Tempi cruciali per la Ferriera di Servola, a Trieste, e per i suoi dipendenti. Un caso industriale e ambientale molto controverso che da anni crea polemiche e bracci di ferro con la proprietà. Adesso sembra arrivato il punto di non ritorno, con la chiusura dell’area a caldo, auspicata dalla Regione Friuli Venezia Giulia e di cui la proprietà ha deciso di prendere atto, avviando le procedure (in tempi da definire) per spegnere l’altoforno. Il cavaliere Giovanni Arvedi, con una lettera pubblicata a pagamento dal quotidiano Il Piccolo, ha annunciato l’addio, “il prima possibile”, dal sito su cui sorge l’impianto siderurgico di proprietà del gruppo di Cremona. Si tratta di un vero e proprio commiato, accolto con sollievo, ma anche con preoccupazione negli ambienti politici e amministrativi triestini: sono infatti 450 i dipendenti che rischiano di restare senza lavoro.

Arvedi dichiara di voler rispondere “alle annose, scoraggianti, tendenziose, distorte informazioni che sono state diffuse” e di “prendere atto delle decisioni assunte a carico della Ferriera a seguito delle volontà espresse dalle Istituzioni”. Ecco l’annuncio: “La produzione dell’area a caldo, per quanto ci riguarda, dovrà fermarsi nel più breve tempo possibile. È doveroso e responsabile considerare i rischi sulla sicurezza dei lavoratori e l’impatto ambientale connessi alla gestione di un processo, a ciclo integrale, che ha la prospettiva di essere fermato nel prossimo futuro”. Il cavaliere rivendica però il proprio impegno. “Sono trascorsi quattro anni da quando, come imprenditore cristiano, mi sono assunto, su invito e richiesta del Governo, l’impegno e il dovere di ‘ridare vita’ alla Ferriera. È stato sottoscritto un Accordo di Programma da noi totalmente rispettato e attuato, come recentemente riconosciuto con atto formale dalla Regione”.

Ma rivendica anche la sfida del disinquinamento: “Per un cristiano, inquinare è un crimine verso la Natura, verso noi stessi e un peccato verso Dio. La vicenda Servola, purtroppo, è stata per me un’esperienza amara, unica e molto sofferta, mai vissuta prima, malgrado i miei molteplici impegni assunti in sessant’anni di lavoro. Siamo orgogliosi di poter restituire al nostro Paese e alla città di Trieste un sito Sin, totalmente inquinato, ora totalmente risanato e di avere gestito, con i nostri bravi tecnici e operai, il processo di adeguamento e ammodernamento tecnico e strutturale che ora consente di produrre rispettando tutti i valori e parametri fissati dall’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale, ndr), costantemente, frequentemente e giustamente controllati dagli Enti preposti”.

E così sarà un dossier scottante quello che dovrà gestire il neo ministro del Lavoro, Stefano Patuanelli. Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha interessato governo, sindacati ed enti locali, per l’apertura di un tavolo che studi come “garantire il futuro dei lavoratori impiegati nell’area a caldo della Ferriera di Servola”. Fedriga ha dichiarato che “l’Amministrazione regionale apprezza gli sforzi compiuti dalla proprietà, che hanno portato all’adempimento di quasi tutte le prescrizioni previste negli accordi, e prende atto delle sue difficoltà a far fronte a nuovi investimenti sull’area che risulterebbero antieconomici”.

Severo il giudizio del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza: “Ho sempre affermato che l’area a caldo non è compatibile con la mutata sensibilità ambientale e non rappresenta lo sviluppo della città di Trieste”. E ha punzecchiato la precedente giunta regionale che, secondo lui, avrebbe dovuto “affrontare in anticipo e senza affanni le conseguenze occupazionali legate a uno scenario che era già prevedibile”.

Il Movimento Cinquestelle saluta l’evento con favore. “È una notizia che non può che farci piacere. Si tratta di un obiettivo che perseguiamo da tempo e che finalmente trova la condivisione della proprietà”, ha commentato il consigliere regionale Andrea Ussai. “Abbiamo sempre sostenuto che quell’attività industriale altamente inquinante non fosse compatibile con la tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente nel centro della città. Non ci si può lamentare di avere perso quattro anni a inseguire un risultato impossibile, invece che programmare una chiusura e una riconversione dello stabilimento che tutelasse anche i livelli occupazionali, sfruttando le prospettive di sviluppo dell’area portuale. Era ora che la proprietà della Ferriera si rendesse conto della realtà dei fatti”. Forte preoccupazione è stata espressa dai sindacati che intendono incontrare i vertici del gruppo Arvedi. La riconversione dell’area ad attività di logistica non garantirebbe, infatti, il reimpiego di tutti i lavoratori (molti di età avanzata) dello stabilimento di Servola.

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