Dopo le minacce, ecco i fatti. Il ministero degli Affari esteri della Bielorussia ha ritirato l’accredito a diversi giornalisti stranieri. Tra questi, secondo l’agenzia russa Interfax, vi sono alcuni reporter di Agence France-Presse, Associated Press, Reuters e Bbc. In tutto sarebbero almeno 17 i giornalisti impossibilitati a lavorare: il condizionale dipende dal fatto che al momento non c’è una conferma ufficiale. Nessun dubbio, invece, sull’arresto di tre membri di una troupe televisiva dell’emittente pubblica tedesca Ard, fermati dopo aver ripreso immagini delle proteste contro il regime: dopo il ritiro dell’accredito stampa, i tre sono stati arrestati la scorsa notte davanti al loro albergo e rilasciati questa mattina, almeno a sentire l’emittente regionale Wdr di Colonia. I due operatori tv, di nazionalità russa, sono stati espulsi dal paese, mentre il producer, che è bielorusso, dovrà comparire lunedì in tribunale. “Sono inorridito, il nostro team è stato trattato in maniera inaccettabile”, ha detto Joerg Schoenenborn, direttore dei programmi Wdr, sottolineando che l’emittente pubblica non si farà intimidire.

Secondo il portavoce della diplomazia bielorussa, Anatoly Glaz, la decisione è stata presa in base a una raccomandazione della Commissione interministeriale per la lotta all’estremismo e al terrorismo senza precisare quanti giornalisti siano interessati da questa misura. La notizia, però, è inaspettata solo fino a un certo punto: nelle scorse settimane, infatti, il presidente Alexander Lukashenko ha più volte minacciato i media stranieri di espulsione e diversi giornalisti sono stati arrestati nel corso delle proteste scoppiate in tutto il Paese dopo le elezioni del 9 agosto, che hanno confermato alla guida della Bielorussia Lukashenko, al potere dal 1994.

Il ritiro degli accediti ai report stranieri, però, non è l’unica azione del governo di Minsk contro i media. Sempre nella giornata di oggi, le autorità bielorusse hanno arrestato Aleksandr Vasilievich, co-fondatore delle testate online Kyky.org e The Village Belarus. A riferirlo è stata la moglie di Vasilievich, Nadezhda Zelenkova, ripresa dall’agenzia Interfax. “La misura restrittiva è l’arresto, fino a due mesi durante le indagini preliminari, che può essere esteso fino a 18 mesi”, ha detto la donna.
Secondo l’ong per la difesa dei diritti umani Viasna, gli uffici di Kyky.org e The Village Belarus sono stati perquisiti giovedì.

Nel frattempo, da registrare la presa di posizione di Vladimir Putin in merito alle polemiche che hanno seguito il voto del 9 agosto. In tal senso, la Russia considera “valido” il risultato delle contestatissime elezioni presidenziali bielorusse, ufficialmente vinte dal controverso capo di Stato Aleksandr Lukashenko con l’80% dei voti e contro le quali decine di migliaia di persone hanno protestato nelle scorse settimane denunciando massicci brogli elettorali. “Consideriamo le elezioni valide”, ha detto il presidente russo Vladimir Putin in un’intervista al primo canale della tv di Stato russa. A sentire il capo del Cremlino, poi, il rifiuto dei rappresentanti dell’Ufficio Osce per le istituzioni democratiche e i diritti umani (Odihr) di osservare le elezioni in Bielorussia fa sospettare che la posizione dell’Occidente riguardo a questo processo sia stata “preparata in anticipo”: “Le autorità bielorusse hanno invitato l’Osce a partecipare al monitoraggio delle elezioni – ha detto Putin – Perché non è venuto? Questo ci fa immediatamente pensare che, in fondo, la posizione sui risultati di queste elezioni sia già stata preparata“.

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