In Sicilia le miniere abbandonate e mai bonificate crollano e provocano danni al territorio. È quello che succede per esempio a Racalmuto, in provincia di Agrigento, dove la miniera Racalmuto-Ispea, a causa delle infiltrazioni d’acqua, ha creato alcune voragini. Così dopo il crollo dell’immenso castelletto numero 2, è collassato da anche il castelletto di estrazione del pozzo numero 1, alto circa 17 metri, provocando una immensa cavità di 70 metri di diametro e una profondità superiore ai 30 metri. Le dimensioni sono soltanto stimate ma potrebbero essere più profonde se si considera che le gallerie della miniera arrivavano a una profondità di centinaia di metri.

L’ultimo crollo della miniera – utilizzata fino agli anni Ottanta per l’estrazione dei sali potassici – adesso preoccupa la popolazione. E rischia di provocare danni anche alle altre miniere vicine, ancora attive. Dopo l’allarme il personale del dipartimento Energia della Regione Siciliana si è recato sui luogo insieme al personale del distretto minerario e ai carabinieri utilizzando droni e apparecchiature elettroniche. Tre giorni di lavoro in un posto incustodito e abbandonato, con il cancello aperto. Quella che doveva essere infatti un luogo turistico, con tanto di cartelli segnaletici che raccontano la storia della miniera, ora è soltanto un pericolo per la popolazione e, allo stesso tempo una discarica a cielo aperto. E se a una prima occhiata il secondo smottamento vicino alla prima voragine non lascia presagire nulla di buono, i primi controlli sembrano rassicuranti: “Ad oggi non abbiamo riscontrato problemi per i terreni contigui e per la miniera Italkali oggi attiva”, dice Salvatore D’Urso dirigente del dipartimento Energia alla Regione Siciliana. “Ma dobbiamo approfondire ancora la vicenda – avverte – Intanto abbiamo chiuso e recintato la zona, mentre in futuro procederemo a installare la videosorveglianza per evitare che qualcuno entri in un luogo pericoloso”.

I rischi, infatti, sono molteplici. “La miniera di sali potassici – continua D’Urso – se non bonificata, con le acque piovane potrebbe subire altri smottamenti e far crollare anche le altre strutture. Gli accumuli di sali potassici si sciolgono con l’acqua e così potrebbero causare altre frane”. Per questo motivo periodicamente verranno fatti altri rilievi per comprendere se la voragine continua ad allargarsi. Lo scorso anno anche l’Arpa si era interessata al luogo, prelevando dei campioni d’acqua e constatando di come l’intero sito fosse a rischio crollo a causa della una bonifica mai avvenuta.

La miniera intanto è diventata anche una vera e propria discarica: ignoti negli anni hanno scaricato nella cava copertoni, materiale inerte e addirittura c’è chi al limite del precipizio della voragine, a rischio della propria vita, ha scaricato tonnellate di bibite scadute. Del caso è stato avvisato anche il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che ha ricevuto una relazione presentata dal deputato regionale Giovanni Di Caro, interessatosi al caso. Adesso, dopo la fine dell’Ispea – l’ultimo ente che aveva possesso della miniera e del villaggio oggi abbandonato a questa annesso – tocca ora alla Regione gestire le miniere mai bonificate. Gli enti (ormai liquidati) che hanno sfruttato la terra durante gli anni d’oro dell’estrazione, non hanno messo in sicurezza le cave dopo la chiusura: e i risultati si vedono anche 30 anni dopo.

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