Mimmo Lucano non potrà tornare a Riace nemmeno per la presentazione della fondazione “È stato il vento”, nata nei mesi scorsi con l’obiettivo di salvare il modello di accoglienza dei migranti dopo lo stop dei finanziamenti da parte della prefettura e del ministero dell’Interno. Ancora sottoposto al divieto di dimora e rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Xenia”, il sindaco “sospeso” di Riace si è visto rigettare l’istanza, presentata dai suoi avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua, con la quale aveva chiesto al Tribunale di Locri di autorizzarlo a partecipare all’evento previsto per l’11 maggio.

Un evento in cui è prevista la presenza di molti artisti che hanno aderito. È stato preparato anche un manifesto per Riace firmato da un centinaio di cantanti. Tra gli altri anche da Fiorella Mannoia, Piero Pelù, Peppe Voltarelli, Nicolò Fabi, Vinicio Capossela, i 99 Posse, Daniele Silvestri, Eugenio Bennato, Paola Turci, Irene Grandi, Eugenio Finardi, Brunori Sas e Caparezza. L’obiettivo della fondazione è “far ripartire l’accoglienza dei rifugiati, riaprire le botteghe, il ristorante, la fattoria didattica e il turismo solidale”. Già sono stati raccolti i primi fondi in un conto corrente che la fondazione ha aperto presso la Banca Etica.

Una giornata importante ma monca per l’assenza di Mimmo Lucano che, dal 16 ottobre, non mette piede a Riace dopo che il Riesame ha sostituito gli arresti domiciliari disposti dal gip nel divieto di dimora. La misura cautelare impedisce anche di partecipare anche alla campagna elettorale per le prossime comunali dove è candidato consigliere nella lista guidata da Maria Spanò. Lucano aveva chiesto al Tribunale di poter stare per una notte all’interno della sua abitazione e rientrare a Caulonia la mattina del giorno successivo. La decisione del Tribunale, presieduto dal giudice Fulvio Accurso, è stata irremovibile nonostante la Procura di Locri avesse dato parere favorevole “alla permanenza dell’imputato in Riace dalle 10 alle 20 e con rientro in Caulonia nelle ore notturne”.

I giudici hanno “rilevato che l’autorizzazione richiesta dalla difesa – è scritto nel provvedimento – contrasta con l’ordinanza del 16 ottobre 2018 con cui è stato imposto all’imputato il divieto di dimora nel Comune. Allo stato – conclude il Tribunale – non si ravvisano motivi tali da derogare al divieto medesimo (neppure nei limitati termini consentiti dal pm), stante la fase in cui si trova il processo, del quale non è stata neppure celebrata la prima udienza”.

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