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Palermo, cugino di un boss pentito ucciso a colpi di pistola a Belmonte Mezzagno

L’uomo è fratello dell’ex sindaco del paese Pietro Di Liberto; all’impresa per la quale lavorava come ingegnere era stato revocato un appalto dell’Enel perché ritenuto, secondo la Prefettura, legato da vincoli di parentela ad ambienti mafiosi. Le indagini sono condotte dai carabinieri
Palermo, cugino di un boss pentito ucciso a colpi di pistola a Belmonte Mezzagno
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Omicidio a Belmonte Mezzagno, paese a dieci chilometri da Palermo. Il cadavere di Antonino Di Liberto, 49 anni, è stato ritrovato dentro un’auto in via Umbria. La vittima è stata raggiunta da diversi colpi d’arma da fuoco. Sul posto i carabinieri di Misilmeri, allertati da una telefonata. Il corpo è stato trovato riverso nell’auto parcheggiata vicino casa della vittima, con il finestrino infranto dai proiettili. L’uomo è fratello dell’ex sindaco del paese Pietro Di Liberto; all’impresa per la quale lavorava come ingegnere era stato revocato un appalto dell’Enel perché ritenuto, secondo la Prefettura, legato da vincoli di parentela ad ambienti mafiosi. Di Liberto era un commercialista molto conosciuto in paese. Sposato e con tre figli abitava in una villa che si era costruito da poco vicino al campo sportivo del paese, dove è avvenuto l’agguato.

La vittima è un cugino di Filippo Bisconti, il capomafia del paese arrestato nel dicembre scorso nell’operazione “Cupola 2.0” e che un mese dopo ha cominciato a collaborare con la giustizia. Bisconti – arrestato il 4 dicembre scorso in una operazione antimafia – è accusato con altri sei boss di prima grandezza di volere ricostituire la cupola mafiosa. Grazie alla collaborazione di Bisconti lo scorso 22 gennaio l’Antimafia aveva disposto il fermo di sette persone. Tra questi anche due giovani col cognome pesante: Leandro Greco, nipote di Michele, il Papa di Cosa nostra, e Calogero Lo Piccolo, figlio del boss ergastolano Salvatore Lo Piccolo. Entrambi partecipavano alle riunioni della rinata Commissione provinciale ma erano rimasti fuori dal blitz del 4 dicembre scorso, quand’erano state fermate 47 persone tra boss e gregari.

Chi invece era finito in galera, durante quell’operazione, è Filippo Colletticapomafia di Villabate che intercettato aveva svelato agli investigatori la riunione del nuovo organo dirigente di Cosa nostra nostra. In pratica Colletti era diventato “infame” a sua insaputa: ha quindi deciso di saltare il fosso e collaborare con i magistrati. Grazie alle sue dichiarazioni e alle rivelazioni di un nuovo pentito, Filippo Bisconti, è nata la secondo tranche dell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Roberto Tartaglia Amelia Luise. “I neo collaboratori di giustizia Francesco Colletti e Filippo Bisconti testimoniano il fallimento di un progetto di ricostituzione della Commissione di Cosa nostra” aveva detto Lo Voi. “Questo è il motivo per cui i due iniziano a collaborare staccandosi dall’organizzazione mafiosa – diceva ancora in conferenza stampa – il fallimento di un progetto che si può interpretare anche come l’assenza di una prospettiva di un futuro. Le indagini che le forze dell’ordine e la Dda di Palermo sono state in grado di condurre in questi anni lo hanno dimostrato”.

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