Il confronto tra i due è iniziato dopo un articolo del fattoquotidiano.it sullo scarso utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari per individuare i contribuenti che più probabilmente hanno evaso le imposte. Subito dopo il botta e risposta tra il garante della Privacy Antonello Soro e Alessandro Santoro, docente di Scienze delle Finanze a Milano Bicocca ed ex membro del comitato di gestione dell’Agenzia delle Entrate, è ripreso su lavoce.info, la testata su cui Santoro a fine settembre aveva pubblicato il primo intervento sui paletti posti dall’Authority per la protezione dei dati personali all’uso effettivo dei dati a disposizione del fisco per contrastare l’evasione. Lo scambio si è concluso l’8 ottobre con una domanda di Santoro che chiarirebbe la situazione una volta per tutte – dopo che su questo tema hanno chiesto una svolta anche Vincenzo Visco e Pierluigi Bersani – ma a cui il garante per ora non ha risposto. Per semplificare: l’autorità è disposta a dare via libera all’elaborazione di liste dei contribuenti da controllare utilizzando criteri che siano frutto di un’analisi statistica fatta incrociando tutti i dati dell’anagrafe con i dati delle dichiarazioni e degli accertamenti?

Il 4 ottobre Soro ha scritto al giornale online fondato tra gli altri da Tito Boeri per sostenere ancora una volta – come scritto nella replica inviata il giorno prima al fatto.it e ribadito in un’intervista a ItaliaOggi – che “il Garante privacy non ha mai impedito la profilazione sulla base del rischio fiscale, prevista peraltro dall’art. 11, comma 4, decreto legge 201/2011, né in generale ostacolato la raccolta di dati utili agli accertamenti. Il 15 novembre 2012, in primo luogo, è stato reso parere favorevole sul provvedimento dell’Agenzia relativo alla comunicazione integrativa annuale all’archivio dei rapporti finanziari, prescrivendosi le sole misure indispensabili a evitare il rischio di accessi abusivi”. Poi ha ripetuto che “il carattere sperimentale della verifica fiscale è stato il frutto di un’autonoma decisione dell’Agenzia delle entrate“. Santoro dal canto suo ha fatto nuovamente notare i nodi emersi nella conversazione con ilfatto.it: “I criteri di profilazione sono l’esito e non il presupposto dell’analisi dei dati. Se i dati rivelano correlazioni significative tra alcune caratteristiche personali (ad esempio, uno scostamento significativo tra le giacenze medie sul conto e i dati della dichiarazione, magari combinati in modo non lineare con tutte le altre caratteristiche individuali) e i comportamenti a rischio (ad esempio la presenza di un’evasione accertata e definita), allora quelle caratteristiche personali diventano un criterio di rischio. Ma queste correlazioni sono rivelate dai dati, non decidibili a priori. E, soprattutto, a posteriori queste correlazioni possono essere difficilmente spiegabili o comprensibili se non, appunto, come regolarità statistiche”.

Poi il docente, che di contrasto all’evasione si occupa da vent’anni come accademico e consigliere di diversi esecutivi, ha fatto la domanda cruciale: “Il Garante accetterebbe di trovarsi di fronte un insieme di criteri di individuazione dei diversi gradi di rischio che non sono spiegabili e valutabili se non sulla base degli esiti puramente o almeno prevalentemente statistici dell’incrocio dei dati avvenuto a monte? La risposta affermativa implica la rinuncia del Garante a porre in questione la logicità astratta di quei criteri (al limite andrebbe valutata la metodologia statistica utilizzata, ma è opportuno che questa funzione sia svolta dal Garante della privacy?). La risposta negativa implica l’impossibilità di arrivare ai criteri attraverso un’analisi approfondita dei dati”.

Sul punto Soro, dopo aver puntualizzato che “la predeterminazione ex ante dei criteri in base ai quali stilare le liste dei contribuenti era prevista dalla legge” e “ai fini dell’elaborazione di tali criteri di profilazione, sono ed erano già allora per legge utilizzabili tutti i dati previsti dalla norma”, si è limitato a replicare che “non spetta certo al Garante – né mai si è avuto simile pretesa – l’ipotizzata valutazione della “logicità astratta” dei criteri di individuazione del rischio fiscale o della metodologia statistica utilizzata. L’Autorità valuta unicamente la compatibilità dei provvedimenti proposti alla disciplina di protezione dei dati personali”.

“Non trovo nella replica del Garante la risposta alle mie precedenti domande”, nota Santoro. “Provo a riformularle. In base all’attuale quadro normativo, il Garante ritiene necessario richiedere la conoscenza preliminare dei criteri di elaborazione delle liste selettive dei contribuenti a maggiore rischio di evasione di cui all’articolo 11 del decreto legge 201/2011?”. Se la risposta alla prima domanda è affermativa, “il Garante ritiene rispettoso della normativa che detti criteri siano il mero esito di un’analisi statistica condotta dall’agenzia delle entrate incrociando, a livello individuale, tutti i dati dell’anagrafe dei rapporti con i dati, sempre individuali, relativi alle dichiarazioni, agli accertamenti e a qualsiasi altro comportamento fiscalmente rilevante in modo da ottenere la profilazione del grado di rischio di ogni contribuente censito?”. Per ora da Soro non sono arrivate risposte.

Articolo Precedente

Decreto fisco, M5s: “Ci sarà la stretta sui grandi evasori. Pene fino a 8 anni”. Nel testo anche la confisca per chi compie reati tributari

next
Articolo Successivo

Energia, lo studio: “Per solare ed eolico non servono più incentivi. Gli impianti rendono e con il calo dei costi si ripagano da soli”

next