Il 19 luglio Apollo 11 accese nuovamente i propulsori, stavolta per immettersi nell’orbita lunare. Il Controllo di Missione di Houston seppe che la manovra era andata a buon fine solo quando vide la navicella spuntare dalla faccia nascosta della Luna. Le comunicazioni con la Terra cessarono per 23 minuti. Nel corso delle successive trenta orbite, l’equipaggio ebbe modo di osservare il luogo previsto per l’allunaggio nel sud del Mare della Tranquillità. Il sito, più volte fotografato nelle missioni Apollo 8 e 10, aveva una conformazione piatta e liscia e non avrebbe dovuto presentare difficoltà di manovra. Il colore della superficie lunare cambiava con le condizioni di luce, dal grigio al bruno rosato. 

Alle 17:44 (ora di Greenwich) del 20 luglio 1969 il modulo lunare Eagle si separò dal Columbia con a bordo Neil Armstrong e Buzz Aldrin, che poche ore più tardi avrebbero passeggiato sulla superficie. Collins, rimasto da solo a bordo del Columbia, ispezionò per un’ultima volta il LEM che si allontanava, assicurandosi che le gambe del carrello fossero dispiegate correttamente. La struttura del LEM, progettata per navigare in condizioni di bassa gravità, era molto sottile e leggera, tanto che gli astronauti avrebbero potuto bucarla con una matita. La cabina era priva di sedili. Gli astronauti potevano aggrapparsi a maniglie e braccioli, mentre i piedi erano ancorati dalle cinghie di velcro. Alla guida c’era il computer di bordo, in modalità automatica. Gran parte del carico era costituito dal combustibile.

A 3 minuti dall’inizio della discesa, Armstrong e Aldrin si accorsero che stavano oltrepassando i punti di riferimento troppo in fretta e che quindi avrebbero superato il punto di allunaggio. Eagle stava viaggiando troppo velocemente e il computer non correggeva la traiettoria. Dopo 5 minuti le spie degli allarmi di programma si accesero nella cabina buia del LEM. I codici 1202 e 1201, indicavano che il computer di navigazione stava consumando risorse in task sconosciuti e che la memoria rischiava il sovraccarico. Nel frattempo gli astronauti vedevano dall’oblò triangolare l’approssimarsi di un cratere grande quanto un campo da football, successivamente denominato West Crater, circondato da una distesa di massi che avrebbero reso impossibile l’allunaggio. 

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