È rimasto cinque ore dentro l’auto, seduto sul suo seggiolino, perché il papà si è dimenticato di portarlo all’asilo. E quando la moglie lo ha chiamato, dopo essere andata al nido per prelevare il figlioletto, l’uomo si è precipitato trovando il piccolo esanime. Lo ha portato al Policlinico di Catania dove i medici ne hanno constatato la morte. Il padre, 43 anni, è un dipendente amministrativo dell’università ed è indagato, come atto dovuto, per omicidio colposo. Sulla tragedia sono in corso indagini della polizia e il titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Andrea Norzi. “È un uomo disperato, distrutto, che piange continuamente e non riesce a spiegare l’accaduto”, ha riferito un investigatore. In Italia non è ancora scattato l’obbligo di dotarsi di dispositivi antiabbandono sui seggiolini, già entrato in vigore nel 2018. Scatterà a novembre 2019. Un ritardo dovuto alle decisioni sulle caratteristiche tecniche, rimandate a un ulteriore decreto attuativo. A giugno questo ritardo era stato segnalato dall’Asaps, l’associazione sostenitori Polstrada. Il bilancio dello Stato prevede uno stanziamento di un milione di euro per il 2019 e un altro milione nel 2020.

Una tragedia simile fu evitata nel giugno scorso per un intervento della polizia fuori dall’aeroporto di Catania, dove un bambino di 4 anni era stato lasciato chiuso in auto sotto il sole con una temperatura che sfiorava i 40 gradi all’ombra. In quella occasione furono denunciati i genitori, due svizzeri, 28 anni lei e 32 lui, per abbandono di minore in concorso. Secondo quanto accertò la polizia, erano andati a prelevare denaro al bancomat. Gli agenti accorsero dopo la segnalazione di una guardia giurata. A salvare il bambino fu un sovrintendente della polizia che con il calcio della pistola di ordinanza mandò in frantumi un finestrino e soccorse il piccolo dopo essersi accorto che il bimbo si dimenava cercando di aprire le portiere e chiedendo disperatamente aiuto. L’auto era parcheggiata negli stalli riservati allo scarico bagagli nella zona partenze ed aveva anche attirato l’attenzione di alcuni viaggiatori. Subito dopo l’intervento della polizia di frontiera si presentarono i genitori. Tutti furono accompagnati nel presidio sanitario dell’aerostazione, dove furono prestate le prime cure al bambino, che si riprese immediatamente.

Ma un episodio simile a quello di oggi avvenne sempre a Catania 21 anni fa, il 3 luglio 1998. Allora si trattava sempre di un papà, un tecnico della Sgs Thompson, una fabbrica di microelettronica che aveva lo stabilimento nella zona industriale. Era una giornata di caldo asfissiante, con un temperatura che aveva superato i 40 gradi per il vento di scirocco giunto dall’Africa. L’uomo era uscito con la sua Fiat Punto per accompagnare in asilo il figlio di 20 mesi appena, rannicchiato nel suo seggiolino, prima di presentarsi negli uffici della Sgs Thompson. Era un percorso sempre uguale che seguiva ogni giorno quasi a memoria. Ma quella mattina, invece di passare dall’asilo, che non era lontano da casa, aveva subito puntato verso il suo posto di lavoro. Arrivato con un insolito anticipo sul parcheggio dell’azienda, aveva chiuso a chiave l’auto ed era salito in ufficio. Il sole intanto batteva sulla macchina. Si è accorto soltanto dopo sette ore di avere lasciato il piccolo in auto. Quando è tornato verso la sua macchina, era già morto.

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