L’industria automobilistica tedesca entra in modalità crisi da coronavirus, dopo che Volkswagen ha annunciato la chiusura di venerdì di molti impianti in Europa e soprattutto in Germania. Ma è tutto il Paese della cancelliera Angela Merkel ad avvertire ora gli effetti dell’emergenza, sia sanitaria che economica. Il Robert Koch Institut (Rki) ha classificato come “alto” il rischio contagio e avvertito che “la pandemia potrà durare due anni“, o quanto meno finché non si trova un vaccino. Tanto che nemmeno i 28mila posti letto di terapia intensiva vantati dal sistema sanitario tedesco tengono più tranquillo Lothar Wieler, il presidente del Rki: “I posti in terapia intensiva vanno raddoppiati“, ha dichiarato. A Berlino già si progetta un nuovo ospedale da mille posti solo per malati Covid, nel giorno in cui anche Friedrich Merz, candidato alla guida della Cdu nel dopo-Merkel, è risultato positivo al test.

In Germania ci sono più di 8mila contagiati. La prima strategia soft messa a punto dal governo non ha pagato e ora anche la produzione industriale tedesca subisce le conseguenze del necessario contenimento forzato del virus. Volkswagen chiuderà “a breve la maggior parte delle sue fabbriche in Europa per due o tre settimane”, ha detto oggi il numero uno del Gruppo, Herbert Diess. “La crisi in Europa è ancora davanti a noi”, ha precisato Diess, spiegando che a causa del “chiaro deterioramento delle vendite e della incertezza nelle forniture” ci saranno imminenti interruzioni della produzione “nella maggior parte dei siti dei nostri marchi”. Volkswagen ha ribadito che l’anno 2020 sarà “molto difficile” a causa del coronavirus, sottolineando che “una prognosi credibile è attualmente quasi impossibile”. Dopo Volkswagen, anche le altre case saranno costrette a fermare o rallentare i loro impianti. Due stabilimenti Opel in Germania, ad esempio, saranno chiusi da martedì prossimo.

Il problema infatti investe tutto il comparto auto tanto caro alla Germania, proprio in un momento in cui i marchi tedeschi tentano di risollevarsi dopo anni difficili. Solo Bmw e Daimler, inoltre, devono ridurre del 20% le emissioni medie di anidride carbonica dei loro veicoli per non rischiare una multa dall’Unione europea. A questo si aggiungono le difficoltà in Cina, acuite dal coronavirus, e un mercato europeo che continua a contrarsi. Secondo uno studio dell’Institute for Customer Insight dell’Università di San Gallo, citato da Ard, per effetto dell’emergenza sanitaria verranno vendute circa un milione di auto in meno in Europa nel 2020.

Il governo tedesco ha dichiarato fin da subito di essere pronto al “whatever it takes” per sostenere la propria economia e di avere le armi per farlo. Innanzitutto, lo Stato mette a disposizione crediti illimitati alle imprese: il valore minimo annunciato è di 550 miliardi di euro, che verranno stanziati attraverso la KfW, la grande banca per lo sviluppo tedesca posseduta all’80% dallo Stato e al 20% dai Länder. La prima carta è quindi un aiuto alla liquidità, ma la stessa cancelliera Merkel ha chiarito che il governo è pronto a stanziare altre risorse: con l’emergenza coronavirus anche lo Schwarze Null, il pareggio di bilancio, non è più un mantra. Aumentano infatti le pressioni di chiede un pacchetto di stimoli economici per l’economia tedesca, destinata comunque – scrive Handelsblatt – a una recessione nel 2020.

I prestiti a basso costo che arriveranno dalla KfW serviranno soprattutto alle grandi aziende. La Germania infatti teme anche per le sorti di due giganti come Lufthansa e Airbus. La compagnia aerea di bandiera, come tutto il settore, è pesantemente colpita dalla crisi: ha dovuto lasciare a terra la maggior parte dei voli e teme che – quando ci sarà – la ripresa sarà molto lenta. Lufthansa ha fatto sapere di essere già in contatto per sondare la possibilità di ricevere gli aiuti di Stato e sta facendo pressioni sull’Unione europea con l’obiettivo di ottenere un supporto finanziario comunitario per le compagnie aeree.

L’altro grande tormento tedesco è l’industria aeronautica. Il gigante Airbus produce principalmente in Germania e, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung citando una fonte anonima, in una riunioni di crisi con il governo di Berlino ha dichiarato che potrebbe esaurire la liquidità in alcuni mesi. Per questo potrebbe chiedere aiuti di Stato: non sussidi diretti, ma altri strumenti come prestiti garantiti dal governo, spiega sempre la Faz.

Primi segnali di allarme negli ospedali
La Germania deve anche affrontare l’emergenza sanitaria. “Le misure adottate per il contenimento del virus vanno rispettate altrimenti nel giro di pochi mesi milioni di persone saranno contagiate. E questo va assolutamente evitato”, ha affermato il presidente del Rki Wieler, in conferenza stampa a Berlino. Wieler ha spiegato che il numero dei contagi cresce e che ci sono segnali di allarme dal sistema sanitario e dagli ospedali. Una circostanza confermata da alcune fonti anche a ilfattoquotidiano.it. Anche per questo, la città di Berlino sta progettando un ospedale da 1000 posti letto solo per curare i pazienti che saranno contagiati dal virus covid-19. Lo ha reso noto la responsabile alla Salute di Berlino, Dilek Kalayci, spiegando che le forze armate collaboreranno alla costruzione della struttura nella zona della Fiera.

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