A inizio maggio, quando l’Italia era ancora in lockdown e le polemiche sulla carenza di mascherine erano all’ordine del giorno, tra il commissario all’emergenza Domenico Arcuri e il Comitato tecnico scientifico scoppiò uno scontro talmente duro da spingere alcuni scienziati all’ipotesi di “rassegnare le proprie dimissioni“. A rivelarlo è uno dei documenti del Cts pubblicati oggi sul sito della Protezione civile. “Grande preoccupazione e profondo rammarico sono emersi da parte di tutti i componenti del Comitato, in ragione di alcune note pervenute dal commissario“, si legge nel verbale del 3 maggio, “interpretabili come una delegittimazione del lavoro svolto dal gruppo”. Cosa contenevano quelle note? Secondo gli scienziati, Arcuri accusava il Cts di “presunti ritardi” e imputava proprio a loro “la responsabilità in toto di un’eventuale mancanza di mascherine sul territorio nazionale a far corso dalla giornata di domani”.

Per capire cos’è successo bisogna fare un passo indietro. Il 28 aprile il commissario all’emergenza Covid emana un’ordinanza per fissare a 50 centesimi il prezzo massimo delle mascherine chirurgiche, visti i rincari registrati nelle settimane precedenti in tutte le farmacie del Paese. In conferenza stampa aggiunge anche che dal 4 maggio la Protezione civile sarebbe stata capace di “distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l’attuale fornitura”. Una promessa che però, alla luce dei documenti diffusi oggi, rischiava di rimanere disattesa. A ridosso di quella deadline, coincidente con l’inizio della cosiddetta fase 2 della gestione della pandemia, Arcuri si presenta al Cts e legge una nota scritta di suo pugno. “Come vi è noto dal prossimo lunedì 4 maggio” è previsto “un uso massiccio dei dispositivi di protezione individuale”. Ecco perché “in questi giorni ho più volte, anche personalmente, sollecitato risposte alle richieste di parere su mascherine chirurgiche e Dpi oggetto di nostre forniture. Purtroppo, non ottenendo tutte le risposte di cui avrei avuto bisogno”. Il commissario chiede quindi agli esperti “di ricevere formalmente, con la massima sollecitudine possibile, tutti gli estratti dei verbali di codesto comitato”. Poi punta il dito contro il Cts, sostenendo che la gestione dell’emergenza non sarà mai efficace “se alla collaborazione tra tutti gli attori istituzionali preposti non si aggiungono altri due elementi: il rispetto del tempo e l’assunzione delle responsabilità necessarie”.

Parole che non vanno giù agli scienziati, consultati da Palazzo Chigi sin dall’inizio della pandemia. La riunione fissata il giorno seguente, riferisce il verbale, si apre con “una accesa discussione sul ruolo e la funzione che il Comitato deve avere a supporto del ministro della Salute e del governo”. La conclusione a cui arrivano è quella di chiedere a Speranza la “revisione del mandato del Cts, emancipando il comitato da competenze che, come più volte sottolineato e ufficializzato, dopo la fine della fase emergenziale devono ritornare nell’alveo della gestione ordinaria“. In caso contrario, “numerosi membri” valutano l’ipotesi di rassegnare le dimissioni. A loro parere, devono essere rimesse alle istituzioni competenti soprattutto le “competenze relative alla valutazione dei dispositivi medici” necessari per contrastare la diffusione del Covid.

Ma non è tutto. Tra gli allegati al verbale c’è una tabella in cui vengono passate in rassegna tutte le” richieste di validazione delle forniture di mascherine e Dpi (facciali filtranti e tute) di cui il commissario chiede evidenza dal 28 aprile 2020“. Gli esperti sottolineano “di non avere alcuna giacenza in ordine a pareri da istruire” e rimandano al mittente le accuse. Lo scontro, finora rimasto segreto, si chiude con una lettera inviata ad Arcuri direttamente da Agostino Miozzo, il coordinatore del Comitato, in cui si legge che “il Cts condivide la preoccupazione da Lei espressa benché risulti assai difficile comprendere la responsabilità imputabile al Comitato tecnico scientifico degli effetti negativi per la popolazione italiana, qualora le risposte ai suoi messaggi non dovessero arrivare entro il pomeriggio del 3 maggio, poche ore dopo la sua comunicazione”. Miozzo aggiunge che “nessuna procedura autorizzativa relativa alle mascherine chirurgiche risulta pendente presso l’Iss”, mentre per quanto riguarda i Dpi l’Inail “ha provveduto anche nel corso della scorsa notte ad ultimare il riscontro delle richieste pervenute, undici delle quali inviate al Cts non prima del 30 aprile”. Nella lettera il coordinatore sottolinea anche il fatto che “la documentazione di accompagnamento alle richieste” di Arcuri “è stata fortemente incompleta”, motivo per cui il Comitato ha impiegato più del dovuto a fornire i suoi pareri. “Non le sfuggirà – conclude Miozzo – come ricevere fascicoli non conformi alle esigenze di istruttoria documentale renda impossibile evadere tempestivamente, secondo scienza e coscienza, i relativi pareri”.

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