Il ritorno di Sabina Ciuffini in tv, cinquant’anni dopo la sua prima apparizione televisiva, non poteva certo passare inosservato. Per un’intera settimana, assieme a Alessandro Cecchi Paone e Massimiliano Rosolino, ha affiancato Serena Bortone nel suo nuovo programma “Oggi è un altro giorno”, in onda nella fascia postprandiale di Rai1. Al netto di ospitate e partecipazioni “one shot”, non tornava in televisione con un impegno fisso dai primi anni Duemila. “Più passano gli anni, più la televisione è un recinto meno privilegiato di quel che si possa immaginare (sorride, ndr). Non sentivo troppo lo stimolo di tornare perché, grazie a Mike, grazie al fatto che c’era un canale solo, grazie alla memoria da elefante del popolo italiano, è come se avessi milioni di parenti. Mi vogliono bene, mi ricordano. Forse per questo è meno forte la spinta di esserci a tutti i costi. Ma ora che sono tornata, grazie al direttore Stefano Coletta, mi sono divertita: l’adrenalina è adrenalina”, confida a FqMagazine la valletta storica di “Rischiatutto”, la prima parlante e la prima a indossare una minigonna davanti a 30 milioni di spettatori. Nel suo curriculum ci sono anche un Festival di Sanremo, due Telegatti e diverse conduzioni televisive.

Perché è tornata in televisione?
“Mi conoscono tutti, anche in Rai, ma stranamente non gli vengo mai in mente come volto per un programma televisivo. Invece stavolta è stato Stefano Coletta, il direttore di Rai1, a cercarmi. Mi ha chiesto di far parte di uno dei gruppi di “affetti stabili” da affiancare a Serena Bortone. Ci alterneremo ad altri gruppi nel corso di tutta la stagione. Mi piace questo progetto perché Serena è una donna estremamente competente, molto preparata, che ha fatto tutta la gavetta. Non è una stella cadente, è una che ce l’ha messa tutta”.

Ha accettato istintivamente?
“Quest’idea di rinforzare i contenuti su Rai1 mi sembra una missione importante e anche un omaggio di rispetto verso i telespettatori, che spesso vengono molto sottovalutati. Il pubblico televisivo ha una pazienza illimitata: è più avvertito di quanto non si creda. Non è vero, come molti dicono, che gli puoi dare tutto quello che vuoi. Bisogna avere rispetto”.

Non le era mancata per niente la lucetta rossa delle telecamere?
“La televisione è rimasta nella mia vita. Molte mie colleghe mi confidano di soffrire lontano dalla televisione. Io invece no, non soffro per niente. Trovo che ci siano un casino di cose belle da fare. Ammetto che questa eredità che mi ha lasciata Mike è un’eredità di affetti sconfinata, di cui ancora non mi capacito. Spesso mi domandano ‘Sabina, come mai non sei in televisione?’, ma io non so cosa dirgli. Non dipende da me. Ora comunque è arrivato Coletta…”.

Le piacerebbe ancora condurre un programma tutto suo?
“Beh, sì, mi piacerebbe, soprattutto in Rai. Se non ora quando? Io ho 70 anni. O la televisione me la fanno fare adesso, o mai più”.

C’è qualcosa di assurdo che le hanno proposto in questi anni?
“Di proposte assurde ogni tanto ne arrivano, tipo L’Isola dei Famosi. Un anno sì, un anno no, arriva la proposta. Ma anche il Grande Fratello. C’è da dire che qui non c’è da rifiutare milioni di dollari. Il mio eroismo è molto limitato (ride, ndr). Ci vorrebbe un coraggio da leoni per stare sotto l’occhio delle telecamere per così tanto tempo. È un’esposizione profonda. Più invecchio, più mi rendo conto di quanto stare in video equivalga a stare sotto milioni di sguardi. Devi essere un po’ trasparente, un po’ protetta”.

