Sono passati appena venti giorni dall’intervento del presidente francese, Emmanuel Macron, in cui il capo dell’Eliseo rigettava l’ipotesi di un nuovo lockdown, con il Paese che stava affrontando l’inizio della nuova ondata di contagi, allora 2mila al giorno. Da quel giorno, si è arrivati a una media di 7-8mila casi quotidiani, decine di scuole sono state chiuse nuovamente e imposte nuove restrizioni. E oggi arrivano le parole allarmate del presidente del Consiglio scientifico che affianca il governo nelle decisioni in tema di pandemia, Jean-François Delfraissy, convinto che l’esecutivo “sarà obbligato a prendere alcune decisioni difficili entro 8 o 10 giorni al massimo”.

Per il medico, lo stato dell’epidemia in Francia è “preoccupante”: “Ci si può ingannevolmente rassicurare” perché l’aumento della circolazione del virus ha “attualmente poche ricadute” sul sistema sanitario, ma può verificarsi “un aumento rapidissimo, esponenziale, in un secondo tempo”, ha precisato citando “in particolare” la situazione della regione “Provenza-Alpi-Costa Azzurra”.

Alcune situazioni più critiche si sono già presentate, come ad esempio quella nelle strutture di Marsiglia, dove la maggior parte dei posti in rianimazione sono occupati, tanto da convincere le autorità a riprendere a livello regionale i piani di gestione dei ricoveri e di trasferimento dei malati dove c’è disponibilità di posti, come avvenuto nella primavera scorsa.

“La Francia – ha detto Delfraissy – si situa a un livello che ora è preoccupante, che non è quello della Spagna ma che non ne è lontano, con un ritardo forse di una quindicina di giorni, e che è molto più grave di quello dell’Italia“. Per questo, ha sottolineato, “dovranno essere adottate alcune misure e bisognerà decidere entro 8 o 10 giorni al massimo, tenuto conto del ritardo dei risultati di queste misure”. Il medico si è concentrato soprattutto di un rafforzamento della protezione delle persone anziane o con fattori di rischio (diabete, obesità, malattie respiratorie) allo scopo di “creare una specie di bolla attorno a queste persone”. Per il resto della popolazione, “la Francia deve ricominciare a vivere”, ma restando “molto attiva sulla strategia di testare-tracciare-isolare“.

L’evoluzione degli ultimi 20 giorni: scuole riaperte e casi in aumento, ma la quarantena è stata dimezzata
In soli 20 giorni, si è passati da 2mila casi giornalieri a 7-8mila. In totale, stando agli ultimi aggiornamenti del 9 settembre, sono oltre 335mila i contagi confermati dall’inizio della pandemia e oltre 30mila i morti, con il numero dei ricoveri in rianimazione e negli altri reparti che continua a crescere. Situazione ben lontana da quella che, a inizio agosto, aveva convinto 69 comuni a rendere obbligatorio l’uso delle mascherine all’aperto. Obbligo che è poi stato esteso anche alla capitale, Parigi, alla fine del mese, con 21 dipartimenti che, col peggiorare della situazione, furono dichiarati “zona rossa”.

Il 20 agosto, poi, le parole di Macron che respingevano l’ipotesi di un nuovo lockdown: “Il rischio zero non esiste mai”. Tanto che, con il Paese che viaggiava già su una media di 2mila casi al giorno, l’esecutivo ha continuato a portare avanti l’idea di una riapertura delle scuole con l’obbligo di mascherina limitato solo agli adulti durante le lezioni: nessuna disposizione sulle protezioni personali, invece, per bambini sotto gli 11 anni. Inoltre, la Francia aveva anche deciso di non prevedere un limite massimo di studenti per classe, con il distanziamento non obbligatorio se la scuola non era in grado di garantirlo.

Sono passati però appena tre giorni dalla ripresa dell’anno scolastico che, il 4 settembre, già 22 scuole e 100 classi sono state nuovamente chiuse per casi di coronavirus tra studenti o insegnanti. “In Francia ci sono 12 scuole che sono state chiuse, su un totale di 62mila – ha precisato il ministro dell’Educazione francese, Jean-Michel Blanquer – un numero esiguo” a cui si aggiungono 10 scuole a La Reunion, dipartimento francese nell’Oceano Indiano. Appena due giorni dopo, il Paese farà registrare 8.550 nuovi casi in 24 ore, dopo aver sfiorato quota 9mila il giorno precedente. Nonostante questi numeri, altre 48 ore dopo il governo ha deciso di dimezzare il periodo di quarantena obbligatoria per tutti i positivi. Decisione che il ministro della Salute, Olivier Véran, ha motivato spiegando che “siamo più contagiosi nei primi 5 giorni dopo l’apparizione dei sintomi o che seguono la positività di un tampone. In seguito la contagiosità diminuisce in modo molto netto e dopo una settimana resta, ma molto debole”.

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