C’è un assenza inspiegabile nel grande discutere che si fa su fascisti, neofascisti e fascismi. Una piccola traccia per arrivare all’assente l’ho per fortuna trovata nelle righe iniziali della prefazione di David Bidussa al suo libro Me ne frego, pubblicata dal Fatto. Se vogliamo usare la parola fascismo per indicare ogni male della politica, ci posso stare. Ma non è corretto. Non basta essere xenofobi per essere fascisti (l’intero Giappone lo sarebbe). Non basta essere razzisti, violentemente razzisti, criminalmente razzisti per essere fascisti (gli Stati Uniti sarebbero stati un paese fascistissimo per lunga parte della loro storia). Non basta essere antisemiti, violentemente antisemiti, criminalmente antisemiti per essere fascisti (dalla Russia zarista dei pogrom e dei Protocolli dei Savi di Sion, alla Francia di Dreyfus i paesi fascisti sarebbero stati bizzeffe). Non basta essere discriminatori, violentemente discriminatori, criminalmente discriminatori sulla base della etnia e della religione per essere fascisti (altrimenti dopo le modifiche costituzionali lo sarebbe Israele). Perché la categoria fascismo possa scattare occorre qualcos’altro.
Esattamente come perché si possa definire reazionario un regime è necessario che prima ci sia stata la rivoluzione francese. E’ a quella che si “reagisce”. E così il fascismo è una reazione di classe al pericolo rosso, alla sua compiuta realizzazione a Pietroburgo e alla paura della sua realizzazione nel biennio rosso. Una selvaggia reazione di classe, che interviene nel momento in cui le classi proprietarie percepiscono che i livelli “normali” di repressione dei movimenti socialisti e comunisti non sono più garanzia di difesa dei loro interessi. Finché lo Stato liberal-democratico, con le sue elezioni e i suoi partiti, “basta”, dalla Comune di Parigi a Bava Beccaris o a Sacco e Vanzetti non c’è bisogno di fascismo e il fascismo non nasce. Nasce nell’incubatrice delle trincee, ma c’è bisogno di una mutazione genetica. In un affascinante parallelismo con la biologia accade, nello stesso momento, negli stessi luoghi, come con l’influenza spagnola.
Una mutazione del virus ed ecco la tempesta di chitochine che scatenerà i picchi di mortalità e politicamente porterà la malattia fascista ad impadronirsi del corpo che lo ha prodotto distruggendo insieme al pericolo rosso anche la democrazia liberale, le elezioni, la libertà di stampa e di pensiero. In assenza del rosso, il nero, suo gemello siamese, scolora in una delle cinquanta sfumature di grigio. Fascisti saranno, ovviamente i nazisti che inizieranno con i rossi per finire con gli ebrei (il decreto dei pieni poteri dopo l’incendio del Reichstag precede di due anni le leggi di Norimberga). Fascista sarà Franco, così come i colonnelli greci.. Fascisti i generali sudamericani.
Si può essere fascisti e promuovere politiche di tipo fascista anche in assenza di fascismo. Basta pensare a J. Edgar Hoover o Joseph McCarthy. Si può essere neofascisti, come lo fu da noi il MSI, arrivare fino allo scioglimento grazie alla legge Scelba, come accadde per Ordine nuovo e Avanguardia Nazionale nel gioco brutale ed infantile della guerra civile a bassa intensità che abbiamo vissuto in Italia ma sempre in contrapposizione ai rossi. E qui tra parentesi toccherà ricordare a tutti che di fascisti doc in posti di potere ne abbiamo visti tanti e assai più pericolosi nella loro carriera di Salvini, da quando un fascista nell’animo come Berlusconi li sdoganò vendendo al paese il suo anticomunismo postadato.
Oggi sono fascisti fuori tempo massimo i forzanovisti e i casapoundiani. Se lo dicono da soli. Ne hanno il sembiante e il senziente. Ma non lo sono realmente, e tanto meno lo è Salvini. Manca il nemico storico, mancano le sue pericolose conquiste. Sono razzisti, bigotti e spesso ignoranti, redneck del Ku Klux Klan, se proprio vogliamo trovare una analogia. Quegli stessi che fino a Johnson nel sud degli Stati Uniti votavano democratico e adesso votano Trump. Niente di meno ma anche niente di più.