Demme, Lobotka, Politano, Petagna, Rrhamani: 95 milioni sul mercato di gennaio rappresentano un inedito assoluto per Aurelio De Laurentiis. E dire che nella sua veste di presidente di calcio Adl ha mostrato spesso di essere disposto a smentire se stesso e i suoi “dogmi”, ma quello di non spendere tanto a campionato in corso sembrava intoccabile. Parlare di Grassi e Regini o di Zinedine Machach ai napoletani infatti equivale ad aprire ferite e discussioni interminabili: nomi associati a mercati di gennaio giudicati assolutamente inadeguati per una squadra prima in classifica e in corsa per lo scudetto. Ma in generale, scudetto o non scudetto, i numeri parlano chiaro: il record, fino ad oggi, era di 18,5 milioni spesi a gennaio, per correttivi (Pavoletti preso con Milik infortunato) o investimenti e occasioni come Goulham, Gabbiadini, Vargas.

RECORD – 95 milioni sono un record non solo per il Napoli: nessuno ha speso tanto in questa stagione, quasi nessuno ha speso tanto nella storia del mercato invernale, almeno negli ultimi 10 anni. Giusto il Barcellona, ma per prendere solo due giocatori, Coutinho e Mina (156 milioni di euro) o il Jiangsu Suning che prese Alex Teixeira e Ramirez (circa 100 milioni). Inevitabile la domanda: perché De Laurentiis viola quello che era il più incrollabile dei suoi dogmi (“i calciatori bravi non li vendono a gennaio”) e spende 100 milioni quasi rammaricandosi di non essere riuscito a spendere di più (avrebbe preso anche Kumbulla e Amrabat dal Verona e Tripaldelli dal Sassuolo, mettendo sul piatto altri 40 milioni circa)?

LA DECRESCITA FELICE – Il mercato spendaccione è in realtà un buon indizio sul futuro del Napoli. Dopo la stagione negativa tre erano le opzioni: inserire nuovi campioni e tenere quelli già affermati in rosa, considerando solo un intoppo il campionato attuale e dunque continuare a puntare in alto; oppure considerare finito un ciclo provando ad aprirne uno nuovo vendendo i campioni e puntando su giovani giudicati di sicuro avvenire. Terza strada? Vendere il club. Stante che la cessione del Napoli non è mai sembrata un’opzione, è evidente che De Laurentiis tra il lascia o raddoppia sceglie la terza via: una sorta di decrescita felice propedeutica a un nuovo periodo aureo.

LE COPERTURE – I 95 milioni messi sul piatto devono avere adeguata copertura, specie in una stagione in cui il rischio di non andare in Champions e non poter contare sui soldi della massima competizione europea è concretissimo. Meglio mettere queste spese su un bilancio solido dunque, come quello 2019/2020, che sul nuovo bilancio orfano dei soldi Champions. Coperture da trovare pure sul mercato con i big a fine ciclo sacrificabili: Koulibaly, Fabian, probabilmente Allan, Goulham, e poi Callejon, Llorente, forse Mertens. Soldi che entreranno dalla cessione dei cartellini ma anche togliendo ingaggi pesanti. Il monte stipendi aveva infatti sfondato quota 100 in questa stagione. Un risparmio già si è creato togliendo lo stipendio più alto, quello di Ancelotti, di 6,5 milioni sostituendolo con Gattuso che ne guadagna circa 2. Se dovessero andar via Koulibaly (6milioni), Callejon (3), Fabian (2,5) Goulham (2,5) Llorente (2,5) e Allan (2) si avrebbe un risparmio di 22 milioni di ingaggi, andassero via anche Milik (2,5), Mertens (4) e Lozano (4) si arriverebbe a un risparmi di oltre 30 milioni da rivedere al netto dei nuovi ingressi (Lobotka e Demme sono già conteggiati negli oltre 100 milioni attuali). Rrhamani e Petagna dovrebbero costare 1,8 milioni l’uno. Si presume che la tipologia di calciatore e d’ingaggio non si discosterà troppo da questo target e dunque si ritornerà quasi al momento di passaggio tra epoca mazzarriana e beniteziana. Appunto, all’apertura del ciclo aureo.

LE INCOGNITE – Giovani ma già bravi, con margini di miglioramento (e di plusvalenza) alti, in grado di fare da pilastri di un nuovo ciclo. Questo dovranno essere Demme, Lobotka e Politano ma soprattutto Petagna e Rrhamani e magari Kumbulla. Certo ci sono molte incognite: riuscirà Rrhamani a diventare il nuovo Koulibaly? Probabilmente no perché Koulibaly è una rarità, ma c’è da dire che al suo arrivo a Napoli pareva non valere neppure i 7 milioni spesi su suggerimento di Benitez. Poi si è trasformato nel fuoriclasse attuale. Il discorso però va esteso alle molteplici scommesse vinte: non solo l’eventuale sostituto di Koulibaly, ma anche chi si troverà (eventualmente) a sostituire Callejon, Mertens, Allan, Goulham, calciatori pagati poco e diventati pilastri di una squadra arrivata a mettere in discussione la leadership di una corazzata come la Juve, avrà un compito difficile. Ancor più difficile perché sono cambiate le contingenze: il Napoli stabilmente sul podio degli ultimi anni ha approfittato della vacatio delle milanesi, di una Roma a fasi alterne.

Oggi ci sono da sostituire campioni e affrontare una concorrenza ben più agguerrita, con l’Inter tornata molto forte, la Roma in procinto di passare a un magnate capace di mettere 750 milioni sul piatto e il Milan che per forza di cose non può far male in eterno. Difficoltà crescenti date anche dal contesto, e c’è da aggiungere che la crescita dei Koulibaly, Mertens, Callejon è stata anche “accompagnata” con gli innesti di Higuain e Albiol, non solo giovanotti terribili dunque. Si vira completamente rispetto al progetto che aveva iniziato Ancelotti dunque: quando si parlava di James Rodriguez o di Benzema o Vidal o altri campioni affermati. Oggi si spera che Gattuso replichi i fasti sarriani: portando il Napoli in alto, trasformando giovani in campioni. Non è un lascia e non è un raddoppia: è una scommessa su se stesso quella di Adl più che su Gattuso o su Rrhamani o Petagna. È stato bravo, anzi bravissimo una volta il presidente a far arrivare il Napoli al vertice pur non essendo uno sceicco e senza una multinazionale dietro, pensa di poterci riuscire di nuovo. Avrà ragione anche stavolta?

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