La ricapitalizzazione delle aziende non finanziarie in crisi a causa dell’emergenza coronavirus potrà avvenire con denaro pubblico “solo quando non ci siano soluzioni alternative“, il capitale investito dovrà essere “sufficientemente remunerato” e gli interventi non potranno riguardare aziende già in difficoltà prima del 31 dicembre 2019. Questi alcuni dei paletti fissati dalla Commissione Ue nel dare oggi il via libera all’estensione delle deroghe già introdotte per gli aiuti di Stato il 19 marzo e il 3 aprile e consentire così l’intervento pubblico nel capitale e l’emissione di debito subordinato. Un via libera atteso dal governo per mettere a punto la parte del decreto rilancio che riguarda gli aiuti agli impresi: il testo è atteso in consiglio dei ministri nel finesettimana e prevede il sostegno alla ricapitalizzazione per le aziende fino a 50 milioni di fatturato, arrivando poi alle più grandi su cui dovrebbe agire direttamente Cdp.

“Continuiamo a lavorare in stretto contatto con i Paesi membri per assicurare che le imprese europee possano soddisfare l’urgente necessità di liquidità“, ha detto la commissaria Ue alla concorrenza Margerethe Vestager. “Le nostre regole ora consentono che questo sostegno ci sia anche attraverso il ricorso al debito subordinato” e alle ricapitalizzazioni. Questo, ha osservato ancora Vestager ricordando i paletti posti dalla Commissione, assicurando però una “adeguata remunerazione” del denaro dei contribuenti, ma anche applicando restrizioni come “il divieto di distribuzione di dividendi e di versamento di bonus” e altre misure “per limitare la distorsione della concorrenza”.

Innanzitutto, gli aiuti alle ricapitalizzazioni dovranno essere concessi solo nel caso in cui non ci siano altre soluzioni possibili. E a fronte di un evidente “interesse comune”, come ad esempio il contenimento della disoccupazione o la necessità di evitare il fallimento di un’azienda di importanza strategica. L’intervento pubblico dovrà poi essere limitato ad assicurare il funzionamento dell’impresa.

Per garantire che non ci siano distorsioni della concorrenza all’interno del mercato unico gli aiuti non potranno andare alle società già in crisi prima del 31 dicembre 2019. E fino a quando lo Stato non recupererà il 75% del capitale investito, le aziende beneficiarie non potranno acquisire quote superiori al 10% in aziende concorrenti od operanti nello stesso settore.

Il tempo limite per il ritorno alle redditività delle aziende aiutate è fissato in sei anni per quelle quotate e in sette per tutte le altre. Superato questo limite, il competente governo dovrà presentare a Bruxelles un piano di ristrutturazione. Fino a quando lo Stato non sarà completamente uscito dal capitale delle aziende sono inoltre vietate operazioni di buyback, oltre alle già citate distribuzioni di dividenti e di bonus. Nel caso di debiti subordinati, le nuove regole prevedono che non possano essere convertiti in azioni.

La Commissione ha previsto che le deroghe introdotte con la decisione odierna, in funzione delle dinamiche e dei tempi delle crisi aziendali dovute al coronavirus, scadranno solo nel giugno del 2021, mentre per quelle decise in marzo e aprile la scadenza è stata fissata al 31 dicembre 2020.

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