Ora ci sono anche le foto che lo dimostrano: riunito al tavolo delle trattative al Cara di Mineo l’11 maggio 2017, semi nascosto tra le altre autorità libiche arrivate in Sicilia per negoziare il blocco delle partenze di profughi e migranti dalla costa africana con i funzionari italiani, c’era anche Abd al-Rahman al-Milad, il famigerato Bija a capo dei guardiacoste di Zawiya. Quello che un mese e mezzo dopo l’Onu riconosce come “uno dei più efferati trafficanti di uomini in Libia, padrone della vita e della morte nei campi di prigionia, autore di sparatorie in mare, sospettato di aver fatto affogare decine di persone, ritenuto a capo di una vera cupola mafiosa ramificata in ogni settore politico ed economico dell’area di Zawyah”. La sua partecipazione è stata documentata e pubblicata su Avvenire con delle foto ufficiali: Bija è seduto tra i funzionari, libici e italiani, ascolta senza mai intervenire. Prende nota e ogni tanto fa un cenno all’emissario del ministro dell’Interno libico.
A maggio del 2017, Milad, come riporta già nel luglio 2018 Nancy Porsia in un articolo per Open Migration, veniva ricevuto in Italia come membro della delegazione libica su invito dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (Oim) in collaborazione con Operazione Eunavfor Med – Sophia. E c’è chi lo aveva pure riconosciuto: alcuni richiedenti asilo che si trovavano nei centri di accoglienza visitati dal comandante Milad nel corso del tour siciliano, compreso quello di Mineo, rimasero increduli davanti all’arrivo del trafficante in un luogo che giudicavano sicuro. Spaventati gridarono: “Mafia Libia, Mafia Libia“.
E non è l’unico. Altre testimonianze rilasciate agli investigatori di Agrigento e Palermo raccontano proprio di “un uomo libico, di nome Bingi (pronuncia fonetica), al quale mancavano due falangi della mano destra. Era lui che decideva chi doveva imbarcarsi per l’Italia e chi no”. Particolare, quella della menomazione alla mano, notato già dal The Times che il 14 febbraio 2017 diffonde un video in cui si vede un uomo che picchiava selvaggiamente un gruppo di migranti su un gommone. Nel video si nota bene l’amputazione delle due falangi, perse da Bija durante un combattimento anti Gheddafi nel 2011.
Il nome del trafficante ritorna poi in molte altre inchieste giornalistiche antecedenti a quell’11 maggio 2017. Bija però era riuscito a ottenere un lasciapassare per entrare in Italia e un invito a studiare, esattamente come se fosse un’autorità ufficiale, il modello Mineo, “da dove in questi anni sono passati oltre 30mila migranti – si legge nell’articolo – Accordi che proseguono anche adesso, nonostante le reiterate denunce delle Nazioni Unite“.