“Il piano deve continuare” ma al momento non c’è o almeno non si vede e i sindacati lanciano l’allarme sul rischio di “tensioni sociali incontrollabili” di fronte alle “instabilità”, visto che gli impianti “sono al minimo” e “non ci sono investimenti”. Il governo spinge ArcelorMittal a non deragliare rispetto agli accordi del 4 marzo che hanno chiuso la causa civile dopo il tentativo di fuga della multinazionale dell’acciaio, ma l’amministratore delegato Lucia Morselli prende tempo e l’esecutivo resta attendista ‘concedendo’ i 10 giorni chiesti all’azienda a partire da oggi e dopo i quali si tornerà a discutere. I sospetti su un nuovo disimpegno, però, restano tutti dopo aver preso corpo nelle scorse settimane quando gli affittuari dell’ex Ilva hanno messo in cassa integrazione senza preavviso 1.000 operai.

Una scelta ritenuta “sproporzionata” dai sindacati che, di fronte agli scioperi degli operai, dopo mesi di proteste per essere stati tagliati fuori dalla trattativa, hanno chiesto e ottenuto un faccia a faccia con l’azienda e i ministri Roberto Gualtieri, Stefano Patuanelli e Nunzia Catalfo. Un tavolo al quale ArcelorMittal è arrivata ancora senza piano industriale, con la sola generica promessa dell’ad Lucia Morselli che “sarà pronto tra una decina di giorni”. E confermando “in maniera sostanziale”, ha detto la numero in Italia della multinazionale secondo quanto apprende Ilfattoquotidiano.it, gli impegni presi a marzo. Parole, per il momento, a fronte di quanto sta avvenendo negli impianti di Taranto, Genova e Novi Ligure dove si marcia al minimo.

“Il governo – è stato l’esordio del ministro dello Sviluppo Economico, Patuanelli – ritiene che ci siano le condizioni per proseguire con il piano industriale previsto dall’accordo del 4 marzo, anche con le difficoltà causate dal Covid-19″. E la presentazione del piano industriale, ha precisato, “è un elemento imprescindibile da cui partire”. Sulla stessa linea anche il Tesoro: “Siamo consapevoli che il Covid ha prodotto rallentamenti e situazioni complicate da gestire ma pensiamo, e incoraggiamo a farlo, di procedere lungo la strada dell’accordo di marzo”, ha detto Gualtieri definendo “ragionevoli” i dieci giorni chiesti per la presentazione del piano industriale e ribadendo che lo Stato è “disponibile” a “intervenire direttamente per avere Ilva forte, che produca tanto, che sia leader mondiale, che abbia 10.700 occupati, che faccia investimenti significativi”.

A Morselli è toccato spiegare qual è la situazione, di fronte all’aspettativa del governo della “conferma degli impegni condivisi”. L’amministratore delegato ha confermato di voler “onorare fino in fondo” quanto stabilito a marzo. “L’intenzione è sempre la stessa della firma di questo accordo anche con le difficoltà causate da Covid – ha ribadito – Vogliamo andare avanti e rispettare impegni”.

Il piano industriale, però, ancora non c’è: “La ripresa del mercato dell’acciaio non e uniforme nel mondo, non si è stabilizzata. Abbiamo lavorato molto al piano industriale ma gli scenari cambiano ogni 24 ore, per i prodotti e fornitura di materie prime”, ha aggiunto precisando che ArcelorMittal sarà pronta per presentare il piano “tra una decina di giorni”. Taranto, ha aggiunto Morselli, “sta lavorando al 75% con due forni” a fronte di una “riduzione del fatturato del 60%” e il terzo forno “potrebbe essere riacceso entro 24 ore”, assicurando che l’azienda “vuole mantenere l’integrità” degli impianti del siderugico jonico e la “sua importanza a livello europeo”.

Sostanzialmente, secondo i sindacati, si tratta di un bluff. La realtà, dice il segretario generale della Uilm Rocco Palombella, è “completamente diversa rispetto a quello che ci viene rappresentata” e “se non mettiamo mano al piano industriale si rischiano forti tensioni sociali, che non siamo nelle condizioni di controllare”. Per il numero uno dei metalmeccanici della Uil, è “vero che c’è una contrazione del mercato, ma non tale da fermare gli impianti”. Un punto sul quale si è acceso lo scontro con Morselli, che ha risposto a muso duro.

I lavoratori in cassa integrazione o a casa senza assegno “sono 10mila tra dipendenti, Ilva in amministrazione straordinaria e indotto, anche a causa del blocco dei lavori di ambientalizzazione”, accusa Palombella. “Che futuro avranno i 1.700 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria che dovevano rientrare a lavoro nel 2023? E i 4mila dell’indotto, oltre ai 5 mila dipendenti in cassa? – si chiede il segretario della Uilm – Chiediamo che da subito ci sia intervento del governo, garante degli accordi”.

“Non conosciamo né piano industriale, né la composizione societaria e il possibile ingresso pubblico del governo. Durante la pandemia si è chiesto di lavorare, ora finita la fase di blocco, dovuta all’emergenza Covid-19, tutti gli stabilimenti sono al minimo e gli investimenti non ci sono. C’è una situazione di instabilità e nessuna prospettiva sul futuro. È un quadro assolutamente inaccettabile”, è stato l’attacco di Francesca Re David, segretaria della Fiom-Cgil. che ribadisce la richiesta di un intervento del governo e che i sindacati “non ci stanno a essere chiamati solo per gestire gli esuberi e la cassa integrazione”. E avvisa: “Non accetteremo licenziamenti”.

Il “problema vero”, aggiunge la Uilm è di “prospettiva”, visto che i sindacati “non conosco nessun piano se non quello dell’accordo del 6 settembre 2018”, ormai superato nei fatti dall’intesa tra governo e azienda, che prevede anche la possibilità di addio della multinazionale a dicembre pagando una penale da mezzo miliardo di euro. “Se il vostro piano – ha attaccato Palombella – è quello dei sogni o di impegni irrealizzabili con assetti societari misti futuribili, siamo fronte a disastro occupazionale, economico e ambientale”.

Twitter: @andtundo

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