Nella crisi del coronavirus abbiamo assistito ad un paradosso: tutto quanto era stato glorificato negli ultimi vent’anni ha fallito e tutto ciò che era stato demonizzato ha retto la situazione. Hanno glorificato il libero mercato, le privatizzazioni e la libertà di impresa. Grazie a queste politiche in Italia non c’erano le mascherine, non ci sono i tamponi e la sanità privata non è servita a nulla.

Dall’altra, la sanità pubblica – o meglio ciò che ne rimane dopo le devastazioni prodotte dai continui tagli – è stata decisiva per combattere l’epidemia e i tanto deprecati dipendenti pubblici – medici ed infermieri – sono diventati degli eroi. La stessa cosa nell’istruzione: la scuola pubblica ha retto l’impatto e gli insegnanti hanno organizzato, prima ancora che venisse loro prescritto, il lavoro di tenuta in rete degli studenti, sia sul piano formativo che esistenziale.

La stessa cosa è avvenuta a livello mondiale: i nostri potenti alleati, a partire dagli Usa, si accaparravano le mascherine, mentre i negletti della terra, i cubani rivoluzionari e socialisti, ci hanno inviato equipe mediche di prim’ordine. In nome di parole desuete, come la solidarietà e l’umanità. Parole che noi comunisti condividiamo con il Papa.

Ce la possiamo raccontare come vogliamo ma la pandemia è stata combattuta dalle strutture pubbliche, dai tanto deprecati dipendenti pubblici – vogliamo farlo il conto dei medici e degli infermieri morti per aver lavorato in condizioni folli? – ed è stata combattuta con le armi della solidarietà e dell’umanità, non della concorrenza e del profitto.

Di fronte a questa situazione il governo cosa fa? Stati generali che saranno aperti dagli interventi della troika – verso cui la platea si genufletterà – e che sono finalizzati ad un gigantesco trasferimento di risorse dallo Stato alle imprese. Sì, perché l’unica cosa che emerge dai progetti del governo è di fare quel che dice Vittorio Colao ma senza dirlo: soldi per le imprese senza alcun vincolo sociale né ambientale.

L’opposizione non si farà vedere perché sarebbe imbarazzante verificare che sulle linee di fondo – la centralità dell’impresa orientata alle esportazioni – la pensano in larga parte nello stesso modo. Noi non siamo d’accordo e pensiamo sia necessario un piano completamente diverso.

In primo luogo occorre garantire a tutte e tutti coloro che non hanno più il lavoro un reddito dignitoso che non duri tre mesi ma fino a quando non vi sia un lavoro pagato come deve essere pagato. In secondo luogo occorre finanziare fortemente la sanità e l’istruzione pubblica: sia sul piano strutturale, sia per fare le assunzioni stabili necessarie, sia per adeguare gli stipendi dei dipendenti. Per non fare che un esempio, a settembre non si può continuare a fare lezioni via web e occorre assumere gli insegnanti necessari per far funzionare la scuola così come recuperare i locali per sdoppiare le classi.

In terzo luogo occorre dar vita ad un piano generale per la riconversione ambientale delle produzioni e dell’economia che veda un forte intervento pubblico e che fissi dei vincoli molto chiari alle imprese beneficiarie dei fondi pubblici: mantenimento dei livelli occupazionali e riconversione ambientale delle produzioni.

Si tratta cioè di uscire dalle follie del liberismo e di usare i soldi pubblici per rafforzare la struttura sociale ed economica del paese a partire da una gigantesca operazione di riconversione ambientale. Perché il coronavirus segnala che l’umanità sta distruggendo il pianeta e che occorre cambiare strada.

Detta in soldoni, la politica del governo non affronta i problemi del paese che sono destinati ad aggravarsi e lascia una prateria alla demagogia di Salvini che punta proprio allo sfascio per presentarsi – con un mojito in mano – come salvatore della patria. Occorre cambiare strada per quanto riguarda sia le spese che le risorse.

E’ infatti evidente che i soldi stanziati a livello europeo sono pochi e arriveranno tardi, non prima dell’anno prossimo. Quest’anno, a fronte di un crollo di 200 miliardi di Pil, avremo solo la possibilità di impiccarci con i prestiti del Mes.

Per questo è necessario fare subito una tassa sulle grandi ricchezze – sopra il milione di euro – che entri a regime rapidamente e porti soldi freschi e per questo è necessario – invece di genuflettersi dinnanzi alla troika – chiedere a gran voce l’intervento della Bce per finanziare direttamente la spesa per l’emergenza.

Occorre cambiare strada. Per questo sabato mattina saremo a manifestare contro il governo davanti a Villa Pamphili, per questo domenica alle 18 daremo vita ad un controvertice per raccogliere le proposte alternative e per questo vi invitiamo a firmare la petizione che chiede l’intervento della Bce.

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