Il salone dell’auto di Parco Valentino, come sappiamo da una nota ufficiale dell’organizzazione, il prossimo anno da Torino traslocherà in Lombardia, dove si svolgerà dal 17 al 21 giugno. Le colpe principali di questa decisione vengono un po’ da ogni dove attribuite alla giunta pentastellata di Torino, che in nome di uno sbandierato sentimento ecologista, ha osteggiato una manifestazione colpevole di “ingombrare” suolo e strade pubbliche. Fino ad arrivare alle sparate (poi smentite) di un vicesindaco, che si augurava “una grandinata che spazzi via tutto”. E’ veramente tutto qui o c’è dell’altro? Proviamo a fare ordine.

La premessa è che la manifestazione, negli ultimi cinque anni, è cresciuta e si è affermata. Forse anche oltre le aspettative di un patron come Andrea Levy, il quale comunque non ha mai fatto mistero della sua ambizione di renderla appetibile anche al di fuori dei confini nazionali. I contrasti tra la giunta di Torino e l’organizzazione del Salone su temi ambientali vanno avanti da molto tempo. Pare già dalla penultima edizione del 2018, nonostante fosse stata inaugurata in pompa magna dal Ministro Toninelli e dal sindaco Appendino. Al punto che quella finita da poco, la numero cinque, stava addirittura per saltare. Cosa che poi non è accaduta.

Tuttavia, forse non solo a causa di quei contrasti, l’organizzazione del Salone pensò ad un piano B: cambiare location. Circa sei mesi fa contattò l’Aci, già partner, per chiedere di avere in Lombardia le stesse garanzie di supporto avute nel capoluogo piemontese. E soprattutto di poter contare, come sede, su uno dei templi del motorismo nazionale (e lo splendido parco circostante): l’autodromo di Monza. La struttura di Lainate, da qualcuno ipotizzata come parte dell’accordo, è invece totalmente fuori dai giochi. Così come l’ex patron del Motorshow di Bologna Alfredo Cazzola, che pure aveva già tentato (vanamente) una nuova avventura milanese, tirato erroneamente in ballo da alcuni organi di stampa.

Ma il sì dell’Automobil Club nazionale non bastava. Per realizzare il progetto di salone “diffuso”, ché coinvolgesse da vicino la popolazione, c’era bisogno di una grande città. La quale, per rimanere in tema di ambizioni, garantisse la tanto agognata vetrina internazionale. E qui entra in ballo Milano. Il cui sindaco Sala, nonostante le dichiarazioni di oggi in cui si è detto pronto a valutare la proposta, pare abbia già da tempo steso tappeti rossi a chi gli garantiva una manifestazione già rodata a costo praticamente zero. Con in più l’allettante opportunità politica di toglierla ai litigiosi e ingenui, in questo caso, avversari grillini di Torino. A questo punto, non è difficile immaginare la tradizionale parata delle supercar con piazza Duomo come punto di partenza e di arrivo. E magari pure sede della festa per l’inaugurazione prevista il 10 giugno prossimo, come annunciato dallo stesso Levy.

I recenti e improvvidi strali pentastellati sulla manifestazione, ripresi e amplificati dalla stampa locale, sarebbero dunque stati la miccia che ha innescato l’esplosione. Il pretesto per attuare un piano già congegnato. A meno di non pensare veramente che sia possibile annunciare con precisione nuove date e location di un evento complesso nell’arco di 24 ore, solo perché un vicesindaco ha invocato una grandine purificatrice.

Comunque sia, siamo di fronte a un concorso di colpa. Ambizione e opportunismo politico da una parte, ingenuità dall’altro. A farne le spese, i 700 mila torinesi che, ignari di quanto stava accadendo, si sono presi la briga di visitare l’ultimo salone di Parco Valentino nella loro città.

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