Quarantadue minuti di intervista televisiva – con elementi noti sulla strage di Capaci – sono costate a Nino Di Matteo, il pm che ha istruito il processo sulla Trattativa Stato-mafia e che vive sotto scorta da anni perché minacciato dalla mafia, l’allontanamento dal nuovo pool sulle stragi che è stato costituito, dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, per far luce “sulla presenza di “entità esterne nei delitti eccellenti di mafia”. Il magistrato, invitato a rispondere alle domande di Andrea Purgatori nella puntata del 20 maggio di Atlantide su La7, ha parlato della strage di Capaci come un “momento indelebile nelle menti delle persone perbene”, ma anche spiegato che è “altamente probabile che insieme agli uomini di cosa nostra abbiamo partecipato alla strage…  anche altri uomini estranei a Cosa nostra”. Una riflessione, come ha spiegato in premessa la toga, che arriva dalla letture delle sentenze già emesse. 

L’estromissione è stata decisa dal procuratore de Raho, secondo quanto riporta La Repubblica, perché Di Matteo avrebbe interrotto il “rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia”, con le quali fra l’altro era già cominciata una fitta rete di colloqui. Il magistrato avrebbe reso pubblico il contenuto di alcune piste di lavoro di cui, invece, si sta discutendo all’interno di riunioni private. Ma i contenuti del colloquio finti nel mirino, sono legati alla strage di Capaci che il 23 maggio 1992 portò alla morte Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E sarebbero, secondo il quotidiano, il ritrovamento, accanto al cratere di Capaci, di un biglietto scritto da un agente dei servizi segreti e di un guanto con Dna femminile; ma anche la scomparsa del diario di Falcone da un computer del ministero della Giustizia e infine l’ipotesi che alcuni appartenenti a Gladio, un’organizzazione paramilitare, abbiano avuto un ruolo nella fase esecutiva della strage. Tutti riferimenti già noti: basta cercare con Google e si trovano decine di articoli su questi elementi che non sono affatto inediti.  

Il pm, che nel pool era affiancato da un altro paio di magistrati palermitani, Franca Imbergamo e Francesco Del Bene, tornerà al vecchio incarico della Direzione Nazionale Antimafia. Il provvedimento dovrebbe essere esecutivo da martedì. La comunicazione è stata inoltrata anche al Consiglio Superiore della Magistratura, anche se il fascicolo non è ancora stato incardinato nella commissione che si occupa di assegnazioni e revoche.  

Unico commento, in una giornata di silenzio elettorale, il coordinamento di Azione civile e il presidente del movimento Antonio Ingroia esprimono la loro “solidarietà e sostegno al pm Nino Di Matteo, rimosso, pare a causa di un’intervista televisiva, dal pool della Procura nazionale antimafia che indaga sulle stragi mafiose. Stupisce e amareggia che un magistrato serio, esperto e coraggioso come il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho, abbia preso un provvedimento del genere sottraendo a Di Matteo la possibilità di approfondire temi di indagine come quelli sulla trattativa Stato-mafia e gli altri misteri ancora irrisolti, spesso legati a quella scellerata trattativa”.

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