Uno “shock senza precedenti” che porterà a una “marcata contrazione del pil nel 2020″, con una caduta dell’8,3%. Ma il numero più drammatico è quello che riguarda l’occupazione: le “unità di lavoro“, che erano circa 24 milioni a fine 2019, caleranno del 9,3%: equivale a oltre 2 milioni di posti in meno. E nel 2021 ne verranno recuperati meno della metà. Sono le previsioni fatte dall’Istat nella nota sulle “Prospettive per l’economia italiana”. L’unico aspetto positivo è che l’istituto sottolinea più volte che si tratta di stime con “ampi livelli di incertezza“.

Le previsioni sul pil, che nel 2021 dovrebbe riprendersi parzialmente segnando un +4,6%, sono lievemente migliori rispetto a quelle di Bankitalia, che ha prospettato un crollo tra il 9,2 e il 13% seguito da un recupero del 4,8% nel 2021, ma quelle sul lavoro sono ben peggiori dato che via Nazionale pochi giorni fa ha ipotizzato un calo degli occupati pari a 1 milione.

Rispetto alle precedenti stime sul 2020, ricorda Istat, “nel complesso la revisione al ribasso del Pil è stata pari a circa 9 punti percentuali”. I dati dell’Istituto nazionale di statistica “confermano le previsioni del governo” e indicano “una possibile ripresa nel terzo trimestre”, ha commentato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, specificando che per questo “è giusto lavorare intensamente per cogliere la sfida”.

L’istituto di statistica – che aveva rilevato una contrazione del 5,3% nel primo trimestre – sottolinea che “quantificare l’impatto dello shock senza precedenti che sta investendo l’economia italiana è un esercizio connotato da ampi livelli di incertezza rispetto al passato – è il ragionamento dell’Istat – quando la persistenza e la regolarità dei fenomeni rappresentava una solida base per il calcolo delle previsioni”. Il “quadro previsivo presentato va quindi interpretato come una prima sintesi dei risultati delle attività di utilizzo e interpretazione del complesso delle fonti informative disponibili e di adeguamento dei modelli previsivi, e come tale destinato a possibili revisioni nei prossimi mesi, congiuntamente all’arricchimento dell’informazione congiunturale disponibile”.

Nel 2020 è prevista una “caduta” per i consumi delle famiglie (-8,7%) a cui si accompagna anche il “crollo” degli investimenti (-12,5%), a fronte di “una crescita dell’1,6% della spesa” delle amministrazioni pubbliche. L’evoluzione dell’occupazione italiana “è prevista evolversi in linea con il pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%)”. Il crollo è misurato sulle unità di lavoro, calcolate come rapporto tra il totale delle ore lavorate nel Paese e il numero medio di ore di attività di un dipendente a tempo pieno. Risultato: a fronte di circa 24 milioni di unità di lavoro a fine 2019, se ne perderanno più di 2 milioni. Nel 2021 la ripresa sarà solo parziale: +4,1%.

“Gli indicatori disponibili per il mese di maggio mostrano invece alcuni primi segnali di ripresa in linea con il processo di riapertura delle attività”, rileva l’Istituto specificando come ci sia una “inversione di tendenza” nei consumi di energia elettrica “calati in misura marcata nel mese di aprile”. “La ripresa delle attività di produzione e consumo è attesa sostenere un miglioramento del clima economico con un effetto positivo sul pil che, dopo una flessione ulteriore nel secondo trimestre, è previsto in aumento nel secondo semestre dell’anno”, commenta ancora Istat.

Il Covid-19 – spiega l’Istituto – si è manifestato in una fase del ciclo economico italiano caratterizzata da segnali di debolezza (-0,2% la variazione congiunturale del Pil nel quarto trimestre 2019). Nei primi mesi del 2020 gli indici di fiducia delle imprese mostravano una sostanziale stabilità mentre quelli delle famiglie evidenziavano una limitata flessione. Inoltre la produzione industriale aveva registrato un deciso rimbalzo congiunturale a gennaio.

Per quanto riguarda l’inflazione, l’Istat segnala che è tornata a “decelerare” dopo “l’episodica ripresa tra dicembre 2019 e gennaio 2020: “Il tasso di incremento tendenziale dell’indice per l’intera collettività si è attestato a +0,3% nel primo trimestre, si è annullato ad aprile e a maggio è risultato appena negativo (-0,1%), per la prima volta dall’ottobre 2016″. L’evoluzione è stata influenzata dal “contributo fortemente negativo delle voci energetiche (-12,7% a maggio da -2,1% di gennaio); robusti rincari si sono invece registrati per i beni alimentari, a fronte di una domanda più sostenuta e dell’emergere di maggiori costi di produzione soprattutto per alcune voci della componente non trasformata (+3,7% a maggio, +0,1% a febbraio)”, è l’analisi dell’Istituto.

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