Il mutuo non può superare i 250mila euro e non deve beneficiare di altre garanzie pubbliche come il Fondo Prima Casa. Poi occorre che sia in ammortamento da almeno un anno e che l’eventuale ritardo nel pagamento delle rate non sia superiore a 90 giorni. Sono alcune delle condizioni previste per avere accesso al Fondo di solidarietà per la sospensione fino a 18 mesi delle rate dei mutui sulla prima casa. Il governo con il decreto Cura Italia ha ampliato la platea dei beneficiari, ma le associazioni dei consumatori sono critiche su molti punti del provvedimento attuativo.

Come funziona esattamente il fondo? Secondo quanto riferisce una nota congiunta del Tesoro e dell’Abi possono far richiesta della sospensione della rata coloro che hanno contratto un prestito non superiore ai 250mila euro per l’acquisto della prima casa. La sospensione potrà essere al massimo fino a 18 mesi. Ma, secondo quanto riferisce Consap, il mutuo deve essere in ammortamento da almeno un anno al momento della presentazione della domanda. Potranno domandare la sospensione delle rate i dipendenti che abbiano subito uno stop all’attività lavorativa per 30 giorni o la riduzione dell’orario pari al 20% dell’orario complessivo. Anche per ragioni di salute.

Inoltre potranno presentare domanda gli autonomi e i liberi professionisti che abbiano subito un forte rallentamento dell’attività, con una riduzione del fatturato superiore al 33% rispetto a quello registrato nell’ultimo trimestre 2019. Tutti dovranno presentare idonea documentazione sullo stop all’attività lavorativa. Per gli autonomi sarà necessaria l’autocertificazione prevista nel modulo della domanda di accesso al beneficio. Sul piano pratico, il periodo di congelamento della rata sarà direttamente collegato a quello di sospensione del lavoro. Ci potrà essere uno slittamento di “6 mesi, se la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro ha una durata compresa tra 30 giorni e 150 giorni lavorativi consecutivi”.

Chi ha i requisiti e vuole aderire al Fondo dovrà compilare il modulo disponibile sul sito Consap e presentarlo direttamente in banca senza necessità dell’Isee. Non sono previste commissioni extra o spese di istruttoria. Ma anche su questo punto le associazioni dei consumatori suggeriscono di stare in allerta. A questo punto, secondo quanto si legge nel decreto attuativo del 28 marzo 2020, il fondo è attivato e “provvede al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione”.

In pratica, lo Stato si farà carico della metà degli interessi che la banca otterrà in più rispetto all’originario periodo di mutuo. Il resto sarà dovuto dal creditore. Per la quota pubblica, il governo ha stanziato 400 milioni nel 2020 che si aggiungono a 25 milioni già in dotazione al fondo. Tuttavia la relazione tecnica al provvedimento ricorda che il fondo gestito da Consap opera fino a concorrenza delle risorse disponibili.

“La proposta del governo va a vantaggio principalmente degli istituti di credito, non dei consumatori“, commenta Antonio Tanza, presidente dell’Adusbef. “Quando si parla di sospensione, significa semplicemente che le rate vengono spostate alla fine del periodo inizialmente previsto per il mutuo. Ovviamente si generano nuovi interessi. Fortunatamente i tassi sono bassi e il 50% degli interessi in più dovrebbe pagarli il fondo pubblico. Quindi in linea di massima, in virtù del pagamento degli interessi da parte dello Stato, il cittadino non ha un grosso danno, ma si fa un consistente regalo alle banche che ricevono interessi in più, pagati in parte dallo Stato e in parte dal creditore”.

Inoltre come già detto al fondo non potranno accedere i morosi in ritardo di oltre 90 giorni. E nemmeno chi già beneficia di altre garanzie pubbliche come il Fondo Prima Casa, secondo quanto precisa Consap. Sul nodo dei creditori morosi, il legislatore può ancora rivedere la mira. Basterebbe “includere tutte le posizioni di debito verso la Banca non ancora passate al contenzioso, ed i mutui per i quali non si era stati dichiarati decaduti dal beneficio del termine, magari con l’impegno di pagare le rate insolute a termine della sospensione con un piano di rientro”, ha scritto al fattoquotidiano.it l‘avvocato Rosetta Di Perna.

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