Luca Lotti arriva quando la mezzanotte è passata da una quarto d’ora circa. La saletta è quella di un hotel romano dove alloggia il collega – come lui deputato del Pd – Cosimo Ferri, l’uomo cerniera tra politica e magistratura. Trova l’ex sottosegretario dei governi Letta, Renzi e Gentiloni con cinque consiglieri del Consiglio superiore della magistratura. Stanno discutendo di nomine, di voti, contano le preferenze per il futuro capo della procura di Roma. Tre consiglieri – Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli  – sono iscritti a Magistratura indipendente, la corrente di destra in passato guidata dallo stesso Ferri. Due –  Luigi Spina e Gianluigi Morlini – sono di Unicost, la componente di centro. Tutti insieme valgono dieci voti a Palazzo dei Marescialli: quasi la maggioranza. Con loro anche il leader de facto di Unicost, il pm romano Luca Palamara, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e già componente dello stesso Csm. Da qualche mese è indagato dalla procura di Perugia per corruzione e per questo motivo ha il cellulare infettato da un trojan, un virus che trasforma il suo telefono in una microspia ambientale. 

La notte delle toghe rotte 
È la notte tra l’8 e il 9 maggio 2019, quando gli uomini del Gico della Guardia di finanza attivano il trojan sul telefono di Palamara. Una riunione che ha spaccato il mondo della magistratura, facendo finire nei guai i cinque componenti del Csm: quattro si sono già dimessi dopo essere finiti sotto procedimento disciplinare. “Si è determinato l’oggettivo risultato che la volontà di un imputato abbia contribuito alla scelta del futuro dirigente dell’ufficio di procura deputato a sostenere l’accusa nei suoi confronti”, scrive nell’atto di incolpazione il pg Fuzio. Si riferisce chiaramente a Lotti, per il quale la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per favoreggiamento. Smentendo ogni difesa dei consiglieri coinvolti, il pg sottolinea che in quella riunione non c’era alcuna  “casualità”, anzi: appare di “cristallina evidenza” “la preventiva e sicura consapevolezza” da parte di “tutti i consiglieri presenti, della presenza di Luca Lotti, oltre che del dottor Palamara e del dott. Ferri che ne erano i promotori”. Ciascuno dei componenti – continua il procuratore generale –  “sapeva esattamente e preventivamente chi sarebbe intervenuto e di cosa si sarebbe discusso”. Parole motivate dalle intercettazioni degli investigatori, riportate dai principali quotidiano compreso Il Fatto Quotidiano in edicola. Ma anche dallo scambio telefonico preliminare tra Ferri e Palamara, pubblicato da Repubblica

L’appuntamento
Telefonata tra Palamara e Ferri le 19.13 dell’ 8 maggio.
Ferri: “Corrado (Cartoni) viene?”
Palamara: “Si, viene e cena con me. Recupero anche Criscuoli”
Ferri: “E Gigio (Gianluigi Morlini, ndr ) può?” .
Palamara: “Sì, sì, può” .
Palamara: “È importante che Lepre venga, perché segue su tutto”.
Ferri: “No, Lepre mi ha delegato. Mi ha detto non c’ è problema. Ma se la facciamo in albergo da me, provo a dire a Lepre se scende dalla camera”.
Palamara: “E Lotti?”.
Ferri: “Garantito. Arriva dopo le 23.30”.

La riunione 

Roma, notte tra l’8 e il 9 maggio 2019. Quando Lotti arriva gli altri stanno facendo la conta dei voti che avrebbe potuto raccogliere eleggere il procuratore di Roma. Il loro candidato è l’attuale pg di Firenze, Marcello Viola. A contendergli il posto sono il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, e quello di Firenze, Giuseppe Creazzo. Poco prima dell’arrivo del deputato Pd, il consigliere Morlini, che in quel momento presiedeva la commissione incarichi direttivi, sta usando il pallottoliere. 

Morlini: “Ci sono in commissione quattro intenzioni di voto a favore di Viola, una a favore di Lo Voi fatta da Suriano (il togato di Area, la corrente di sinistra ndr ), una a favore di Creazzo fatta da me”.

Nella riunione della commissione incarichi direttivi del 23 maggio (due settimane dopo) i voti saranno esattamente quelli. Il problema sarebbe al plenum. 

Morlini:  “Riflettiamoci un attimo perché sarebbe opportuno non avere un frazionamento a tre, quattro giorni per arrivare al lunedì successivo. Noi contattiamo Creazzo e gli diciamo: ‘Peppe guarda che qui noi ti possiamo votare, ci sono cinque voti nostri e magari un laico, ma tu qua perdi, che si fa?”.
Morlini dice “citando il nome di un componente del Csm, Alessio Lanzi (consigliere laico di Forza Italia), che il risultato di questa conta portava a un ipotizzabile consenso di 13 membri”.
Ferri: “Ma Lanzi tiene?”.
Palamara: “Ma Lanzi non lo vedo manco se… Lanzi vota Viola”.
Lotti: “Si vira su Viola, sì ragazzi”.

Sarebbe utile, dunque, anche migliorare il profilo di presentazione della candidatura di Viola.

Morlini: “Se avessi un rapporto di fiducia con (omissis) io potrei dire: fai in modo che il profilo di Viola sia bello”.
Palamara: “Sì, chiamala”.

