L’emergenza coronavirus ha peggiorato la situazione delle madri in Italia, soprattutto per i 3 milioni di lavoratrici che hanno almeno un figlio minore di 15 anni, pari a circa il 30% delle occupate totali (9 milioni e 872 mila). Lo rileva Save the Children, secondo cui per 3 mamme su 4, ovvero il 74,1% delle intervistate, durante il lockdown il carico di lavoro domestico è aumentato, sia per l’accudimento di figli, anziani, persone non autosufficienti, sia per le attività quotidiane di lavoro casalingo.

Dal rapporto dell’organizzazione emerge ancora una volta che essere mamma in Italia non è facile. Nel nostro Paese, infatti, molte madri sono di solito messe di fronte ad una scelta netta: o il lavoro o la vita familiare. L’analisi ‘Le Equilibriste: la maternità in Italia 2020’, dimostra infatti che nelle famiglie più a rischio povertà la cura del nucleo familiare è tutta sulle spalle della donna: il 51,7% si occupa da sola dei figli, il 50,3% fa la spesa, l’80,2% pulisce la casa e lava i vestiti e il 70,5% cucina.

Il Covid, però, aggiunto il carico: sulla base di un questionario somministrato a quasi mille madri dall’Associazione Orlando in piena emergenza virus, per il 74,1% delle intervistate, la quantità di lavoro domestico è aumentata. Nonostante quasi la metà di quelle intervistate (44,4%) stia continuando a lavorare in smart working, tra queste, solo il 25,3% ha a disposizione una stanza separata dai figli e compagni o mariti, mentre quasi la metà (42,8%) è costretta a condividere lo spazio di lavoro con i familiari.

Il ruolo delle mamma, quindi, continua ad essere fondamentale, se non centrale, all’interno della famiglia: solo per una su cinque la situazione di emergenza ha rappresentato un’occasione per riequilibrare la ripartizione del lavoro domestico con le altre persone che vivono insieme a lei (19,5%). Le misure introdotte in marzo con il decreto Cura Italia e rinnovate con il Decreto Rilancio hanno riguardato una platea alquanto ridotta di genitori lavoratori, sottolinea Save the Children: dagli ultimi dati disponibili solo 242mila lavoratori e lavoratrici hanno fatto domanda per il congedo previsto per genitori con figli di età non superiore ai 12 anni, poco più di 93 mila anche le richieste per il bonus baby sitter (alternativo al congedo) di massimo 600 euro.

“Con l’avvio della fase 3, le più penalizzate rischiano di essere le madri lavoratrici, circa il 6% della popolazione italiana – sottolinea Antonella Inverno, Responsabile politiche per l’infanzia di Save the Children – Con la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne, soprattutto quelle con retribuzioni più basse e impiegate in settori dove è necessaria la presenza fisica, rischiano di dover decidere di non rientrare al lavoro”. Chi rimane a casa a lavorare, invece, rischia un “carico eccessivo di lavoro e di cura”. Le mamme, però, non sono preoccupate solo della chiusura dei servizi per la prima infanzia, “ma anche della gestione della didattica a distanza – continua Inverno – che soprattutto per le scuole primarie, necessita di un continuo supporto da parte di un adulto a casa”.

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