Duecentottanta casi di infezione da Covid-19, tra questi in sette casi si è avuta la morte del paziente, si trattava di persone già sofferenti per patologie importanti o molto avanti negli anni. I casi concentrati nelle regioni del Nord riguardano tutti italiani e nessun cinese, non è stato individuato il cosiddetto “Paziente Zero”. La professoressa Ilaria Capua, una scienziata di indiscusso prestigio internazionale, ritiene che i casi di contagio, asintomatici o con sintomi sovrapponibili ad una banale influenza, siano molti di più e che il Covid-19 sia in circolazione da almeno due mesi, senza che nessuno abbia diagnosticato i casi. Al caso 1 si è arrivati solo perché ha dichiarato di aver cenato con un collega rientrato dalla Cina, che è un invece risultato non contagiato. Senza quelle cene neppure il paziente zero sarebbe stato testato.

Se ha ragione la professoressa Capua i casi sarebbe molti di più e quindi la percentuale di morti sarebbe molto più bassa di quella stimata oggi. Insomma il Covid-19 è un virus con una pericolosità relativa, assolutamente non paragonabile a agenti assai più pericolosi. La stragrande maggioranza dei casi da sintomi leggeri o addirittura neppure li dà. Solo una minoranza dei casi determina complicazioni gravi o gravissime.

Eppure l’Italia è in preda ad una psicosi. Sessanta milioni di persone vivono da alcuni giorni in un incontenibile attacco di panico collettivo. Paesi diventati ghost town, accaparramenti nei supermercati, corsa ala mascherina e al gel antibatterico. Il tutto con l’immancabile strumentalizzazione del signor Salvini e lo scatenarsi di una xenofobia che sta diventato paura, ostilità e odio verso qualunque altro individuo non più verso lo straniero visto che il contagiato parla lombardo, veneto, emiliano… il contagiato, l’unto dal male è uno di noi: il vicino, il compagno di lavoro, la fidanzata o persino il prete che da la comunione. La paura antica del contagio, della pestilenza, ci sta facendo rapidamente regredire ad un stato ferino. La paura che come sempre diventa odio e l’odio diventa semplificazione, ricerca della soluzione facile, del campo di concentramento anche se ad oggi non si saprebbe bene chi rinchiuderci, ma forse basterebbe rinchiuderci qualcuno e basta.

Negli anni della peste nera si accusarono gli ebrei di essere gli untori del flagello e si pose una delle solide basi dell’antisemitismo europeo. Soluzione facile, colpevole, bisogno dell’uomo forte, del buon padre saggio che ci liberi dal male del contagio.

Non è il virus che può distruggerci, ma è la paura e la stupidità di fronte al quale non sembra vi siano anticorpi. Anzi il sistema di anticorpi sociali sembra rivoltarsi contro e alimentare l’isteria collettiva. Quando un medico come Burioni fa affermazioni apocalittiche, prontamente usate dall’estrema destra per una miserabile campagna politica, ma che diventano virali sui social generando proiezioni di scenari da pestilenza medioevali, mi chiedo dove sia il ruolo di responsabilità dello scienziato. Inghiottito dalla bramosia di visibilità?

Ancor di più mi preoccupa la gestione che dell’argomento Covid-19 hanno fatto i media. Titoli apocalittici da Day-after. Amplificazione studiata della paura, inviati che fanno i collegamenti in diretta con la mascherina al solo scopo di fare scena e mi ricordano i “colleghi” che negli anni Novanta venivano a fare due minuti di collegamento da Palermo o Catania indossando il giubbotto antiproiettile. L’informazione che diventa show, per qualche punto in più di share, per una manciata di clic o di copie vendute, oppure, più banalmente, per soddisfare la miseria dell’io narciso del singolo che pensa di essere lui la notizia.

Nel panico che ha travolto il Paese dobbiamo interrogarci per primi noi giornalisti su come abbiamo esercitato il nostro ruolo, su quali toni abbiamo usato e stiamo usando nel veicolare le notizie, se abbiamo rispettato le carte deontologiche che ci impongono scrupolosa attenzione e sobrietà quando veicoliamo notizie che riguardano salute e la scienza. Lo abbiamo fatto? Sinceramente credo che non tutti lo abbiamo fatto. Dovremo capire che non siamo al circo, che abbiamo tra le mani materiale pericoloso e dovremmo ricordarci soprattutto che dobbiamo aiutare la gente a non aver paura, ma ad avere la giusta consapevolezza del problema, ad avere fiducia nella scienza e non nelle chiacchiere sui social di coorti di imbecilli. Soprattutto abbiamo il dovere di non contribuire anche noi a trasformare il Paese in una giungla selvaggia dove ci scanneremo per un’inutile mascherina.

Sarà bene ricordare che la paura e la stupidità sono stati alla base di tutti i fascismi e dunque della più grande tragedia del ventesimo secolo, con sessanta milioni di morti. Nessun virus ha mai fatto tante vittime.

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