“In Lombardia sembrano esserci segni di indicibili crimini contro l’umanità”, motivo per cui il Comitato ‘Noi Denunceremo’ chiede all’Ue la “supervisione sulle indagini in corso che stanno seguendo centinaia di denunce legali presentate ai pubblici ministeri in tutta la regione”. Questo il contenuto della lettera inviata oggi, lunedì 13 luglio, alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ed al presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo Ròbert Ragnar Spanò da parte del comitato della Bergamasca che chiede verità e giustizia sui morti di Covid-19. Gli articoli citati nella lettera, a cui il comitato fa appello nell’ipotesi di crimini contro l’umanità, sono l’1, il 2 e il 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che riguardano il diritto alla dignità umana e alla vita, nonché all’integrità fisica e psichica. Inoltre, in un caso particolare in cui vengono citate alcune delibere emanate dalla Regione Lombardia, viene chiamato in causa anche l’articolo 32 della Costituzione italiana, secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

“Il virus ha decimato i nostri anziani nelle case di cura” si legge nella lettera, e “lo ha fatto in parte grazie a una direttiva regionale approvata l’8 marzo che suggeriva agli ospedali di trasferire i pazienti con coronavirus a basso rischio in case di cura per liberare alcuni letti e far fronte alla incessante domanda durante tutta l’emergenza”. Secondo i dati raccolti dal Comitato, infatti, “a Bergamo, il 32,7% degli ospiti nelle case di cura ha perso la vita durante i primi quattro mesi dell’anno, mentre 1.600 è il numero riportato nell’intera provincia di Brescia, solo nelle case di cura per anziani”. Inoltre, per via della “delibera n° XI / 2986 del 23/03/2020 è stato impedito ai medici di base di intervenire a visitare i pazienti non ospedalizzati qualora presentassero sintomi riportabili al virus Covid-19, lasciando un monitoraggio esclusivamente telefonico”. Dunque, secondo quanto scritto nella lettera, attraverso una serie di delibere della Regione Lombardia non solo si sarebbe esteso il numero di contagi da Covid-19, ma agli stessi non sarebbe stata garantita la corretta copertura sanitaria.

La “scusa” del Pirellone sarebbe stata quella di “evitare la diffusione del virus, ma in molti – si continua a leggere nel testo della lettera – hanno l’impressione che si volesse utilizzare per coprire il fatto che i medici erano stati lasciati senza dpi – i dispositivi di protezione individuali -, i quali avrebbero dovuto essere forniti proprio dalla Regione”. Per questo motivo, i membri di ‘Noi Denunceremo’ scrivono che “con tale delibera, ci sembra si sia violato l’art. 32 della Costituzione Italiana, ben sapendo che l’intervento tempestivo dei medici su pazienti che presentavano le prime avvisaglie di Covid avrebbe potuto contenere i ricoveri ospedalieri e il collasso delle terapie intensive”.

L’altro caso preso in esame nella lettera inviata ai vertici Ue riguarda la mancata imposizione della zona rossa a Orzinuovi nel Bresciano e nella bassa Val Seriana nel Bergamasco. A riguardo, il Comitato scrive che: “Il 2 marzo e il 5 marzo l’Istituto Nazionale della Sanità ha consigliato al governo di chiudere Alzano Lombardo, Nembro in provincia di Bergamo e Orzinuovi (Brescia). Il prudente sindaco di Orzinuovi e Senatore della Repubblica italiana ha dovuto presentare una interrogazione parlamentare dopo essere venuto a scoprire, leggendo il giornale, che c’erano istruzioni specifiche relativamente alla chiusura preventiva della sua città dopo i primi casi riportati. Sembra tuttavia che queste istruzioni non le abbia mai ricevute. Allo stesso tempo, Alzano Lombardo e Nembro non furono mai chiuse nonostante l’esercito fosse pronto a ricevere la direttiva sull’applicazione della zona rossa”. In questo caso, però, la Regione Lombardia è già intervenuta sostenendo che “spettava al governo centrale dichiarare la zona rossa” mentre, al contrario, “il governo centrale afferma che anche la regione Lombardia avrebbe potuto farlo se lo avesse voluto, addirittura avrebbero potuto intervenire direttamente i sindaci, in base alla legge 833/78, art. 32”.

Il motivo per cui si continui a fare questo “rimpallo delle responsabilità” tra Regione e governo, secondo quanto supposto dai membri del Comitato, fa pensare che “possano sussistere prove di illeciti per i quali nessuno vuole essere ritenuto responsabile”. A riguardo, però, “lasceremo che i pubblici ministeri stabiliscano se tali illeciti rientrano nel diritto penale o si limitano alla sfera politica. Se i pubblici ministeri dovessero stabilire che le mancate zone rosse appartengono alla sfera della politica piuttosto che al diritto penale – continua la lettera -, risulterà chiaro come la decisione di non contenere la diffusione del virus, in accordo con i pareri della comunità scientifica, sia stata intenzionale: una decisione deliberata di sacrificare vite umane, decine di migliaia di vite, per evitare le ripercussioni politiche derivanti dalla messa in sicurezza di tre città economicamente produttive del Nord Italia”. Nell’attesa di una risposta, si legge alla fine della missiva, i parenti delle vittime continueranno a cercare giustizia, “consapevoli del fatto che l’Italia è un paese in cui l’establishment politico è particolarmente abile nell’insabbiare inchieste e creare capri espiatori”.

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