I tredici voti contati da Morlini fanno ipotizzare un testa a testa: il Csm, infatti, ha 26 consiglieri. Fondamentale potrebbe essere il voto del vicepresidente David Ermini, renziano ed ex deputato del Pd. Ma i consiglieri non si fidano.
Cartoni: “Anche al disciplinare ho problemi con Ermini”.
Lotti: “Eh, ragazzi, vanno affrontate queste cose”.
Cartoni: “Io ci ho litigato con Ermini… Luca… digli qualcosa, si deve sveglià (…)”.
Lotti: “Corrà, te non c’ eri all’inzio ma Ermini non è che… però qualche messaggio gli va dato forte”.

Poi Cartoni riferisce un episodio avvenuto quello stesso giorno. 
Cartoni: “Sentito che è successo oggi?”
Ferri: “Sì, diglielo dai”

L’episodio viene omissato. Ma l’ex ministro commenta subito.
Lotti: “Questo non va bene, però”.
Palamara : “Non va bene no”.
Lotti: “Mica me l’ avevate detto questo”.

Per questo motivo il pg Fuzio scriverà nell’atto d’incolpazione di “un’attività propalativa” di uno dei consiglieri “ai soggetti estranei, in partivolare a Luca Lotti, di fatti e circostamse inerenti i suoi rapporti con il vicepresidente del Csm, nonché la sua specifica funzione di componente della sezione disciplinare. E ciò non senza esimersi dal rilevare come tali propalazioni abbiano lambito addirittura il segreto della Camera di Consiglio”.

Il problema Creazzo
Mezzanotte e mezza, i presenti iniziano a ragionare su un’ipotesi: e se Creazzo non avesse ritirato la sua candidatura per Roma, come si sarebbe potuto allontanare da Firenze, dove aveva chiesto l’arresto dei genitori di Matteo Renzi?

Lotti: “Però a Torino chi ci va? Scusate se faccio questa domanda”
Palamara: “Torino secondo me ormai è aperta”.
Lotti: “Non so però per me è un pizzico legata alla difesa d’ufficio che devono fare loro due di una situazione fiorentina che sinceramente ve lo dico con franchezza… è imbarazzante”
Spina: “Cioè l’unico che se ne va (incomprensibile) e noi te lo dobbiamo togliere dai coglioni il prima possibile omissis)”.

Terzo interlocutore (non individuato): “Ma non ha fatto domanda per Torino Creazzo?”
Lotti:“No, no”.
Palamara: “Non perché lui… se lo mandi a Reggio, liberi Firenze”.
Lotti : “Se quello di Reggio va a Torino è evidente che quel posto è libero e quando lui capisce che non c’è posto per Roma fa domanda non lo sposta nessuno ammesso che non ci sia come voi mi insegnate…”.
Terzo interlocutore: “Un altro motivo”
Lotti: “A norma di regolamento un altro motivo”.

L’altro motivo sembra essere l’esposto contro Creazzo finito alla procura di Genova. Ne parla Palamara poco dopo mezzanotte e mezza facendo il nome del collega pm autore dell’esposto.

Palamara: “Ha raccolto tutte queste cose in un dossier, tutte le cose che non andavano su questa inchiesta e su Creazzo… e ha fatto l’ esposto quindi non è proprio… non è una cazzata, questo voglio dire.”.
Lotti: “Per me è importante capì che succede perché se è seria ovviamente lo… cioè non si parla di Roma… si parla che se è serio va via da Firenze, se non è serio non va via da Firenze, a me guarda… nessuno cerca… nulla… però bisogna fa’ almeno guerra..”.

Ma non c’è l’esposto contro Creazzo. C’è anche quello contro il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e l’aggiunto Paolo Ielo, accusati di un presunto conflitto d’interesse (negato dalla procura di Perugia) per l’attività professionale dei rispettivi fratelli. Lo ha stilato un collega di Palamara, Stefano Fava. 

Palamara : “Senti Fava…l’ obiettivo è… gli fai sentì… loro devono sentì”.
Lotti : “Dopo che si è fatto gli aggiunti”.
Palamara : “Andiamo da Fava… (…) dopodiché fa usci tutto quello che dico… è finita… là è finita”.
Lotti : “E fai uscire anche un po’ i fratelli… Sentilo Fava che dice… i fratelli, le cose… non sarà così pazzo”.
Palamara : “Non te preoccupà, se te dico fidate, fidate…Lui vuole fà la denuncia penale, tu forse non hai capito, li vuole denunciare a Perugia…lascia perde che so’ cose però tu intanto gli rompi il ca…, punto. Io mi acquieterò quando, come ti ho detto una volta, Pignatone mi chiamerà e mi dirà cosa è successo…perché lì la vicenda Consip la so io… e gli ho protetto il culo su tutto… alla fine cioè cosa è stato? Eh no ma adesso mi fai, mi tieni sotto ricatto, me lo devi dì…”.

Lo schema
Non c’è solo Viola. L’obiettivo è anche programmare anche la nomina del procuratore capo di Perugia. E poi degli aggiunti di Roma: incarico che interessa personalmente a Palamara.

Ferri:” Se va lo schema Viola noi poi dobbiamo avere il nome per Perugia e dobbiamo vedere quando inizia la storia degli aggiunti”
Lotti: “Però  entro l’estate gli aggiunti li chiudete?”.
Spina: “No, prima”.
Palamara: “La fine di maggio, una volta che fai il procuratore”.
Un altro dei presenti sintetizza: “Poi è tutto a scendere, fatto quello è tutto a scendere”

Alla fine di maggio, gli uomini della Finanza andranno a perquisire Palamara. E la notte delle toghe rotte sarà svelata. 

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