Dopo il crash del sito Inps nella prima giornata utile per presentare le domande, il bonus di 600 euro riservato dal decreto cura Italia a lavoratori autonomi, commercianti e professionisti era stato il primo aiuto ad arrivare effettivamente sui conti dei cittadini. Da qualche giorno però sul web è scattato l’allarme restituzioni. Davvero l’istituto previdenziale sta chiedendo indietro l’indennità? “Finora ci risultano pochi casi”, racconta Vincenzo Silvestri, consigliere nazionale dell’ordine dei Consulenti del lavoro. “Si tratta di persone che in effetti non rientravano tra i destinatari previsti“. L’altro problema rilevato dai consulenti sul fronte degli aiuti ai lavoratori danneggiati dalla pandemia riguarda la cassa integrazione per Covid: la cifra stanziata per le prime nove settimane risulta esaurita e, in attesa del decreto Rilancio, l’istruttoria delle pratiche presentate negli ultimi 15 giorni è ferma.

Sul fronte dell’indennità da 600 euro, quel che è successo è che, vista l’urgenza, i versamenti erano stati avviati senza controlli preventivi. All’11 maggio, le domande accolte risultano essere 3,7 milioni. Ora però l’Inps ha avviato le verifiche ex post sui beneficiari. E chi non ricadeva nella platea degli aventi diritto “ha ricevuto una richiesta di chiarimento“, spiega Silvestri a ilfattoquotidiano.it. “E’ accaduto ad alcuni amministratori di società iscritti alla gestione separata”. Se effettivamente i soldi non spettavano, andranno resi. Vale, per esempio, per chi percepisce il reddito di cittadinanza o è titolare di un trattamento pensionistico diretto, casistica che comprende anche i beneficiari di pensioni di reversibilità ma solo se il coniuge scomparso già percepiva l’assegno (non se viene chiesto dopo dal superstite, facendo valere gli anni di anzianità contributiva maturati prima della morte).

Esclusi dalla platea anche gli autonomi iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, i lavoratori stagionali con contratto diverso da quello del turismo e degli stabilimenti balneari, i lavoratori dello spettacolo che nel 2019 non abbiano totalizzato almeno 30 giornate di contribuzione. Criteri discutibili che escludono molti lavoratori in grande difficoltà – non a caso il decreto Rilancio dovrebbe allargare le maglie, pur fissando limiti di reddito – ma previsti nero su bianco nel cura Italia. Che l’Inps deve tradurre in pratica.

Per quanto riguarda la cassa integrazione, oltre ai fortissimi ritardi di quella in deroga gestita dalle Regioni negli ultimi giorni è poi emerso un altro problema. “I fondi per il trattamento Covid sono finiti, quindi Inps si è fermato nella valutazione delle domande in attesa dei necessari finanziamenti”, dice Silvestri. “Ce ne siamo accorti lunedì: andando a controllare l’avanzamento di alcune pratiche presentate almeno 10-15 giorni fa abbiamo scoperto che erano rimaste nel limbo”. Peraltro non è detto che gli 1,3 miliardi stanziati per Fis e cigo siano davvero stati utilizzati interamente: “Questo si saprà solo dopo aver verificato l’effettivo tiraggio: un’azienda potrebbe aver chiesto un totale di 7mila ore e non averle fruite tutte. Potrebbe risultare che avanza qualcosa. Ma per ora l’istituto non è in grado di saperlo”. Così non resta che aspettare Godot, il decreto che doveva chiamarsi “Aprile” ma è slittato più volte e se tutto va bene vedrà la luce martedì sera. La buona notizia è che a oggi praticamente tutti i 5,4 milioni di beneficiari di cigo hanno ricevuto i soldi, come anticipo dal datore di lavoro (3,9 milioni) o direttamente dall’Inps (1,5 milioni di persone). Idem per l’assegno ordinario, versato a 1.573.882 lavoratori dall’azienda e a 1.431.608 con pagamento diretto.

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