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di Bianca Leonardi

Silvia Romano è libera.
Quella ragazza dagli occhi dolci e il sorriso sincero è viva e oggi arriverà in Italia per regalare a sua madre la più incredibile festa della mamma.

Quella Silvia che è diventata figlia di un’Italia che da quel maledetto 21 novembre 2018 l’ha aspettata, quella notte in cui in un villaggio vicino Malindi alcuni individui, sicuramente non degni di essere chiamati uomini, hanno strappato via lei con tutti i suoi sogni e tutta la sua avida giovinezza.

Dopo 18 interminabili mesi densi di inimmaginabile dolore e rispettosi silenzi, il giorno del ritorno è arrivato e sembra un miracolo. Nessuno sa cosa Silvia abbia passato in tutto questo troppo tempo, nessuno osa immaginarlo perché è troppo anche solo da pensare, è immorale anche solo credere di poter sapere cosa questa giovane donna abbia visto, sentito, vissuto e forse è meglio così.

Silvia Romano arriva in un’Italia diversa da quella che ha lasciato come un miraggio, come uno di quei film a lieto fine che nella vita vera non succedono mai e si porta con sé quella libertà che all’Italia proprio adesso sembra mancare. In un paese come il nostro dove ci sentiamo soffocare nelle nostre case con giardino il ritorno di questa ragazza è l’esempio di quanto tutto sia relativo e di quanto il naturale, quanto umano, egoismo di noi tutti ci porta troppo spesso a non guardare oltre al proprio naso.

Silvia forse non è un’eroina, non si merita nemmeno quella superficiale adorazione di sconosciuti che troppo spesso dilaga in una società che parla tanto e pensa un po’ meno: Silvia è e deve essere un’occasione per renderci consapevoli che c’è tutto un mondo fuori dalle nostre finestre che corre veloce e che non aspetta nessuno, che può essere così crudele quanto sorprendente, che spesso i nostri sogni prendono direzioni pericolose ma non per questo non sono degni di essere inseguiti.

Silvia, come tanti altri, ha inseguito il suo sogno, con quel coraggio e quella ingenuità di quei 20 anni in cui ci si sente in grado di cambiare il mondo e tutti, nessuno escluso, ha il dovere di tacere di fronte a un’anima così pura racchiusa in un corpo così piccolo.

Per tutti quelli che “è andata a cercarsela”, “l’hanno riportata a casa con i nostri soldi”, “se stava a casa non le succedeva”: sì, Silvia è andata a rincorrere il suo futuro, che le ha riservato una tremenda sorpresa, è andata a cercare di oltrepassare quei limiti etici e culturali che solitamente noi tutti combattiamo comodamente dal divano, è andata con quel fardello di paure misto ad adrenalina e no, non importa come e in che modo sia tornata in Italia, perché di fronte a una storia come la sua conta solo l’umanità di una figlia che torna a casa dopo un lungo ed estenuante viaggio.

Silvia è quello di cui l’Italia aveva bisogno, ora come mai prima, è l’esempio di quella generazione che spesso sembra confusa e opaca ma che in realtà è portatrice di quella tenerezza e di quelle ambizioni che ci rendono tutti un po’ più ottimisti nei confronti del futuro.

Silvia aveva un sogno che le è stato strappato senza giustizia e senza chiederle il permesso, Silvia ha combattuto un inferno con le braccia di una bambina, Silvia non dimenticherà, perché non si può dimenticare la paura che toglie il respiro ma in fondo al suo cuore, forse, c’è ancora quella voglia di sperare in un mondo migliore, quella generosità di donare senza chiedere niente in cambio, forse negli occhi di Silvia arderà ancora quel fuoco di vita che qualcuno ha provato a spegnere.

Sicuramente Silvia tornerà a brillare, magari non oggi e nemmeno domani, ma quando lo farà capirà che tutto il suo dolore non sarà stato inutile e che la sua strada, piena di passione e traguardi, è ancora lunga da percorrere.

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