto buono come dovrebbe, e la Corte suprema, che dà sempre più spesso interpretazioni errate della Costituzione. E infine il partito repubblicano, che sta da tempo tentando di minare la democrazia distraendo gli elettori e rendendo difficile recarsi alle urne per la gente comune – per questo si sente parlare di democrazia in catene”.

“Secondo alcuni sondaggi – ha spiegato il premio Nobel, che propone l’introduzione di una wealth tax sui redditi molto elevati – il 70% degli americani sarebbe favorevole a riforme economiche che appianino le disuguaglianze. Ma affinché queste possano entrare in vigore, è necessario prima ripristinare la democrazia: fino a quel momento, gli interessi del popolo continueranno ad essere bloccati dal congresso”. La pandemia ha fatto affiorare in maniera ancor più vistosa le disuguaglianze. “È assurdo: gli ‘essential workers‘, che in questi mesi stanno continuando a lavorare esponendosi più di tutti al rischio di contagio e che si stanno ammalando e morendo più degli altri, sono anche coloro che ricevono i salari più bassi”.

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