Un “progetto di accordo” ma “dettagli da definire”. Il premier Giuseppe Conte fa il punto sulla trattativa tra Stato e ArcelorMittal per trovare una soluzione alla nuova crisi dell’ex Ilva di Taranto e lancia segnali distensivi, almeno pubblicamente. Il negoziato prosegue, le parti si parlano. Le distanze, tuttavia, restano. E non solo sugli esuberi. Ma rispetto alle dichiarazioni categoriche di Stefano Patuanelli nella giornata di mercoledì (“Si chiude entro il 31 o il 7 si va in udienza”), il presidente del Consiglio sembra prendere tempo. “Un incontro con l’azienda? Non è da escludere nei prossimi giorni, Mittal ha dato disponibilità”. E ha rivelato che “dovevamo incontrarci a Davos, poi ho rinunciato per impegni a Roma”, ma “siamo in contatto”.

Tuttavia, almeno per il momento, le distanze restano marcate e il settore bancario mostra resistenze a un intervento nell’equity di AmInvestco, il veicolo utilizzato dalla multinazionale franco-indiana per acquisire l’Ilva. Il confronto è particolarmente difficile sugli esuberi: ArcelorMittal ne vuole 3mila strutturali, il governo si è detto disponibile ad accettarne 2mila congiunturali ma supportare con ammortizzatori sociali. In questo contesto potrebbe inserirsi il faccia a faccia tra Conte e Lakshmi Mittal, fondatore e ceo di ArcelorMittal per comprendere quanto spazio di trattativa ci sia ancora. Insomma, qual è la volontà del gruppo.

Altrimenti non resterà che affrontarsi davanti al giudice Claudio Marangoni, che a dicembre ha concesso altro tempo per negoziare ed evitare la discussione del ricorso d’urgenza presentato dai commissari straordinari di Ilva dopo che a novembre ArcelorMittal aveva annunciato di voler riconsegnare gli impianti, acquisti appena due anni e mezzo fa e nei quali è formalmente entrata nell’ottobre 2018.

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