E(speranza) d’escobar, cantava Armando De Razza. A Quelli che il calcio ci si diverte troppo. Sul serio. Ecco allora che quei birbanti di Luca, Paolo e Mia, pensano bene di offrire un lugubre tocco funereo. Adriano Panatta in pantaloncini corti dal Foro Italico? Degli intensi primi piani di Emanuele Dotto quando ancora recitava a teatro Un tram chiamato desiderio? No, nulla di tutto questo. Dallo stadio Olimpico di Roma, per un Roma-Brescia che si poteva pure giocare bendati, ecco il più sepolcrale dei ministri della repubblica. Roberto Speranza. Un nome, una garanzia. Oltretutto ministro della salute. E giù di gesti apotropaici e cornetti napoletani. Addirittura un esponente politico proveniente dalla minigalassia sinistrata Articolo 1-Liberi e Uguali (ebbene sì, Liberi e Uguali ha perfino un ministro, roba che al Psdi di Saragat ancora brucia).

Speranza basta guardarlo e subito si mette mano al prontuario farmaceutico. Figuriamoci quando va allo stadio per “tifare”. Per qualcuno il ministro evoca il Crisantemi panchinaro de L’allenatore nel pallone. Per altri è un emo cresciuto senza farsi la barba da qualche mese. Per tutti è un po’ il simbolo di questa sinistra a cui manca un po’ di vitamina B12. Speranza però ce la mette tutta. Il tentativo di mostrare il suo entusiasmo calcistico è reale. Ma la verve non sembra proprio essere presente a casa Speranza. Non aiuta poi avere seduto di fianco il senatore bresciano Adriano Paroli di Forza Italia, uno che in due ore di trasmissione oltre a non essere mai intervenuto, è rimasto girato sempre dall’altra parte, nascondendo modello Mazinga Z tutta la misteriosa parte sinistra del proprio viso.

Dicevamo di Speranza. “Primo maggio. Su coraggio”. La Roma segna il primo gol e un antenna di Radio Vaticana rileva un tentativo impercettibile dell’allargamento delle palpebre inferiori e superiori. La Roma segna il secondo gol e il rilevatore Ingv dei terremoti scorge un vago segnale di sommovimento delle gote. Terzo gol della Roma (annullato) e la Stazione spaziale internazionale in orbita attorno alla terra sembra quasi sicura di aver registrato un cenno di sorriso ma solo sul lato destro della bocca. Addirittura quando c’è il quarto gol della Roma, Speranza sta spiegando perché hanno annullato il terzo, e mentre Dzeko segna definitivamente il terzo, dall’espressione esangue della sua faccia, almeno tre quarti di Olimpico pensa abbia segnato il Brescia.

Non migliora la prestazione del nostro nemmeno quando si mette a commentare il match. L’uso del termine “bello” tocca il numero di 25 in pochi secondi. Per il ministro della salute qualunque cosa è “bella” o “bello”: il colpo di testa di un giocatore, il passaggio di un altro, la partita, il risultato, il governo giallorosso (fa anche la battuta in quanto romanista che… ma ve la risparmiamo), Pierluigi Bersani, Luigi Di Maio, perfino Matteo Renzi. Bello, bravo, ma niente bis. Soprattutto quando ispirato da una scarica di adrenalina probabilmente scaduta nel 2003 si mette a riprendere una considerazione fatta da qualcuno in studio che nemmeno fosse scritta sul gobbo (altri gesti apotropaici). “Più soldi all’educazione, più soldi alla scuola, più lo stato in futuro ci guadagna”, afferma il ministro mentre anche gli ultimi due elettori di Liberi ed Uguali decidono se ha più senso dare il proprio voto ai Comunisti di Marco Rizzo o a farla sporca sporca e votare diretti Salvini. Ma l’aspetto più inquietante di questo collegamento rigor mortis è che il ministro attorno al 90esimo, a match concluso, sembra più incredibilmente pallido di quando ha iniziato il collegamento un’ora e mezza prima. Dategli uno zabaglione, un marocchino, un bombardino, una carbonara. Finché c’è vita, forse, c’è Speranza.

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