Cinema

Luna, l’incanto di quella sfera nei sogni e negli incubi dei registi: da Méliès a Kubrick, da Spielberg a Chazelle

di Davide Turrini

Basta alzare lo sguardo all’insù ogni sera per specchiarci nei sogni, nei misteri, nei frammenti d’immaginario dei crateri lunari. Guarda che luna, cantava Fred Buscaglione. Quando spunta la Luna tacciono le campane, scriveva García Lorca. E se si sta più attenti del solito, spesso davanti a quella sfera gibbosa e lucente per contrasto svolazzano ancora in bicicletta Elliott/Henry Thomas con E.T. Sagomine fantastiche spielberghiane che a rivederle ancora oggi lasciano a bocca aperta. Del resto quando agli albori del cinematografo si decise che da una parte ci sarebbe stato il “reale” si accodarono i fratelli Lumiere con i loro operai usciti dalla fabbrica e i treni in arrivo (in orario?) alla stazione di La Ciotat.

Mentre dall’altro lato appena fu possibile creare e inventare, fantasticare e stupire, George Méliès, che oggi riposa nel cimitero di Père Lachaise dimenticato dal mondo ma ricordato da tutti gli astri e pianeti, disegnò la sua luna rotonda che d’improvviso, colpita dal razzo degli esploratori terrestri, diventava un viso tondo a forma di torta (alla panna) accecato dall’arrembaggio umano. Perché prima o poi lassù ci si doveva arrivare. Vicina, vicinissima, quasi addosso. Quando è piena, la Luna, riesce perfino ad illuminarti le notti al posto dell’abat-jour. E su quel viaggio con la meta che sembra a un tiro di schioppo ci hanno giocato in tanti. I primi a provarci sul serio furono Buster Keaton e Totò. E mentre il comico statunitense finito in mezzo ad un groviglio di infingardi la luna la vide in cartolina, pardon nel titolo, il principe De Curtis, oltretutto, assieme ad un doppio di Ugo Tognazzi su un finto suolo lunare ci camminò per davvero con tanto di casco e tutona modello Nasa.

Inutile dirlo. L’unico che immaginò in anticipo un’atmosfera “spaziale” spettacolare e ipnotica, talmente originale da lasciare ad occhi “spalancati ma serrati” fu Stanley Kubrick con il suo 2001: Odissea nello spazio che è del 1968. Che poi Kubrick in 2001 non ci porti sulla Luna, ma faccia illuminare di sghimbescio qualche scena in esterni con la luce lunare (l’inquadratura larga dell’arrivo degli scienziati nella sequenza della prima apparizione del monolite, ad esempio) è un dettaglio. Tanto basta per i complottisti dell’allunaggio del 20 luglio 1969 ad eleggere Kubrick regista visivo della storica notte in qualche laboratorio dell’esercito americano, si dice, a San Bernardino. Vedere per non crederci, ma tanto l’avete già visto tutti, Operazione Luna: il falso documentario che con rigorosa ironia attua una mise en abyme dell’immaginario sorto attorno a quella fatidica notte, e alla bravura di Kubrick.

Del resto anche nel futuristico 2067 di Interstellar (2014) si gioca sul fatto che l’allunaggio del ’69 venne inventato di sana pianta ma mai avvenne. Unica misteriosa certezza: dobbiamo attendere anni recenti per “rivedere” l’uomo sulla Luna al cinema. Per decenni, soprattutto Hollywood, attorno alla luna ha circumnavigato – Apollo 13 di Ron Howard, per dire – quasi che ci fosse il timore di rimostrare i doppioni dell’allunaggio miracoloso del ’69. Non fatevi ingannare da Moon (2009), il bel film di Duncan Jones (figlio di David Bowie) con Sam Rockwell protagonista, altra illusione a specchio, tarkovskijana, sul suolo intoccabile.

Serviranno lavori come Apollo 18 (2011), un thriller horror scanzonato ma di notevole fattura, a tornare stivaloni e guantoni sul suolo lunare, o First Man di Damien Chazelle (2017), biopic intimo e tribolante su Neil Armstrong (Ryan Gosling) che sull’allunaggio nel finale rievoca una sorta di silenziosa e spirituale mistica dal valore universale. Poi, certo, dalla Luna è stata stregata Cher; Jim Carrey è diventato uno straordinario Andy Kaufman in Man on the Moon; e perfino John Landis in una perla autentica anni ottanta come Un lupo mannaro americano a Londra, visto il motivo scatenante della luna piena che trasforma il suo David in un lupo mannaro, ha recuperato tutto lo scibile musicale a tema “luna” che i jukebox dell’epoca potessero avere. Ora però a centinaia d’anni dai versi dei poeti, a cinquant’anni dall’allunaggio annunciato in diretta tv, e dopo un viaggio di ricordi, evocazioni ed immagini del suolo lunare, non diteci che qualche dubbio su quelle strane ombre di Armstrong&Co. non vi è venuto. Scherziamo, naturalmente.

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