Neanche una settimana dopo la nascita del governo giallorosso, i democratici provano a spingere l’intesa con i 5 stelle anche sul fronte delle prossime elezioni Regionali: dall’Umbria, all’Emilia e la Calabria. Se alcuni segnali erano arrivati già nei giorni scorsi, oggi a parlare ufficialmente è stato prima il neoministro alla Cultura Dario Franceschini e poi il segretario democratico Nicola Zingaretti. “L’idea è corretta”, ha detto il leader Pd. “Bisogna rispettare le realtà locali, ma se governiamo su un programma chiaro l’Italia, perché non provare anche nelle Regioni ad aprire un processo per rinnovare e cambiare? Ho sempre creduto nella necessità di aprire con coraggio una nuova stagione e questo può essere un capitolo importante per cambiare e migliorare la vita delle persone”. Il primo ad aprire un varco è stato, non a caso, Franceschini che è stato uno dei principali pontieri che ha dato vita all’attuale intesa a livello nazionale e che già aveva aperto al dialogo dopo le politiche del 2018 e a luglio scorso, poco prima che scoppiasse la crisi di governo. “So che è difficile”, ha detto oggi a Repubblica, “ma se governiamo bene, evitando la logica del ‘contratto’, cercando sempre la sintesi allora questa squadra può diventare il seme di una futura alleanza. Per battere la destra, vale la pena provarci. So che ci sono posizioni diverse da noi e nei Cinque Stelle. Io parlo di una alleanza tra tutto il centrosinistra e il M5s”.

Per i 5 stelle però, la proposta rimane per il momento irricevibile. Intervistato da il Fatto Quotidiano, il presidente della Camera Roberto Fico, altro mediatore fondamentale per la nascita del governo giallorosso, ha commentato: “Su questo mi rifaccio allo statuto che prevede la possibilità di allearsi con liste civiche”. Per il Movimento l’opzione non è presa in considerazione. La prima a replicare è stata la vicepresidente della Camera M5s Maria Edera Spadoni: “Nessuna alleanza alle elezioni regionali in Emilia Romagna se non con liste civiche”, ha detto. “Così ha stabilito il voto su Rousseau”. Stessa linea tenuta anche dalla sindaca di Torino Chiara Appendino: “Per quanto ci riguarda, non è assolutamente prevista una alleanza col Pd ma ben vengano, se ci sono, convergenze su temi programmatici al centro dell’agenda nazionale, come ambiente e innovazione. Ogni contributo costruttivo è bene accolto, ma il tema alleanza non è all’ordine del giorno”. Una posizione condivisa anche da fonti vicine al capo politico del Movimento Luigi Di Maio: “Il tema delle alleanze alle Regionali non è all’ordine del giorno. Dunque non c’è in ballo alcuna possibile alleanza con il Pd in vista delle prossime elezioni. Le priorità per il Movimento sono altre, ci sono temi importanti da affrontare e provvedimenti da realizzare in tempi celeri a favore dei cittadini. Una cosa è certa: le dinamiche interne tra forze politiche non interessano agli italiani e non servono a far crescere il Paese”.

L’intervista di Franceschini: “L’alleanza con M5s? Tutto nasce da quella frase orribile voglio i pieni poteri. Era un’emergenza”
Sulla nascita del nuovo esecutivo, ha detto, “il tempo era breve” perché “tutto prende origine da quella frase orribile (di Matteo Salvini ndr) voglio i pieni poteri’“. Era una “emergenza” e “dobbiamo ringraziare Zingaretti per avere indicato la necessità di trovare una soluzione di largo respiro. Il Pd è stato unito come non mai”. L’ex ministro dell’Interno è quindi il ‘collante’ dell’alleanza di governo? “Era ed è una motivazione più che sufficiente. In tutto il mondo i governi di coalizione nascono così. Soprattutto quando non c’è un vincitore unico. Certo, ora dovremo far maturare anche un percorso di visione, di prospettiva”. Quindi, alla domanda se “basta Salvini a cancellare l’odio con i pentastellati?”, ha replicato: “Era ed è una motivazione più che sufficiente”.

Pd e M5s devono quindi, secondo Franceschini, “guardare avanti” e trasformare questo esecutivo, che “sarà giudicato sulla qualità” dei provvedimenti, in “un laboratorio, l’incubatore di un nuovo progetto”. Insomma, è la sintesi, in un’alleanza “politica ed elettorale” che “parta dalle prossime elezioni regionali, passi per le comunali e arrivi alle politiche”. Ad iniziare dal voto in Umbria, a fine ottobre, per il rinnovo del Consiglio Regionale dopo la Sanitopoli che ha defenestrato la governatrice dem Catiuscia Marini: “Lì le elezioni sono molto vicine, ma se c’è la volontà politica si può fare tutto. Per Emilia e Calabria, poi, c’è tempo. In ogni caso, la sfida è questa”, ha detto Franceschini.

Il primo banco di prova per la nuova maggioranza sarà naturalmente la legge di Bilancio: “La prima esigenza è non far scattare l’aumento dell’Iva. Il secondo è intervenire sul cuneo fiscale. Faremo tutto il possibile nell’ambito delle risorse disponibili. Di certo, anche le scelte obbligate le assumeremo senza impatto sociale”. Quello che ha ribadito il neoministro è che la prospettiva è di lungo periodo e che all’orizzonte non c’è nessuna ipotesi di scissione da parte di Matteo Renzi: “Sono retroscena autoalimentati“, ha detto. “Perché dovrebbe andare via? Tutto è stato concordato anche con lui”. Uno “scisma”, che lo stesso Zingaretti a Porta a Porta si è augurato che non avvenga.

Infine il ministro della Cultura, sempre a Repubblica, ha anche commentato lo stop ai decreti della riforma del suo predecessore Alberto Bonisoli: “Ho apprezzato che lui non abbia stravolto la mia. Nella sua ci sono cose che non mi convincono e cautelativamente abbiamo fermato i decreti emessi ad agosto. Li correggeremo. Ma non sarà la riforma della controriforma”.

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Regione Lazio e Campidoglio, Pd e M5s provano a replicare lo schema che ha portato al Conte 2

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