Le nuove norme contenute nel decreto Milleproroghe non revocano nessuna concessione né danno il via a una decisione di questo tipo. Sono regole che non vogliono essere punitive o penalizzanti per i concessionari, ma introdurre un regime più trasparente, per evitare sperequazioni. Basta norme di favore, insomma, come quella che ora Atlantia agita sotto al naso del governo come minaccia. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rimette il pallone al centro nella partita sulle concessioni delle autostrade in cui si sono distinte le forze di maggioranza. In un’intervista al Messaggero il capo del governo da una parte manda a dire ai Cinquestelle che queste nuove norme – approvate salvo intese in consiglio dei ministri – non sono la base per l’inizio delle revoche, dall’altra avvisa Italia Viva – che in queste ore ha seminato il panico in maggioranza sui rischi per imprese e lavoratori – sul fatto che non c’è “nessun allarme per il settore delle concessioni” e chi ha fatto investimenti, anche in caso di inadempimento, “potrà recuperare le somme per i costi realmente sostenuti e non ammortizzati”. Piuttosto, ed è questo il punto centrale del ragionamento del presidente del Consiglio, “non si potranno più applicare, tuttavia – sottolinea – norme di favore come quelle invocate da Atlantia, che anche in caso di grave adempimento pretenderebbe un indennizzo di decine di miliardi. Non lo permetterò”.

Conte: “Nessun allarme per gli investitori”
“Nessun allarme per il settore delle concessioni”, dice Conte, e chi ha fatto investimenti, anche in caso di inadempimento, “potrà recuperare le somme per i costi realmente sostenuti e non ammortizzati”. La posizione di Conte, insomma, assomiglia a quella che ha assunto un paio di giorni fa lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti che se da una parte ha detto che su questo tema non devono esserci “giudizi sommari“, ma dall’altra ha approvato la scelta del governo di rendere “lo Stato più forte” nella gestione delle concessioni di servizi e beni pubblici. Posizione rafforzata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri che a Repubblica sottolinea: “Abbiamo ereditato dal passato un regime delle concessioni squilibrato, imposto per legge dodici anni fa in deroga ad ogni procedura amministrativa, e che assicura ad alcuni concessionari condizioni di assoluto privilegio senza fornire sufficienti garanzie su investimenti e manutenzione. E’ evidente che questo non è più sostenibile”.

La lettera di Autostrade a Palazzo Chigi
La posta in gioco è alta, dal momento che Autostrade per l’Italia ha inviato a Palazzo Chigi una lettera in cui chiede 23 miliardi di euro di risarcimento dopo la notizia della norma sulle concessioni approvata salvo intese nell’ultimo Cdm e contenuta nel decreto Milleproroghe, nella quale Autostrade avverte che sta “valutando ogni iniziativa volta a tutelare” i propri diritti. Una lettera in cui Aspi minaccia il governo di prendere l’iniziativa per sciogliere il contratto dando così l’avvio alla richiesta di un maxirisarcimento da 23-25 miliardi di euro. E’ qui che si inserisce ancora oggi il tweet del leader di Italia Viva Matteo Renzi – l’ultimo prima di Natale, ha promesso -: “Fare leggi improvvisate che fanno fuggire gli investitori internazionali è invece un autogol: niente è più pericoloso del populismo normativo“.

Di Maio: “Non c’è altra soluzione alla revoca di Atlantia”
Un dibattito che non è per niente un gioco da ragazzi per la maggioranza che ha diverse e opposte spinte centrifughe. Ancora oggi, infatti, il capo politico del M5s Luigi Di Maio ha ribadito la linea del movimento. “E come può finire? – risponde in un’intervista alla Stampa – Abbiamo 43 vittime, delle famiglie che ancora piangono, indagini e perizie che ci dicono che Autostrade non ha provveduto adeguatamente alla manutenzione del ponte Morandi nonostante fosse a conoscenza dei rischi. E’ gravissimo, non c’è altra soluzione alla revoca della concessione, mi sembra evidente”. La linea del Pd – ma anche quella di Conte – è un po’ diversa, ma Di Maio va in pressing: “Su questo il governo è compatto – dice – e se qualcuno la pensa diversamente aspetto di ascoltare le loro motivazioni, sono curioso. Qui il punto è che non bisogna aver paura di combattere un colosso, lo Stato va protetto e la regola ‘chi sbaglia paga‘ deve valere per tutti”.

De Micheli: “Aspi ha condizioni vantaggiose”
La questione è che sono due binari paralleli: le nuove norme nel Milleproroghe e la revisione delle concessioni in corso al ministero delle Infrastrutture. Su questo punto a parlare è la ministra Paola De Micheli: “La revoca è una procedura separata – spiega al Corriere della Sera -, sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. Una volta che avremo terminato l’ analisi, tutto il governo approfondirà il se, il come e il quando”, e “a gennaio saremo in grado di prendere una decisione, ma fino a quando non avremo esaminato tutti gli aspetti non mi sbilancio”. Ma con le nuove regole, precisa la ministra non c’è “nessun esproprio proletario. Nessuna nazionalizzazione o vendetta. Vogliamo solo che le regole siano uguali per tutti. È così sbagliato in una democrazia liberale?” si chiede. La norma, sottolinea De Micheli, opera un intervento su due concessioni, Ragusa-Catania e la Tirrenica (due incompiute ormai storiche). “Passeranno ad Anas e saranno completate, come giusto in un Paese normale. Poi vengono modificate le modalità di indennizzo in caso di revoca per tutti i concessionari che non si trovano ancora in questa condizione. È una previsione di legge generale. Come si fa in uno Stato liberale, parifichiamo le condizione di tutti i concessionari davanti alla legge”. Regole uguali per tutti, insomma, anche per Aspi. Ma non è già così? chiede il Corriere (e sostiene Atlantia). “Non mi pare. Ci sono tre o quattro concessioni con condizioni più vantaggiose. Tra queste anche Aspi”. Con le regole in vigore, ad Aspi spetterebbero 23-25 miliardi, con le nuove “molto meno – replica De Micheli – . Ma con la nuova regola ai concessionari eventualmente revocati spetterà la cifra iscritta a bilancio degli investimenti non ammortizzati, oltre a quanto previsto dal codice degli appalti. Per procedere alla revoca ci deve essere un inadempimento grave. Una cosa che va dimostrata e condivisa”.

“La politica ha il dovere di revisionare le norme per fare più controlli”
Da tecnico il discorso si fa politico: “La cosa grave della lettera (di Autostrade, ndr) è che il concessionario non riconosca il sacrosanto diritto di un governo alla luce di tutto quello che è accaduto di revisionare il modello concessorio ormai vecchio di oltre 15 anni. Credo che sia un diritto/dovere della politica aggiornare le norme e revisionare le condizioni per consentire più controlli, più trasparenza e più sicurezza sulle autostrade”. Dice che è un ricatto?, chiede ancora il Corriere. “Dico – risponde la ministra – che parliamo di un bene, la rete autostradale, che è di tutti, costruito con i soldi di tutti. Quando il tuo mestiere è il gestore-concessionario, nessuno ti nega un guadagno ma si tratta di una medaglia con due facce: da una parte c’è il profitto, dall’altra la cura del bene stesso. E dopo aver letto il documento della Corte dei conti, possiamo fare finta di niente?“.

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