Musica

Coronavirus, i live estivi verso lo slittamento di un anno: “Ma cambierà tutto per concerti, cinema, teatri: ingressi ridotti, scaglionati, a orari diversi”

Il mondo della cultura è col fiato sospeso a causa del Covid-19, in attesa che il comitato tecnico-scientifico e il governo diano delle direttive sulla ripresa dei contatti sociali ma anche di tutte le attività culturali. A FqMagazine l'assessore alla cultura di Milano Filippo Dal Corno traccia un quadro per il futuro culturale della città e del Paese. Una cosa è certa: nulla sarà come prima e anche i cinema, i teatri e i concerti dovranno cambiare radicalmente l'organizzazione

di Andrea Conti

Il mondo della cultura in Italia è ‘appeso ad un filo’. Non solo i cinema e i teatri ma anche la filiera dei concerti chiede al governo risposte certe ed immediate. Tiziano Ferro si è fatto portavoce per quanto riguarda i tecnici e gli operatori del settore (ma anche per chi ha acquistato i biglietti) per avere delle risposte, in modo da organizzarsi per tempo ed evitare un impatto economico drastico su tutta la macchina organizzativa dei live. I booking delle agenzie live si stanno già adoperando per bloccare le date negli stadi per l’estate del 2021 in modo che, qualsiasi decisione venga presa dal governo, si possa riprogrammare tutto ufficialmente e per tempo. Nel 2021 non ci saranno infatti solo gli eventi previsti nel 2020, ma anche i progetti nuovi di molti altri artisti che poi andranno in tour. Ecco perché le agenzie, collaborando tra loro, stanno già organizzando l’agenda per il prossimo anno. Nel frattempo abbiamo incontrato Filippo Del Corno, assessore alla cultura di Milano, per capire quali saranno le prospettive nel mondo della cultura post pandemia, non solo del capoluogo lombardo, ma in tutta Italia.

A Milano sono stati riprogrammati eventi come il MiArt (11-13 settembre) ai padiglioni di Milano City, ArtWeek (7-13 settembre), mentre il Salone del Mobile è slittato al 2021. Soprattutto rimangono in sospeso altri eventi live come gli i-Days (dal 12 giugno con Vasco Rossi previsto il 15 giugno), il Milano Summer Festival all’Ippodromo (dal 10 giugno) e Radio Italia Live del 7 giugno. Per non parlare poi dello Stadio San Siro che dovrebbe accogliere Tiziano Ferro (5/6/8 giugno), Salmo (14 giugno), Ultimo (18 e 19 giugno), Cesare Cremonini (27 giugno) e Max Pezzali (10 e 11 luglio).

Quale sarà l’impatto di questa pandemia sul tessuto culturale di Milano?
Dal punto di vista culturale il sistema complesso di Milano in questi anni ha avuto una esplosione che ha portato effetti entusiasmanti ma anche contraddittori. Questa proposta ramificata dovrà cambiare passo ed esser ripensata. È chiaro che bisognerà agire secondo altre regole e credo che le nuove generazioni, che dovranno diventare architetti e progettisti del futuro di questa città, dovranno focalizzarsi con maggiore attenzione e selettività sugli asset più importanti.

Cosa accadrà ai grandi eventi culturali e live previsti a Milano in estate?
Difficile rispondere a questa domanda. È evidente che non abbiamo un quadro certo delle prescrizioni medico-sanitarie per questa estate ed è quindi difficile parlare di un possibile avvio delle attività che comportino l’assembramento. In assenza di informazioni certe possiamo procedere con il buonsenso, attivare la consapevolezza che le manifestazioni si faranno con un drastico contingentamento degli afflussi e ridimensionamento delle capienze, vista l’eccezionalità della situazione. Poi gli organizzatori stessi in questo momento possono rimandare, cancellare o riprogrammare per il prossimo anno i concerti. Al momento non abbiamo una indicazione univoca, non abbiamo un calendario della data di partenza.

L’assessore allo spettacolo del comune di Messina, Pippo Scattareggia, ha dichiarato che gli organizzatori del tour di Tiziano Ferro e Ultimo hanno già chiesto di spostare le date. Per gli stadi di Milano cosa le risulta?
C’è in atto un ragionamento complessivo. Sicuramente sulla ripresa delle attività ci sono già delle discussioni in atto tra tutti gli operatori dello spettacolo e le agenzie live: si ha la possibilità di riprogrammare le attività. Gli operatori lavorano anche con grande autonomia di pensiero e tutti fanno un ragionamento semplice e chiaro: se c’è l’ipotesi di realizzare nuovi spettacoli con regole e condizionamenti sanitari forti, diventa opportuno riprogrammare tutto, anche dal punto di vista della capienza.

Condivide l’appello di Tiziano Ferro al governo affinché si diano date precise, in modo da organizzarsi con gli spettacoli e dare risposte certe a chi lavora dietro le quinte?
È auspicabile ma vorrei anche porre l’attenzione sulla riflessione dell’emergenza sanitaria che è globale e determina una interdipendenza di tutto il mondo. Per cui è molto difficile dare delle risposte. Mi assumo anche la responsabilità di assumere decisioni a fronte di una situazione che cambia, di giorno in giorno, su prospettiva globale. Quindi sono per la cautela al momento, anche perché dobbiamo – qualsiasi decisione prendiamo – stare attenti a quello che succede negli altri Paesi del mondo. Se non si risolve anche altrove questo problema, con i flussi dei turisti e degli operatori sul nostro territorio, poi ci possono essere dei rischi di ripresa della pandemia.

