Giustizia & Impunità

Lega, Belsito e Bossi attaccano: “I 49 milioni erano in cassa. Che fine hanno fatto? Bisogna chiederlo a Maroni e Salvini”

L'ex tesoriere attacca i suoi successori al vertice del Carroccio: "Non bisogna chiedere a me come sono stati spesi quei soldi, io li ho lasciati nelle casse del partito". E poi rivela: "Voglio andare avanti attraverso un'azione legale". Intanto Renzo Bossi smentisce ancora la requisitoria dei pm: "Neanche un euro speso per la famiglia"

“Quei soldi li ho presi e li ho lasciati nelle casse del partito“, dice Umberto Bossi. “Quello che è successo dopo? Bisogna chiederlo a Maroni e Salvini. Sto valutando di fare un’azione legale”, aggiunge l’ex tesoriere Francesco Belsito. Se il Senatùr si sente “dignitosamente riabilitato come politico e come uomo”, nonostante la Cassazione abbia annullato solo per intervenuta prescrizione la condanna per truffa in secondo grado nei suoi confronti. Resta però pienamente esecutiva la confisca dei 49 milioni ai danni della Lega. Soldi che secondo i vertici attuali non sarebbero più a disposizione del partito, tanto che a fine 2018 il Carroccio ha accettato di spalmare la restituzione in rate da 200.000 euro l’anno, per 80 anni.

Se ciò che dicono Bossi e Belsito ha fondamento, che fine hanno fatto dunque i 49 milioni? I rimborsi non dovuti fanno riferimento al quadriennio 2008-2011. Soldi che sono rientrati nella piena disponibilità del partito, ma poi sarebbero stati spesi. Come? “Non posso sapere come hanno usato quei soldi Maroni e Salvini – dice oggi l’allora responsabile della cassa della Lega – Io ho la coscienza a posto, ho lasciato i conti in ordine, i miei investimenti hanno generato tutti plusvalenze. Quello che è successo dopo non devono chiederlo a me”. Poi insiste: “Anche dopo le mie dimissioni i rimborsi elettorali hanno continuato a confluire nelle casse della Lega. Allora mi chiedo: perché per me era truffa e per gli altri no?”.

Belsito attacca a 360 gradi chi, a suo giudizio lo ha “lasciato solo”. “Io sono stato definito il ‘tesoriere bancomat’ e quando elargivo soldi e aiutavo tutti andava bene. Poi però se ne sono dimenticati tutti di me. Ma adesso è arrivato il momento di reagire”. La condanna all’ex tesoriere per truffa allo Stato – 3 anni e 9 mesi di carcere – è stata annullata della Cassazione perché prescritta, benché sia stata rinviata in corte d’appello la parte relativa all’appropriazione indebita. Ed oggi anche Umberto Bossi mantiene la stessa linea, attaccando i suoi successori. “L’unico rammarico – dice il fondatore della Lega – è che per questa vicenda, cavalcata da altri, sono stato defenestrato. Il partito, che era il mio partito, oggi è di altri.

Nella sua requisitoria, il procuratore generale Marco Dall’Olio aveva chiesto la conferma delle condanne parlando di “indubbie spese parla famiglia Bossi”. Accusa che ancora oggi non trova d’accordo Renzo Bossi, figlio di Umberto. Secondo la Procura, infatti, non sono dubbi che il rampollo del Senatùr abbia ricevuto un accredito per il conseguimento della sua laurea, ricordando il sequestro della cartellina con la scritta ‘Family’. Bossi jr. giudica “assolutamente falso e inventato” l’utilizzo dei fondi “per spese familiari”, e afferma: “di 147.000 euro di spese non vi è nemmeno 1 euro pagato dal partito a mio favore accertato, tanto è vero che molte delle spese sono state derubricate a ‘tentata appropriazione’ (quindi senza nessun pagamento effettuato) e per altre sono stato assolto”.