Una dichiarazione d’amore alla moglie israeliana Daniela Pick appena sposata, l’ennesima celebrazione a Sergio Corbucci (“uno dei miei registi preferiti della storia del cinema che ho omaggiato con il mio Django Unchained”), la fascinazione per “il mistero eterno” di Charles Manson (“benché l’abbia studiato a fondo ancora non mi è chiaro come sia riuscito a raggruppare tanti ragazzi al suo credo oscuro”), l’inchino a Roman Polanski (“uno dei più grandi dei nostri tempi”) il cui Rosemary’s Baby è tra i film che più l’hanno influenzato e l’odio per i telefoni cellulari (“preferisco qualunque periodo storico ove non compaiano i cellulari!”). Quentin Tarantino non tradisce il suo personaggio da sempre idolatrato in ogni angolo del pianeta, specie in quella Cannes che l’ha sdoganato nella sua “autorialità” attribuendo 25 anni fa la Palma d’oro a Pulp Fiction. Nella conferenza stampa più acclamata della 72ma edizione è accompagnato da due star assolute come Leonardo DiCaprio e Brad Pitt, e non per ultimo dalla luminosa Margot Robbie, colei che seppur con poche battute nel film (“ma Sharon parla in altri modi” spiega l’attrice candidata all’Oscar per Io, Tonya) riesce col personaggio di Sharon Tate a tracciare il legame fra testo e contesto di un film tanto complesso e stratificato come Once Upon A Time.. in Hollywood, il suo film “numero 9”.

Leo & Brad, divi “di-per sé”, sembrano andare d’amore e d’accordo come i loro Rick & Cliff, due buddie che trovano nell’ultima bevuta il tramonto di una collaborazione fra l’attore e la sua controfigura, il suo doppio. E’ la prima volta che recitano insieme, e “vogliamo farlo ancora” dicono all’unisono. Entrambi, comunque, sono già stati “utilizzati” da Tarantino, il primo in Django Unchained, il secondo in Bastardi senza gloria. “Lavorare con Quentin è come accedere a un data base umano di cinema, tv e musica: è incredibile constatare la miniera infinita di informazioni assorbite da quest’uomo che riesce poi a rielaborare nei suoi film straordinari!” dichiara DiCaprio con sentita ammirazione. Per Brad Pitt, che nell’economia del film incarna il personaggio più solo e ai bordi fra il potere di Hollywood e la controcultura hippie in fase di ascesa anche nei suoi lati più dark, questa nuova di Tarantino è un’opera “sulla perdita di innocenza di tutti noi,come membri di una comunità e di un’industria e come individui”. Indubbiamente Once Upon A Time.. in Hollywood, sorta di Viale del Tramonto by Tarantino, è una riflessione fatta a cinema che, mano a mano il tempo scorre dalla visione, dà spazio a nuove intuizioni e scoperte, a conferma di una ricchezza immaginifica profonda e in progressiva rivelazione.

Articolo Precedente

Cannes, è il giorno di Quentin Tarantino. Da Pulp Fiction a Once upon a time: è il regista dei festival

next
Articolo Successivo

Festival di Cannes 2019, ‘A hidden life’ di Terrence Malick. Basta un gesto per scardinare un impero

next