Lei è diventata famosissima a 19 anni. All’epoca si è protetta troppo o troppo poco?
“Per tutti quei lunghissimi anni ho forse peccato di eccessiva prudenza. Ero figlia del mio tempo, delle rivoluzioni culturali e sessuali. Di deragliamenti, per fortuna, ce ne sono stati pochi. Eppure dai 19 ai 30 anni sono stata molto coinvolta. Facevo una vita incredibile. Sempre in giro, sballottata a destra o sinistra, anche per quelle che venivano chiamate “serate”. Dopo i 30 anni mi sono sposata, ho fatto due bambini, ci sono stati dei problemi di salute in famiglia. La mia vita qualunque ha preso il sopravvento. Passata quella prima fase sopra le righe, dove mi sono anche viziata senza rendermene conto, sono stata fin troppo prudente. All’epoca io ero a contatto con tutti i famosi, dai cantanti ai numeri uno dell’imprenditoria, ma stavo sempre un passo indietro. Ero quasi terrorizzata, non me ne sono mai “approfittata”. Forse per questo sono diventata una cuginetta o un gadget”.

Questa storia del gadget la racconta spesso. Perché si sentiva un gadget? Non è un’etichetta troppo positiva.
“Se il mio rapporto con il pubblico televisivo era di grande affetto, quello con il mondo della cultura era speciale. C’era una grandissima curiosità attorno a me. Mi sono ritrovata nei salotti con Bevilacqua o Fellini, Gianni Agnelli mi richiamava, la segreteria di Andreotti si faceva viva. La gran parte degli intellettuali italiani mi vedevano come un gadget. Gli faceva piacere che io fossi lì, e che fossi esattamente identica a quella che vedevano in televisione. Io mi meravigliavo, ma ero anche disponibile ad accontentare le loro aspettative. Non fraintenda: mi limitavo a sorridere e ad ascoltarli. Per loro ero un gadget, ma nel miglior significato possibile. Non si chiedevano se io fossi davvero come apparivo in televisione. Non gli interessava capire se io fossi felice o se avessi un pensiero strutturato”.

Lei era bella, ambita e pure intelligente: ha mai ricevuto molestie o avances sul lavoro?
“Non mi ricordo di movimenti strani, c’era un grande rigore nel mondo del lavoro. C’è da dire che io mi sono sempre difesa. Sin da ragazzetta mi sono data una linea: niente alcol e niente uomini potenti. Forse proprio perché ero figlia del ’68, se uno era potente io lo guardavo male. Avevo un preconcetto. Moravia disse che il mio era un razzismo anagrafico, e forse aveva ragione. Quando vedevo che c’era un filo di problema sfoderavo questo sorriso disarmante e quasi stralunato, tipico del gadget. Così gli uomini si sentivano depotenziati”.

Ha detto che a Mike facevano sempre le stesse domande, spesso stupide.
“Mike aveva sviluppato una specie di competenza sugli affari italiani. Negli anni mi ha raccontato cose interessanti, ha fatto ragionamenti e valutazioni. Faceva delle previsioni che poi si sono avverate. Era un testimone dei suoi tempi, ma credo che sia stato sottovalutato in vita. C’è questo vezzo di fare sempre le solite domande a questi signori della televisione, senza andare ad approfondire troppo. È successo anche a me negli anni. Lei, in cinquant’anni, è il primo che mi ha fatto una domanda sulle molestie. Non so perché, ma a nessuno era passato per la testa che io potessi essere stata vittima di molestie”.

Cosa non le domandano mai?
“Mi piacerebbe che mi facessero più domande sullo sforzo fatto per cercare di entrare in contatto con l’energia femminile delle donne italiane. Quando mi chiedono “Perché non ci sei in televisione?’, invece, vorrei che capissero che non basta fare televisione tanto per esserci. Ho fatto tante altre cose nella mia vita, come l’imprenditrice o come appunto le battaglie per stare dalla parte delle donne italiane”.

Si è schierata spesso dalla parte delle donne, anche con il progetto UnaQualunque. Le hanno mai proposto di scendere in politica?
“Sì, me l’hanno proposto spesso, da tutti gli schieramenti: destra, sinistra, sopra, sotto. Evidentemente non sono mai stata inquadrata politicamente, forse anche per questo accenno al qualunquismo di mio nonno (Guglielmo Giannini, fondatore del Fonte dell’Uomo Qualunque, ndr). Probabilmente non sono adatta neanche io alla politica. Ma se ci fossero delle candidature femminili interessanti, a me piacerebbe fare un’opera di supporto. C’ho provato un paio di volte ma poi mi sono ritirata perché avevo capito che non era aria”.

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