Il governo sta cercando di rispondere alle attuali difficoltà economiche con una manovra che, per l’intero triennio 2020-22, sembra ispirata “ad un orientamento tendenzialmente espansivo“. La Corte dei Conti descrive così nella “Programmazione dei controlli e delle analisi” per l’anno 2020 la legge di bilancio appena approvata in via definitiva dalla Camera. Nelle intenzioni dell’esecutivo, scrivono i magistrati contabili, “gli stimoli derivanti dalla disattivazione delle clausole di salvaguardia, da un’iniziale riduzione del cuneo fiscale e dal sostegno degli investimenti, sarebbero in grado di portare il tasso programmatico di sviluppo allo 0,6 per cento nel 2020 e all’1 per cento nel 2021 e 2022“. Ma poi arriva anche l’allarme sul debito pubblico. I magistrati affermano che “anche l’esercizio 2020 si preannuncia impegnativo per il governo dei conti pubblici”. La Corte sostiene che “il mancato conseguimento dei pur modesti obiettivi di crescita potrebbe incidere sulla tenuta dei conti pubblici e compromettere il programma di riduzione del debito pubblico che continua a rappresentare un elemento cardine nella sostenibilità del sistema”.

Nell’analisi si ricorda che”le traiettorie del rapporto debito/Pil, disegnate tanto nel quadro tendenziale quanto in quello programmatico, non rispettano la ‘regola del debito’ prevista dalle vigenti normative europee ‘in nessuna delle configurazioni’, anche nel più favorevole criterio” di previsione. I recenti aggiornamenti delle previsioni “disegnano uno scenario peggiore di quanto previsto in aprile in occasione della presentazione del Def, sia in termini di stock delle passività lorde delle Amministrazioni pubbliche, sia sotto il profilo delle prospettive di breve e medio termine”. Secondo la Corte la scelta di riorientare in senso espansivo la politica fiscale riduce, nel quadro del Def, il ritmo di discesa del rapporto debito/Pil.

L’analisi dei magistrati contabili si sofferma anche sulla generale situazione economica, che “è caratterizzata dalle crescenti incertezze che pesano sul quadro macroeconomico internazionale, anche per l’acuirsi delle pressioni protezionistiche, che si traducono in un deciso rallentamento delle principali economie europee”. A riflesso di una negativa dinamica del commercio internazionale e di un rallentamento delle attività nell’eurozona, la crescita è rimasta debole.

“Le prospettive dell’economia italiana, già largamente al di sotto della media europea, ne risentono ulteriormente. Le difficoltà – continua la Corte – interessano ampi comparti della domanda aggregata e in particolare le componenti interne. I consumi delle famiglie sono in decelerazione, nonostante l’ancora buona intonazione del mercato del lavoro e il benefico effetto che la bassa inflazione esercita sul reddito disponibile reale”.

Secondo la Corte gli investimenti “non sembrano nel complesso in condizione di dare un impulso adeguato all’esigenza sempre più vitale di aumentare lo stock di capitale della nostra economia. Le insufficienti aspettative di domanda inducono le imprese a ridimensionare i piani di produzione e decumulare le scorte di magazzino”. A soffrire è soprattutto l’industria manifatturiera, sulla quale pesano le incertezze di medio termine legate, fra le altre cose, alla ricerca e all’economia verde. Tuttavia, è positivo l’andamento della bilancia commerciale. Il Paese esporta sempre più di quello che importa, ma la situazione è fortemente esposta “agli effetti delle guerre commerciali in corso e ai fattori di rischio geopolitico”, conclude la Corte.

“Oltre alla revisione in senso peggiorativo dell’obiettivo di indebitamento (dall’1,4 al 2,2 per cento del Pil, con un seppur lieve peggioramento anche del saldo strutturale), per il finanziamento degli interventi si prevedono misure di razionalizzazione della spesa pubblica; interventi di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali; una riduzione delle spese fiscali, nuove imposte ambientali e altre misure fiscali”, continua la Corte dei Conti.

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