Ho cercato di farglielo capire fin dal primo giorno. Quando erano ragazzi pronti ad iniziare una “nuova scuola”. Tanti singoli che non potevano formare una classe. Li ricordo i loro sguardi mentre spiegavo che sarebbe dipeso da noi rendere positiva la nostra convivenza. Noi! Insomma loro ed io. Insieme, pian piano. Lezione dopo lezione. Spiegazione dopo spiegazione. Ma anche interrogazione dopo interrogazione. Il tempo ci avrebbe insegnato a essere un’orchestra. Gioie e delusioni ci avrebbero costretto a crescere. Con lentezza. Con i ritmi dolci che la scuola ancora può regalare.

Poi mi sono spostato e ho iniziato a passare per i banchi. Fila per fila, alunno per alunno. Ad ognuno una copia di un romanzoIl barone rampante di Italo Calvino. Ricordo alla perfezione il loro stupore. “Questo è il mio regalo per voi. Lo stesso libro per tutti. Lo leggerete se vorrete, quando ne avrete voglia. In libertà. Ma vi chiedo una cortesia. Conservatelo con cura, perché in terza liceo, l’ultimo giorno di scuola, lo dovrete riportare”. Da quel momento il timer è partito.

Abbiamo avuto cinque anni per preparare l’esame di maturità. Ci siamo avvicinati a quella questa prova con trepidazione, ma anche con allegria. Ci siamo allenati. Ognuno a modo suo. Con impegno differente. La letteratura italiana ci ha tenuti per mano. Mentre il latino e il greco ci sfidavano. Quanto grammatica studiata. Quanti autori letti e tradotti. Quanta storia ha attraversato i nostri giorni. Abbiamo imparato a fare i conti con PlutarcoAristofane, Seneca e Petronio. Ci siamo scontrati con periodi che sembravano intraducibili ma che, poi, mettendo alla prova le nostre capacità, abbiamo domato. Siamo riusciti a traslitterare. Ci siamo fermati all’ablativo assoluto, temendo di non avere i mezzi per renderlo in italiano. Abbiamo letto e riletto i significati di un verbo cercando di trovare quello che poteva fare al nostro caso. Questi sforzi non sono stati inutili. Non abbiamo perso del tempo. Ci siamo esercitati nel ragionamento. Abbiamo cercato un equilibrio e lo abbiamo trovato.

Abbiamo costruito la nostra maturità, passo dopo passo. Leggendo disperatamente. Certo i brani che le antologie riportavano. Ma poi tanto altro. I classici delle letterature antiche a partire dall’Odissea, l’Iliade e l’Eneide e quelli italiani. Prosa e poesia. Abbiamo approfondito e poi discusso. Ci siamo allenati a cercare collegamenti, continuamente. Arrivando a trovarne dove forse neppure c’erano. Perché l’importante è non fermarsi mai alle apparenze. Non arrestarsi alla lettura superficiale. Ma spingersi oltre. Per questo l’archeologia e la storia dell’arte ci hanno spalancato le loro porte, di tanto in tanto.

La maturità è il primo esame nel quale davvero i ragazzi sono messi alla prova. Una volta c’era l’esame di terza media a valutare la crescita, ma ormai quella prova è diventata una pura formalità. Insomma ha perso il suo valore. Proprio per questo la maturità è diventata la prima prova nella quale confrontarsi con un ostacolo. La corsa che dovrebbe regalare l’ingresso nel mondo degli adulti. L’olimpiade che dovrebbe certificare finalmente il raggiungimento della crescita personale. Già, perché “i maturi”, non solo potranno accedere ad uno dei tanti corsi di laurea esistenti, ma avranno la possibilità di confrontarsi con il voto politico. Ovviamente non è necessario ottenere la maturità per potere esercitare il proprio diritto al voto. Ma non può essere casuale che maturità e possibilità di voto in molti casi coincidano, temporalmente. Perché quell’esame è un salto. Per tutti. Ma “il buio” oppure “la luce” dipendono da ognuno di noi. Dalla consapevolezza nei propri mezzi. Dalla raggiunta capacità di confrontarsi anche con le difficoltà.

L’ultimo giorno di scuola ero un po’ emozionato. Avevo ricordato ai ragazzi di riportare Il barone rampante, che avevo regalato loro cinque anni prima. Rispetto ad allora c’erano quasi tutti. Venticinque su trenta. Li ho chiamati uno per uno alla cattedra, mi sono fatto dare la loro copia e ho scritto una dedica. Un pensiero, personale, per ciascuno di loro. Qualcuno mi ha fornito l’occasione per parlare di Cosimo e Biagio, di Viola e Battista, di Arminio e Corradina. Qualcun altro si è soffermato sull’amore. Anzi ha letto alcune righe che aveva sottolineato. “Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così”. Mentre parlavamo dell’amore di Cosimo per Viola, ho avuto l’impressione che tutti lo avessero letto quel libro. Anzi che molti lo avessero letto più volte. Quel che avevo sperato si era realizzato.

“Preziosa e fragile, instabile e precaria, chiara e magnetica, leggera come l’aria, sempre moderna anche quando è fuori moda, sempre bellissima cammina per la strada, all’orizzonte dietro la fronte, sul palcoscenico e dietro le quinte, allenami, insegnami a vivere con te, viva la libertà”. Viva la libertà di Jovanotti, ragazzi miei, è un in bocca al lupo. Preparatevi al salto. E la luce sia con voi!

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