Nessun risarcimento per i medici di base morti a causa del coronavirus perché le compagnie assicurative private, non riconoscono il contagio come infortunio sul lavoro. Come rivelato dal Corriere della sera e denunciato dalla Federazione italiana sindacale medici uniti (Fismu), le famiglie delle 171 vittime tra i camici bianchi e dei 14 farmacisti che sono morti durante la pandemia, al momento non hanno visto riconosciuto nessun indennizzo per la perdita dei loro cari.

E così i medici di medicina generale, quella trincea travolta dal coronavirus e lasciata senza protezioni a curare i pazienti, ricevono l’ennesimo schiaffo. Infatti, a differenza del personale sanitario che lavora per un’ospedale pubblico o privato, al quale l’Inail riconosce l’aver contratto il covid come infortunio sul lavoro, le polizze stipulate dai medici di base o farmacisti o sanitari libero professionisti non operano allo stesso modo. Queste categorie di lavoratori, il cui rapporto con il servizio sanitario nazionale è gestito tramite convenzione, versano a inizio anno tra i 1000 e i 2mila euro per vedersi riconosciuta una protezione. Ma le assicurazioni, secondo il Corriere, si stanno rifiutando di dare gli indennizzi per il covid a meno che il medico non abbia sottoscritto una polizza anche contro “la malattia”. Una circostanza, quest’ultima, che è molto rara visto che le malattie sono coperte dalla sanità pubblica e nella maggior parte dei casi non è ritenuta necessaria un’ulteriore copertura.

Il problema però non è nuovo. “Sulla qualificazione dell’infezione come infortunio”, ha dichiarato al Corriere il sovrintendente sanitario Inail Patrizio Rossi, “c’erano orientamenti opposti tra mondo assicurativo pubblico e mondo assicurativo privato già prima della pandemia. Ma dal punto di vista tecnico-giuridico non c’è alcuna differenza tra il sistema assicurativo pubblico e quello privato sull’interpretazione dell’infezione come infortunio”. Una lettura sulla quale le assicurazioni private non sembrano concordare: “Hanno sempre escluso tutte le malattie infettive dall’indennizzo, a meno che non siano collegate direttamente a una lesione subita in precedenza. Questo è un concetto ormai superato”.

L’Inail ha fatto sapere di aver creato un tavolo di lavoro per trovare una soluzione, ma nel mentre inizia a muoversi il fronte politico. “A me pare incredibile”, ha scritto su Twitter il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. “L’Inail può intervenire?”. Mentre la deputata di Italia viva Maria Chiara Gilda su Facebook ha aggiunto: “Intervenga l’Ivass, l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, per garantire l’adeguata protezione dei medici e sanitari assicurati. Il presidente Daniele Franco valuti se ci sono le condizioni per aprire un’istruttoria”.

“Restiamo basiti”, ha dichiarato la segretaria federale del Sindacato medici Italiani (Smi) Pina Onotri. “L’Inail deve ammettere che in questi mesi i medici di famiglia hanno subito veri e propri infortuni sul lavoro a causa del contagio trasmesso dai loro pazienti. E il riconoscimento dell’infortunio deve essere previsto anche dalle assicurazioni private, che al pari dell’istituto pubblico, non presumono questa copertura”. E la Federazione italiana sindacale medici uniti (Fismu) ha diffuso una nota: “Nessuno ha recepito la nostra denuncia. Si intervenga per onorare davvero i medici vittime della pandemia”. Ad aprile scorso, la Federazione denunciò a ministero e Inail il rischio: “Avevamo spiegato”, ha detto Francesco Esposito, segretario generale Fismu, “a seguito di una chiara circolare dell’Inail (del 3 aprile), e forti di un parere legale dell’avvocato Antonio Puliatti, che in assenza di un intervento legislativo saremmo andati incontro a questa drammatica e grave situazione. Le assicurazioni non pagano, l’Inail non può. Medici di serie A e medici di serie B. Eroi con tutele per infortunio e altri vittime senza diritti e indennizzi. Non si è fatto nulla e ora si andrà a una lunga stagione di ricorsi ai tribunali, affinché sia fatta giustizia. Noi tuteleremo in sede giudiziaria i medici”.

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