Il 12 marzo ha spedito, insieme ad altri assessori, una lettera al governo per chiedere lo stato di crisi per il settore culturale. Avete avuto delle risposte?
Risposte molte incoraggianti con i tavoli che abbiamo aperto, sia con il ministro dei beni culturali e del turismo Dario Franceschini, sia con la ministra del lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo. Abbiamo ottenuto due risultati importanti: un fondo straordinario di emergenza da destinare agli enti lirici, alle orchestre fino alle grandi organizzazioni dei Festival, ma abbiamo anche pensato ai soggetti più piccoli e fragili attivi nel territorio che spesso operano in quartieri difficili, alle piccole associazioni che in genere fanno un lavoro culturale dal basso e per il basso. Poi per il secondo fondo, in concertazione con il ministero del lavoro, abbiamo fatto in modo che nelle misure rientrassero anche i lavoratori precari, tecnici del settore e prestatori d’opera a partita iva, anche a coloro che hanno contratti di intermittenza. Tutte figure professionali, che saranno anche sostenute dal futuro reddito di emergenza.

Gli enti lirici prospettano per la riapertura, anche la possibilità dello streaming con pochissimi spettatori in platea e le orchestre distanziate. Può essere una possibilità?
Penso che si debba capire che ci troviamo in una situazione d’emergenza, non si può pensare al contagio ma ad una ripresa graduale delle attività che poi porta con sé anche questa ipotesi e un nuovo modo per rientrare nei teatri, come al cinema o ai concerti. Dobbiamo pensare che sarà un po’ come mettersi in fila per entrare in un aereo, con gruppi scaglionati in ordine alfabetico e magari anche a orari scaglionati. Non dobbiamo pensare che le attività streaming siano sostitutive alla visione live di uno spettacolo, ma possono accompagnare progressivamente alla ripresa. Importante anche che lo streaming sia gratuito se si pensa alla contingenza del momento legata all’emergenza, ma poi va fatto un ragionamento per tramutarlo a pagamento. Su questo sono severo: dobbiamo salvaguardare la cultura che sia accessibile, ma anche sostenibile e a pagamento come corrispettivo di un biglietto. Di fatto la cultura è un lavoro e come tale deve essere retribuito con un valore economico.

Il concerto a Pasqua nel Duomo di Milano di Bocelli, ha fatto il giro del mondo. Qual è stato il vostro messaggio?
Volevamo dare un messaggio di speranza. Non si è voluto fare concerto di Pasqua vero e proprio, ma un live unico, lanciato da un artista mondiale che rappresenta – per la sua storia professionale e umana – una speranza di riscatto e di successo. La sua esibizione in una Piazza del Duomo vuota, sospesa e irreale, è stata anche da auspicio affinché possiamo tornare tranquillamente al contatto umano in un tempo non lontano.

A proposito di Duomo di Milano, il 7 giugno era previsto l’evento Radio Italia Live. Quali sono gli sviluppi ad oggi?
Stiamo ragionando insieme agli organizzatori con un dialogo continuo. L’evento di Bocelli ha dimostrato che, in certi casi, si può pensare a forme in cui l’espressione artistica trova modalità di diffusione in relazione alla dimensione irreale dell’assenza contatto fisico e sociale. È ancora presto per un indirizzo definitivo. Bocelli con la sua esibizione ha incarnato la speranza per il futuro: penso anche che un segnale forte possa essere imporre una sorta di pausa, rispetto a un altro tipo di attività, che si possa cioè dare un appuntamento di responsabilità per il futuro.

Qual è il vostro indirizzo per il futuro della musica e della cultura?
Da parte di tutti noi operatori – che siano assessori, artisti o imprenditori – c’è una grande responsabilità e l’attenzione a non forzare la mano. Non chiederemo in nessun modo deroghe, ci atterremo al mondo della medicina e della scienza, non credo sia il momento di puntare i piedi.

Nel frattempo i tempi per la riapertura della città sembrano allungarsi: i numeri dei contagiati crescono. Che succede?
In questo momento i milanesi stanno facendo tutto il possibile, attenendosi alle strategie di contenimento, annullando di ogni forma di rapporto sociale. Nonostante tutto il risultato è che la curva del contagio sale. Penso ci sia qualcosa di sbagliato nella gestione della Regione Lombardia, non è vero che dipende dai cittadini milanesi. Ho un paio di idee su quello che sta accadendo.

Che idea si è fatto della gestione dell’emergenza?
Non è sufficiente sapere il numero dei contagiati ma anche la tracciabilità, capire dove sono, chi sono e la loro diffusione. Si era pensato che l’emergenza fosse la terapia intensiva, ora quell’aspetto è sotto controllo perché non investire tutto su linee politiche e di prevenzione lungimiranti? Non possiamo chiedere alla città di restare chiusa. Nella regione più produttiva d’Italia non è concepibile l’assenza di Milano. Inutile, ripeto, dare la colpa ai cittadini visto che statisticamente i rilevamenti degli spostamenti ci dicono che stanno rispettando le misure di contenimento. Dara la colpa a loro è la cosa più sbagliata.

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