Adolescenti italiani bocciati sulla conoscenza e la comprensione dei concetti e dei rischi finanziari. Uno studente su cinque non possiede le competenze minime necessarie per prendere decisioni finanziarie responsabili e ben informate. E la scuola non fa abbastanza per alfabetizzare i quindicenni del nostro Paese che preferiscono avere come fonte d’informazione i genitori o la rete al posto degli insegnanti.

È la fotografia presentata oggi dall’Invalsi che ha illustrato in una conferenza online i dati dell’indagine Ocse-Pisa Financial literacy 2018 che ha coinvolto 117.000 studenti, tra cui 9.122 ragazzi italiani, rappresentativi di circa 13,5 milioni di quindicenni dei 20 Paesi partecipanti. Numeri che preoccupano la presidente Anna Maria Ajello e il direttore Giovanni Ricci che hanno analizzato i dati con i referenti Invalsi dell’area ricerche internazionali, Laura Palmiero, Sabrina Greco e Carlo Di Chiacchio.

Il primo punto sul quale soffermarsi è la classifica internazionale: l’Italia si colloca al di sotto della media Ocse (505 punti), con 476 punti. Il nostro punteggio non si differenzia da quello della Slovacchia ed è ben inferiore a Estonia, Finlandia, Canada, Polonia e Australia che stanno ai primi posti. Anche in questo caso il nostro Paese è diviso in due: i ragazzi del Nord-Est e del Nord-Ovest ottengono risultati più elevati dei loro coetanei del Sud e delle Isole, mentre gli studenti del Centro si collocano in posizione intermedia.

Ad emergere dalla ricerca è anche la differenza di genere: stavolta i maschi ottengono punteggi migliori delle femmine e riescono a risolvere compiti più complessi in percentuale maggiore. Uno strano caso: “Nella maggior parte dei Paesi – hanno spiegato i ricercatori – non ci sono differenze significative, ma l’Italia è uno dei tre Stati in cui c’è una difformità importante a favore dei ragazzi. Uno scarto che emerge sia tra gli studenti più bravi, sia nei licei che nei tecnici”.

Interessante vedere anche quali sono le fonti d’informazione dei nostri quindicenni: nove studenti su dieci hanno indicato i genitori, otto su dieci internet, sei su dieci la televisione e la radio e solo quattro su dieci hanno pensato a maestri e professori. Ma anche in questo c’è una differenza tra ragazzi e ragazze: i primi preferiscono informarsi con gli amici e attraverso la lettura di riviste, le seconde scelgono di parlarne con i genitori e i docenti.

La literacy finanziaria cambia anche a seconda del contesto sociale: i ragazzi che provengono da famiglie socio-economicamente avvantaggiate si rivolgono a mamma e papà mentre chi è nato e cresciuto in famiglie svantaggiate sceglie di consultare amici e insegnanti.

Sui temi affrontati nel contesto familiare, gli adolescenti italiani parlano più dei soldi per le cose che desiderano comprare e meno del budget della propria famiglia. Il termine più conosciuto è “stipendio” mentre il meno noto è “interesse composto”. “Sia in Italia che a livello medio Ocse – sottolineano i ricercatori – chi ha imparato a scuola un numero maggiore di termini ha una sua competenza finanziaria più elevata. Purtroppo, in media, gli studenti italiani affrontano attività o compiti di educazione finanziaria a scuola in misura minore degli altri ragazzi dei Paesi Ocse”.

Prendendo la lente d’ingrandimento per analizzare i risultati risalta il fatto che c’è una differenza anche tra scuola e scuola: i liceali presentano una literacy superiore a quella degli studenti di altri istituti, mentre coloro che frequentano i professionali e i tecnici sono simili tra loro e sono quelli in maggiore difficoltà. Infine c’è da constatare che i risultati del nostro Paese non si discostano da quelli del 2012 e del 2015.

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